da Notas de Periodismo Popular
Intervista di Fernando Vicente Prieto a Olivia Zúñiga
2maR2017.- Notas ha intervistato Olivia Zúñiga – candidata a deputata e figlia della militante honduregna Berta Cáceres (1) , assassinata un anno fa da sicari – che ha analizzato la situazione del paese latinoamericano e il suo ruolo geopolitico, col colpo di stato del 2009 (2) come punto di rottura.
Qual è la situazione del popolo Lenca (3) e dei movimenti popolari – in particolare del Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras (COPINH) – ad un anno dall’omicidio di Berta?
Il contesto attuale è fatto di criminalizzazione, persecuzione, minacce, omicidi. Lo Stato honduregno cerca di imporsi con l’implementazione di politiche del terrore. L’assassinio di Berta Cáceres non è stato il primo e nemmeno l’ultimo: ci sono stati diversi omicidi dopo che hanno ammazzato mia madre. E il popolo Lenca, malgrado questo messaggio di terrore, continua a lottare, ad organizzarsi. È il più numeroso dei nove popoli indigeni che abitano l’Honduras e, storicamente, il più ribelle. Ancora non sono arrivati al nostro sterminio, ancora sopravviviamo, siamo qui. Sappiamo che si avvicina un periodo ancor più pieno di battaglie e per questo la dittatura ha approvato un nuovo codice penale sul “terrorismo”, grazie al quale tutti noi, come movimenti sociali, saremo danneggiati. A questo ha portato la guerra mediatica e giuridica che si è imposta da diversi anni e che cerca di criminalizzarci ancor di più. In mezzo a tutto il dolore e il terrore non sono riusciti a fermarci: abbiamo continuato ad andare avanti, lottando, con grandi limiti. Nel caso del COPINH, l’organizzazione che coordinava mia madre, ancora si resiste alle cariche del progetto capitalista e neoliberista, di tutte queste politiche di morte e fasciste con cui cercano di sterminarci.
Che implicazioni ha questo crimine nel quadro della situazione politica e sociale in Honduras?
L’omicidio politico di Berta Cáceres segna un prima e un dopo nella storia dell’Honduras. Ha prodotto chiarezza tra la popolazione, coscienza sul pericolo che comporta la difesa della Madre Terra, la difesa della vita e della dignità dei popoli. Malgrado un’esposizione internazionale notevole, sebbene fosse una leader conosciuta a livello mondiale, nulla di tutto ciò ha fermato le elite criminali, che la mandarono ad uccidere con squadroni della morte e con una guerra contro i nostri popoli combattuta da truppe di elite addestrate dagli Stati Uniti, dalla Colombia, da Israele. E bisogna ammettere che senza dubbi tutto ciò produce coscienza ma anche terrore tra la popolazione. Ora essere ambientalista o difensore della vita, essere un/una militante sociale in questo paese significa firmare capo una sentenza di morte. Il crimine di Berta Cáceres conferma tutti i sospetti che aveva sul fatto che molte compagne e molti compagni sono stati assassinati dagli squadroni della morte perché colpevoli di difendere la vita. Come movimenti sociali abbiamo avuto certezza di tutto ciò e lo abbiamo sempre denunciato: così come negli anni ’80, un nuovo Piano Condor si è imposto a partire dal colpo di stato in Honduras. Il golpe del 2009 è stato cruciale per la riattivazione di tutti i gruppi paramilitari, gli squadroni della morte. La crisi umanitaria, politica e sociale che vive il nostro paese è il risultato di questo colpo di Stato, ed è responsabilità di un’elite criminale incuneatasi nello Stato honduregno, un’elite formata anche da imprenditori che lavorano per favorire al capitale transnazionale e non in favore della grande maggioranza del nostro popolo honduregno.
A quali obiettivi economici e politici risponde quest’offensiva?
Quest’offensiva contro il popolo honduregno risponde ad interessi economici del capitale transnazionale che controlla il mondo e che vuole saccheggiare i nostri territori, dal momento che l’Honduras è un paese estremamente ricco in biodiversità, risorse naturali, ha accesso ai due oceani (Atlantico e Pacifico), un clima tropicale umido, oro, petrolio, argento, minerali in abbondanza e, anche, acqua in abbondanza. Siamo paesi ricchi ma impoveriti economicamente: storicamente saccheggiati, sfruttati. Siamo coscienti del fatto che questi governi sono servili agli interessi del capitale transnazionale perché le elite politiche e imprenditoriali dei nostri paesi hanno i loro profitti, a costo di organizzare colpi di stato. Non è un caso che dopo il golpe del 2009 siano state date più di 300 concessioni per progetti estrattivisti, senza fare alcun processo di consultazione previa, libera e informata, secondo quanto prescritto dall’accordo 169 della OIL (Organizzazione Internazionale dei Lavoratori). I beneficiari sono un’elite imprenditoriale di questo paese, il capitale transnazionale e funzionari pubblici che sono parlamentari ma a volte anche imprenditori, in quanto azionisti dei progetti estrattivisti. Chi ha controllato questo paese sono elite criminali. L’Honduras è stato un paese storicamente occupato dagli anni ’70, visto che era il luogo in cui operavano i gruppi contro-insorgenti denominati “contras”, che agivano contro i processi rivoluzionari di liberazione nei momenti di scontro armato più importanti del Centro America. Da allora è un paese strategico per lanciare attacchi contro i processi rivoluzionari e di liberazione di altri paesi. Oggi l’Honduras è geopoliticamente strategico e viene utilizzato per attaccare paesi come Venezuela, Bolivia, Ecuador o Argentina. L’Honduras è stato un laboratorio di nuovi colpi di Stato, del “golpe blando”, così come lo chiamano. È un nuovo esperimento che poi è stato ripreso in tutto il continente. Ora stiamo vivendo le gravi conseguenze. Il golpe in Honduras è stato un golpe contro la democrazia in tutto il continente. Tutto ciò risponde ad interessi economici per i quali non importa la vita delle persone, soprattutto dei popoli indigeni e di noi che abitiamo i paesi del cosiddetto Terzo Mondo. Tutto gira intorno al capitale. Per questo continuiamo a condannare questo sistema – come diceva mia madre – capitalista, razzista e patriarcale.
Qual è la situazione giudiziaria e a che punto ci troviamo per il progetto Agua Zarca?
Fino a questo momento gli autori intellettuali non sono stati nemmeno indagati, figuriamoci incarcerati. Delle 33 denunce promosse da mia madre nel 2015 per le minacce di morte, di stupro, di sequestro dei figli e del nipote, nessuna è stata ascoltata. Aveva misure cautelari concesse dalla Commissione Interamericana di Diritti Umani (CIDH)). Ciononostante, lo Stato honduregno non ha fatto nulla per proteggerla e, al contrario, è stato complice del suo assassinio. Mia madre aveva denunciato più volte di essere oggetto di minacce da parte di funzionari pubblici, sindaci, deputati. Che la stavano perseguitando sicari, squadroni della morte, gruppi paramilitari che la aggredivano fisicamente e verbalmente. Ad oggi continuiamo ad esigere che si aprano indagini contro gli organi dirigenti dell’impresa Desarrollos Energéticos S.A. (DESA) e che gli autori intellettuali di questo omicidio siano puniti con tutto il peso della legge. Al momento ci sono otto persone in carcere, tra cui vari militari – alcuni ancora in attività, altri in pensione. Uno è maggiore delle Forze Armate del Dipartimento di Forze Speciali di Intelligence e Controspionaggio dello Stato honduregno, che per di più aveva svolto missioni in altri paesi per conto dell’ONU, per “risolvere situazioni ostili di guerra”. Si tratta di persone addestrate dagli U.S.A., riunite in gruppi paramilitari. Continuiamo a rivendicare che il río Gualcarque venga dichiarato Patrimonio dell’Umanità, ad esigere che si cancellino, immediatamente e definitivamente, le concessioni del progetto idroelettrico Agua Zarca e tutte le concessioni date illegalmente nel paese. Il progetto Agua Zarca è temporaneamente sospeso, ma la concessione non è stata cancellata in maniera definitiva. Nonostante tutte le minacce, la campagna d’odio e di discredito messa su da più di diciottomila call center che lavorano per il governo honduregno, continuiamo a lottare dall’interno di questo paese. Non ci ferma la paura, non ci ferma il dolore. Crediamo che sia momento di agire a favore delle generazioni future, che un altro Honduras è possibile e che lo possiamo costruire.
[Trad. dal castigliano e note a cura di Giuliano Granato]
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1 Berta Cáceres, leader del popolo Lenca e cofondatrice della Copinh, è stata assassinata, dopo anni di minacce, il 3 marzo del 2016 all’età di 43 anni. Da sempre alla testa delle lotte per la difesa delle terre ancestrali del suo popolo, il suo omicidio è legato alla battaglia per difendere il Río Gualcarque, fiume sacro al popolo Lenca, dalla costruzione di una diga ad opera di una joint venture tra l’honduregna DESA e la cinese Sinohydro.
2 Il 28 giugno 2009 il presidente honduregno Manuel Zelaya fu arrestato e costretto all’esilio da un colpo di stato militare ordinato dalla Corte Suprema. Il golpe mirava ad impedire le elezioni di un’assemblea costituente, indette dal presidente Zelaya, per timore di un avvicinamento dell’Honduras ad altri paesi progressisti latinoamericani, Venezuela e Cuba in primis. La traiettoria presidenziale di Zelaya, che si era andato poco a poco radicalizzandosi, metteva infatti in discussione gli interessi di chi ha retto l’Honduras fino ad oggi, che siano attori interni al paese o anche esterni.
3 I Lenca sono un popolo indigeno che abita il territorio al confine tra Salvador e Honduras. In quest’ultimo paese costituiscono il gruppo indigeno più numeroso. Il governo honduregno non riconosce la loro lingua, né la loro religione né qualsivoglia autonomia sulle terre ancestrali. Proprio su quest’elemento negli ultimi anni si sta producendo una estrema conflittualità.