I capi di stato e i rappresentanti dei paesi CELAC si sono impegnati a ridurre la povertà e contrastare il problema mondiale delle droghe. Inoltre, hanno ratificato il loro sostegno affinché si concretizzi la normalizzazione delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti e il processo di pace in Colombia.
Questa settimana ha avuto luogo in Costa Rica il terzo vertice della Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC), dove l’Ecuador ha ricevuto la presidenza pro tempore.
I partecipanti hanno focalizzato il lavoro su temi quali la riduzione della povertà estrema e della disuguaglianza; potenziare l’educazione, la scienza, la tecnologia e l’innovazione, la tutela ambientale, il finanziamento dell’architettura regionale; e il rafforzamento del blocco.
Si è inoltre riflettuto sulle sfide che attendono la regione per approdare a una società giusta, equa e con una nuova realtà culturale che elimini i contenuti ereditati dal capitalismo e che prosegua nella costruzione del nuovo mondo multicentrico e multipolare.
La panoramica di Telesur sulle questione più importanti:
Relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti
Il tema principale in agenda è stato quello riguardante la normalizzazione delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti. I Capi di Stato hanno chiesto la fine blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti contro Cuba.
La pace in Colombia
Ribadito il sostegno ai colloqui di pace in corso tra il governo colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia-Esercito Popolare(FARC-EP). Il presidente colombiano, Juan Manuel Santos, ha dichiarato che il processo di pace è in corso ed è stato raggiunto un accordo per quanto riguarda lo sviluppo rurale, la partecipazione politica e le coltivazioni illecite.
Santos ha spiegato che adesso si lavora per “i diritti delle vittime e la fine del conflitto, il che comporta la definizione del come avverrà la consegna delle armi e il reinserimento nella vita civile”.
Condanna della guerra economica in Venezuela
Durante il vertice è stata condannata la guerra economica che la destra sta conducendo contro il popolo venezuelano e ribadito il sostegno al governo del presidente Nicolás Maduro. Prodotta una dichiarazione di ripudio delle sanzioni unilaterali imposte dal governo degli Stati Uniti contro il paese latinoamericano.
Isole Malvinas e debito sovrano dell’Argentina
I leader e i rappresentanti dei paesi della CELAC hanno inoltre espresso sostegno all’Argentina per la ristrutturazione del suo debito sovrano e nel reclamo per le isole Malvinas. Gesto apprezzato dal ministro degli Esteri argentino Héctor Timerman, che ha segnalato come il Regno Unito occupi l’arcipelago dal 1833, senza aver mai mostrato alcuna volontà di dialogo per giungere a una soluzione.
Solidarietà con Haiti
Ribadità la solidarietà verso Haiti per l’instabilità politica e sociale. Il presidente del paese, Michel Martelly, ha assicurato che “sono state prese dal governo tutte le misure necessarie affinché si svolgano elezioni libere e trasparenti”.
Salvaguardia beni culturali e patrimonio
I capi di stato si sono espressi in favore della tutela e della conservazione dei beni culturali e del patrimonio dei paesi membri della CELAC.
Armi illecite e droga
Si è stabilita la creazione del programma di sviluppo post 2015 volto a respingere il traffico illecito di armi convenzionali e il problema mondiale della droga. I leader si sono dichiarati a favore dell’educazione per lo sviluppo sostenibile, alla costruzione di una nuova architettura finanziaria internazionale, per la lotta alla corruzione, al terrorismo e al cambiamento climatico.
Proteggere i paesi dalle multinazionali
Si è stabilitoil rafforzamento del Sistema Interamericano dei Diritti Umani; la difesa degli stati colpiti dalle imprese multinazionali; la lotta per un mondo libero dalle armi nucleari.
[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]
«L’Europa e la Spagna devono affrontare il totalitarismo finanziario (…) Possiamo sognare, possiamo vincere» ha dichiarato Pablo Iglesias
Il leader del partito spagnolo Podemos, Pablo Iglesias, ha affermato durante la mobilitazione di massa tenutasi a Madrid per la trasformazione sociale e politica del paese europeo, che «la Spagna è assetata di democrazia» e per questo «dobbiamo lavorare per vincere le elezioni del 2015».
Nell’emblematica cornice della piazza di Puerta del Sol nella capitale spagnola, Iglesias ha spiegato che con il partito «sogna un paese migliore (…) Vogliamo un paese dove nessuno sia lasciato fuori, e dove tutti possano godere degli stessi diritti».
Il portavoce ha poi sottolineato la necessità di un «piano di soccorso per i cittadini, in cui venga tesa la mano ai settori più vulnerabili ed esclusi», e che al contempo si adotti l’economia verde «cancellando il modello precario e instabile basato sul mattone che ha portato solo perdite».
[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]
Il presidente del Venezuela ha inoltre assicurato che questo ulteriore attacco ha rinsaldato ancora di più le fila della Rivoluzione
Il Venezuela è sotto attacco: mediatico, psicologico, economico. Una strategia concentrica chiaramente volta a fermare la Rivoluzione, a far ritornare indietro le lancette della storia quando la patria di Bolivar e del Comandante Chávez era un paese senza sovranità.
Una delle strategie utilizzate è quella di gettare fango sulle figure più rappresentative del chavismo. Insinuare che il Venezuela sia una sorta di stato canaglia, una nazione governata da un pugno di narcotrafficanti corrotti. Un’operazione propedeutica e necessaria a giustificare l’applicazione di sanzioni più dure; finanche attacchi diretti a rovesciare il legittimo governo di Nicolás Maduro.
Questesono le lenti giuste da inforcare per inquadrare l’infamante attacco lanciato dal quotidiano spagnolo ‘ABC’, nei confronti di Diosdado Cabello, presidente dell’Assemblea Nazionale venezuelana, già stretto collaboratore di Chávez e dirigente di primo piano del PSUV.
Il foglio spagnolo riporta le accuse lanciate contro Cabello dal suo ex caposcorta Leamsy Salazar, che indica il dirigente venezuelano addirittura come capo del cartello ‘Los Soles’, dedito al narcotraffico. Accusa rigettata da Cabello, che su Twitter ha così replicato: «Minacce, infamie, intrighi, abbiamo visto di tutto in questi anni di Rivoluzione. Impariamo a navigare in questo mare in tempesta con il morale alto. Ogni attacco aumenta l’impegno, ringrazio infinitamente il nostro popolo per la solidarietà».
Da Miraflores arriva anche la condanna del Presidente Maduro, che serra le fila della Rivoluzione Bolivariana: «ABC attacca Diosdado Cabello perché è uno dei leader fondamentali per la Rivoluzione Bolivariana, siamo i figli di Chávez e restiamo uniti».
Il successore di Chávez ha poi assicurato ogni atto ostile diretto contro il Venezuela ha l’effetto di unire maggiormente la Rivoluzione Bolivariana: «Ogni attacco che noi subiamo, che colpisce il popolo e la Forza Armata Nazionale Bolivariana – ha spiegato Maduro – ci unisce sempre più perché stiamo difendendo qualcosa di sacro; l’indipendenza, la stabilità, la pace e il diritto al futuro, questi sono elementi sacri della vita del nostro paese».
Maduro ha poi sottolineato la provenienza del vile attacco: ossia un foglio spagnolo dichiaratamente hitleriano e franchista. «L’attacco a Diosdado viene portato da un quotidiano che prese le difese dell’orripilante nazismo di Hitler, che difese Franco e Mussolini…».
Il Presidente venezuelano, in ultima analisi, ha collocato l’atto diffamatorio nel campo della guerra psicologica volta a fomentare un colpo di stato violento. Una campagna d’attacco globale dove i mandanti sono facilmente reperibili in quel di Washington.
Il viceministro del Dipartimento Internazionale, Zhou Li, ha consegnato un documento con le principali disposizioni adottate nell’ultima riunione del Comitato Centrale
Il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Diosdado Cabello, ha ricevuto questo venerdì una delegazione del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, guidata dal viceministro del Dipartimento Internazionale, Zhou Li, recatasi in Venezuela al fine di trasmettere informazioni sulla IV Sessione Plenaria del 18° Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, che ha avuto luogo lo scorso novembre nella nazione asiatica.
Il viceministro del Dipartimento Internazionale, Zhou Li, ha consegnato un documento con le principali disposizioni adottate nell’ultima riunione del Comitato Centrale, svoltasi in Cina lo scorso novembre.
Presenti per il Dipartimento Internazionale del Partito Comunista Cinese, la Direttrice Generale Fu Jie; la Direttrice del Bureau V Zeng Xiangwei; il Primo Segretario Qui Meng; Feng Yue Terzo Segretario dell’Ufficio Generale e Wang Xiaocui membro della delegazione.
Il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Diosdado Cabello, ha ricevuto le disposizioni adottate in quest’importante Sessione Plenaria, e ringraziato il viceministro del Dipartimento Internazionale del Comitato del PC-cinese, Zhou Li, per i contributi contenuti nel documento che gli è stato consegnato.
[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]
29gen2015.- È giovane e cresce bene, però non gode di grande notorietà, almeno dalle nostre parti. Parliamo della Celac, la Comunità degli stati latinoamericani e caraibici, che ha concluso ieri il suo terzo vertice a San José, in Costa Rica. All’organismo partecipano tutti i paesi sovrani delle Americhe, salvo il Canada e gli Stati uniti. Un territorio complessivo di oltre 20 milioni di km quadrati e circa 600 milioni di abitanti. La Celac ha aperto i battenti in Messico nel 2010, ma la sua costituzione definitiva è dell’anno successivo, il 2 e il 3 dicembre a Caracas, in Venezuela. Nel 2013 è stata celebrata in Cile, l’anno scorso all’Avana. Nel III vertice che si è svolto a san José, la consegna per i 21 presidenti presenti (su 33 paesi della Celac) è stata quella di «Lavorare insieme» nella lotta alla povertà e per lo sviluppo sostenibile, mettendo mano ai conflitti spinosi dell’area e analizzando il quadro delle nuove alleanze. In primo piano, le relazioni fra Cuba e gli Usa e la strada che sembra aprirsi verso la fine del blocco economico dal 17 dicembre scorso.
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Il presidente cubano, Raul Castro, ha voluto mettere le cose in chiaro: «Il ripristino delle relazioni diplomatiche – ha detto – è l’inizio di un processo verso la normalizzazione dei rapporti bilaterali, ma questo non sarà possibile finché esiste il bloqueo, finché non viene restituito il territorio illegalmente occupato dalla base Navale di Guantanamo, finché non cessano le trasmissioni radio e televisive che violano i trattati internazionali, finché il nostro popolo non ottiene una giusta compensazione per i danni umani ed economici sofferti». Il problema principale — «il blocco economico, commerciale e finanziario che provoca enormi danni e costituisce una violazione del diritto internazionale» — è ben lungi dall’essere risolto. Una feroce e unilaterale ritorsione in vigore dal 1962, che Obama «potrebbe modificare in modo sostanziale senza la decisione del Congresso». Invece – ha spiegato Castro – le misure prese per renderlo meno rigido sono «limitate». E dunque, il cammino sarà «lungo e difficile». Castro ha anche criticato duramente «l’armamentismo» degli Stati uniti e dei loro alleati Nato, che vogliono prendere il controllo della frontiera con la Russia, oggetto di «ingiuste» sanzioni internazionali. «Negli Stati uniti – ha detto ancora – ci sono forze che vogliono far abortire il processo prima che cominci».
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Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro, ha salutato «il passo coraggioso» compiuto da Obama per metter fine alla «persecuzione criminale del blocco economico contro Cuba». Con Obama — ha detto Maduro — avremo occasione di parlare a Panama il 10 e 11 aprile per il vertice delle Americhe, ma «in modo franco e rispettoso». Il secolo XXI — ha aggiunto — «vedrà la costituzione di un mondo multipolare e la fine dell’imperialismo». I paesi socialisti e progressisti dell’America latina hanno fatto quadrato intorno a Maduro, esprimendo la propria ferma condanna agli attacchi degli Stati uniti contro il Venezuela: «L’impero nordamericano — ha detto il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega — cospira perché in Venezuela si produca un colpo di stato militare sanguinario e brutale». Negli Usa si è rifugiato un militare venezuelano, ex caposcorta, e ha accusato il presidente del parlamento, Diosdado Cabello di essere un narcotrafficante e lo stato venezuelano di essere «narcoterrorista». Stretta di mano, invece, tra il presidente colombiano, Manuel Santos e Maduro, dopo il gelo che era nuovamente sceso fra i due paesi a causa dell’appoggio dato dal ministero degli esteri colombiano alla visita in Venezuela dell’ex presidente Andres Pastrana e dei suoi omologhi di destra (il cileno Sebastian Piñera e il messicano Filipe Calderon) andati a dare lezioni di «diritti umani» a Maduro.
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Il processo di pace in Colombia è stato peraltro uno dei temi discusso e appoggiato: in modo non formale da quella parte dell’America latina che scommette sulla ridistribuzione delle risorse per ridurre le disuguaglianze di un continente in cui l’11% della popolazione (68 milioni) vive in povertà estrema. E l’ecuadoriano Correa, a cui tocca la prossima presidenza pro-tempore della Celac, ha denunciato i meccanismi speculativi del mercato nella caduta del prezzo del petrolio. –
Nel suo discorso annuale di fronte all’Assemblea Nazionale Maduro ha annunciato l’aumento di un ulteriore 15% del salario minimo e la creazione di nuove “Misiones” (che sono ammortizzatori sociali di varia natura) di sostegno alle pensioni e ha sostenuto che il crollo del prezzo del petrolio (di cui il Venezuela è uno dei maggiori esportatori) impone “un incremento razionale del prezzo della benzina” invitando i venezuelani ad aprire un dibattito pubblico sul tema. Il presidente Maduro, visto che il Paese dipende dalla valuta che incassa grazie alla vendita del petrolio, ha annunciato di voler porre rimedio con delle modifiche al sistema di cambio. Anche se il tasso di cambio 6,30 bolívares per dollaro resterà invariato.
Caracas, 21 gennaio di 2015 – Il presidente Nicolás Maduro ha annunciato che a partire dal 1° di febbraio ha autorizzato un aumento del 15% del Salario Minimo Nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici di tutto il Venezuela, ed un Buono-Salute per i pensionati, come parte delle misure di protezione dei redditi familiari di fronte alla Guerra Economica della borghesia. “Con la nazionalizzazione di PDVSA e il recupero dell’OPEP, le entrate petrolifere nei primi 15 anni della Rivoluzione si sono quintuplicate e sono arrivate nell’anno 2014 ad un importo https://albainformazione.com/files/2015/di 1.182 milioni di dollari (…). Ma la cosa più importante, per instaurare un sistema che attragga investimenti nell’industria petrolifera, li valorizzi in maniera sovrana e ne redistribuisca le entrate, è investire nello sviluppo integrale e sociale della Patria”. Questo è quanto ha relazionato il presidente Nicolás Maduro sui risultati della Rivoluzione Bolivariana, durante il suo messaggio annuale davanti all’Assemblea Nazionale tenuto questo mercoledì.
Maduro ha inoltre confrontato [1], nella sua relazione, la quota parte dei proventi destinata al sociale, e provenienti dall’industria petrolifera, durante gli ultimi 15 anni della cosiddetta Quarta Repubblica (1983-1998), con quella dei primi 15 anni della Rivoluzione del Comandante Chávez (1999-2014). Dal confronto emerge che nel periodo della Quarta Repubblica i profitti dell’industria petrolifera sono stati investiti per circa il 37% nello sviluppo sociale, mentre il resto ha avuto una destinazione incerto. Nei primi 15 anni della Rivoluzione, invece, si è tenuta una media superiore al 60% per gli investimenti “nella vita sociale, nella prosperità, per il vivere bene del paese”. “C’è stato un attacco di inflazione indotta (…) sono obbligato a preservare il lavoro, gli investimenti e i redditi”, ha detto Maduro durante il suo Messaggio Annuale alla Nazione di fronte all’Assemblea Nazionale. Il Capo di Stato ha dichiarato che questo sarà il primo aumento del salario minimo dell’anno 2015, perfino prima della tradizionale data del 1° di maggio. “Sarà effettivo il 1° febbraio, l’aumento del 15% del Salario Minimo dei lavoratori venezuelani e di tutte le pensioni dei nostri anziani”, ha detto. Per renderlo effettivo ha firmato il punto del bilancio che approva le risorse per velocizzare il credito aggiuntivo per questo incremento.
L’investimento è di 49.700 milioni di bolívares che impatta positivamente sulle pensioni, grazie alla garanzia costituzionale che lo rende possibile, così come sulle diverse fasce di impiegati e sulla tabella salariale degli operai e delle operaie. “È un grande sforzo che facciamo e che dobbiamo mantenere e sostenere nel tempo”. Il Primo Ministro ha annunciato anche l’approvazione di un Buono-Salute per i pensionati della Repubblica. “Inoltre attiveremo un Buono-Salute per i pensionati e le pensionate, accreditandolo sulla loro carte di credito, dove in maniera puntuale, come mai prima nella storia, i nostri anziani riscuoteranno regolarmente le loro pensioni”. “È il momento, è arrivata l’ora”, ha detto e ha ricordato che non si tornerà al Venezuela delle umiliazioni che abbiamo conosciuto nel secolo scorso. “Alle pensioni da fame che davano gli oligarchi, a questo popolo che disprezzavano”. Allo stesso tempo Maduro ha annunciato l’inclusione di 300 mila nuove pensioni a livello nazionale nel Piano della Gran Misión Hogares de la Patria, direttamente vincolate a questo piano socialista. Ha anticipato, infine, che nei prossimi giorni si instaurerà il Consiglio Presidenziale degli anziani: “io i nostri vecchi li ascolto”.
«L’attacco al convoglio israeliano, lanciato come rappresaglia, rappresenta l’unità tra Beirut, Damasco e Teheran». Lo ha detto il segretario generale di Hezbollah, Hasan Nasrallah, in un discorso televisivo per la commemorazione delle vittime dell’attacco “dell’entità sionista” a Quneitra. Parlando del raid che ha ucciso miliziani sciiti libanesi e iraniani, Nasrallah ha dichiarato che la motivazione era chiara: «Israele ha pianificato, calcolato e premeditato l’uccisione di uccidere» gli uomini di Hezbollah. Nasrallah ha poi aggiunto che Israele offre copertura ad Al-Qaeda nelle Alture del Golan, facendo riferimento alla presenza di militanti del Fronte al-Nusra in Siria al confine israeliano.
«Una delle prime conseguenze dell’uccisione di questi martiri è che Israele è adesso in allerta, e la paura è aumentata proprio in attesa della risposta di Hezbollah. Israele deve sapere che non può colpire ed andare a dormire sonni tranquilli, come se avesse ammazzato degli insetti».
«Dal primo momento in cui siamo stati certi della vendetta, non abbiamo avuto alcun dubbio su di esso neanche per lo 0,01%. Israele doveva essere punito e questo valeva il sacrificio. L’operazione è stata avviata e si è conclusa senza che Israele avesse la minima idea di quello che stava accadendo. Questo è un messaggio per gli amici di fronte al nemico».
Nasrallah ha denunciato la Lega Araba per il suo mancato appoggio ai palestinesi durante i periodi di guerra, dicendo che Israele trae più benefici dalla Lega che i palestinesi. Nasrallah ha sostenuto che la Lega “non è assente”, ma che piuttosto “non esiste affatto”.
Quanto al coinvolgimento dell’Iran, Nasrallah ha dichiarato che né le elezioni presidenziali in Libano né la rappresaglia di Hezbollah hanno a che fare con i negoziati sul nucleare iraniano.
In merito a un possibile conflitto con Israele, Nasrallah ha ribadito che «Israele deve capire che Hezbollah è saggio, ma non ha paura ed è sempre pronto alla guerra», aggiungendo che il motivo per cui non scatena una guerra non è la paura, ma la responsabilità nazionale.
Il viceministro del Potere Popolare per le Comunas e i Movimenti Sociali ha evidenziato l’obiettivo di contribuire al rafforzamento dei movimenti sociali che esistono nel paese
Il viceministro del Potere Popolare per le Comunas e i Movimenti Sociali, Alexis Toledo, ha evidenziato che il paese può contare su 931 Comunas già formalizzate e 46 mila Consejos Comunales, secondo l’ultimo censimento.
Durante la sua partecipazione al programma Zurda Konducta, trasmesso dall’emittente Venezolana de Television, ha dichiarato che la pietra angolare di questa istituzione è contribuire al rafforzamento dei movimenti sociali che esistono nel paese.
Ha ricordato che alla fine dell’anno 2013 è stato realizzato un censimento che ha evidenziato la presenza in tutto il paese di circa 20 mila movimenti sociali. Posteriormente all’inchiesta fu organizzato un incontro nazionale e si diede inizio all’organizzazione.
«Abbiamo già lo strumento, ma abbiamo bisogno di revisionarlo in modo che tutti i movimenti sociali si registrino presso il Ministero delle Comunas», ha precisato Toledo.
Che ha poi sottolineato come il Ministero sia uno strumento creato dalla Rivoluzione, per volere del Comandante Hugo Chávez, allo scopo di metterlo al servizio del popolo, delle comunità.
Il viceministro ha puntualizzato che si tratta di una direttiva del ministro Elias Jaua, rafforzare e approfondire il lavoro, continuare a seguire il percorso tracciato dal Comandante Chávez.
Toledo ha infine assicurato che il Ministero farà tutto il necessario affinché sia garantita la registrazione immediata di tutte le organizzazioni del Potere Popolare.
[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]
– La declaración especial de la CELAC en respaldo a Venezuela
– Dando al traste con las intenciones del trío neoliberal
– El escudo que hizo Chávez
– Cuidémoslo con celo
– Rápida reacción ante la olla contra Diosdado Cabello
– La demanda de Diosdado
– Olla con ingredientes conocidos
– El objetivo final: el Estado forajido
– La ambigüedad del Diario Las Américas
– La manipulación del lenguaje
– Buenos alumnos de Cantinflas
– Dejando en claro la intención final
– El guiso para la agresión imperialista
La contraofensiva de las fuerzas nacionalistas y populares latinoamericanas en ejercicio de poderes públicos ha sido rápida y eficiente. Promovieron y lograron una declaración especial de todos los presidentes y jefes de Estado y de Gobierno presentes en la III Cumbre de la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños, que se celebró en Costa Rica, en la que manifiestan su solidaridad con la República Bolivariana de Venezuela, ante los ataques y agresiones que se gestan en contra de nuestra soberanía.
Es interesante que la declaración se escuchara de los labios del presidente derechista de Costa Rica, Luis Guillermo Solís, quien estaba al frente de la presidencia del bloque regional, la cual traspasó a Ecuador. Antes, los gobiernos de Bolivia, Ecuador, Nicaragua, Cuba y Argentina habían expresado, al inicio de la cumbre, su solidaridad con Venezuela, frente a la ofensiva de sectores de la derecha internacional que tuvo como pivote la visita de los tres ex presidentes neoliberales.
La rápida respuesta dio al traste con la intención de la derecha fascista del patio de presentar al Gobierno Bolivariano como aislado y condenado en el continente. Al fin, quedó ante el mundo la visita de los neoliberales como lo que fue: un acto privado de un sector político que no tendrá más repercusión que la que le dio la canalla mediática cómplice. Hay que decirlo, la mencionada declaración especial de la CELAC es otra victoria de Chávez, demiurgo principal de ese escudo protector que se ha venido construyendo con instrumentos como la ALBA, la Unasur y la CELAC. No nos friega quien quiere, sino quien puede. El show fascista de esta semana quedará pronto en la borrosa memoria del pasado, mientras que los logros de la integración latinoamericana siguen allí. Habrá que cuidarlos con tacto, con celo.
El otro show fascista reciente, la olla contra Diosdado Cabello, pareciera tener el destino de esos escándalos de la farándula, que pronto son sustituidos por nuevos temas mediáticos del ambiente, cambiándose algún amorío por un divorcio o alguna otra banalidad por el estilo. En este caso las reacciones de los revolucionarios han sido rápidas, como debe ser, y todo parece indicar que al final el tema específico quedará como uno de esos casos que se diluyen en el dilema de “tú palabra contra la mía”, sin ningún sustento firme. Pero hay otras derivaciones que ya veremos.
Además de las declaraciones de distintos factores institucionales y líderes de la Revolución Bolivariana, el anuncio por parte de Cabello de una demanda legal contra los calumniadores, es de impacto inmediato: si de verdad existiera esa invectiva del diario ABC, reproducida de inmediato por los mediocres de la canalla mediática criolla, Cabello estaría más bien culipandeando. La conducta de contraofensiva que ha tomado es cien por ciento chavista. Cabello le ha dado firmeza a su anuncio: “Como ciudadano tengo el derecho a defenderme… estoy obligado a defenderme, he buscado a un grupo de abogados… vamos a introducir la denuncia; vamos a someter los escritos de ABC a una investigación”. La denuncia la hizo extensiva a los diarios derechistas El Nacional y Tal Cual, y al sitio web La Patilla, que replicaron la “noticia”.
La olla montada desde ABC tiene algunos de los ingredientes más conocidos de este procedimiento tan caro al imperialismo y a su aparato mediático mundial. Se echa mano de un personaje secundario, casi anónimo, y se le adjudica notoriedad y credibilidad. Se involucra a alguna instancia judicial imperial imprecisa, se crea una historia cualquiera que no esté sustentada en pruebas y se comienza a manejar un lenguaje ambiguo, que prolongue la matriz el mayor tiempo posible así no sea confirmada jamás. El objetivo final es establecer, con una especie de juicio sumario mediático, que los funcionarios del Gobierno Bolivariano son una sarta de narcos corruptos, y que el venezolano es un Estado forajido que merece cualquier castigo en el momento adecuado. Esto resultaría de la suma de numerosas matrices que vinculan a Venezuela con el narcotráfico, con las FARC, con la ETA, con Hamas, con El Chacal y pare usted de contar. Es así como se construyen los escenarios de la agresión y de la conspiración continuada.
Una muestra de la ambigüedad mediática que se usa para evitar que una matriz muera sin pena ni gloria, es un ̈reportaje” que presenta el pasquín imperial Diario Las Américas, donde se dicen cosas como esta: “La Administración para el Control de Drogas (DEA) de EEUU no está lista para hablar sobre las nuevas acusaciones que se ciernen sobre el presidente de la Asamblea Nacional Diosdado Cabello sobre su posible colaboración con el Cartel Los Soles…Así lo pudo constatar Diario Las Américas con funcionarios de la DEA en Washington, quienes declinaron hacer comentarios sobre la información que ha circulado recientemente sobre las presuntas actividades de altos funcionarios del Gobierno de Venezuela en el narcotráfico”. Fíjese el lector en la puñetera manipulación lingüística. No es que la DEA no ha dicho ni pío sobre el caso, sino que “no está lista para hablar”. Recuérdese ahora la declaración del secretario de Estado adjunto de Estados Unidos para Narcóticos y Seguridad Internacional, William Brownfield, quien dijo que no podía ni “confirmar ni negar” la especie. Buenos alumnos de Cantinflas, estos farsantes.
El Diario Las Américas continúa: “Por su parte, la Fiscalía del Distrito Sur de Nueva York negó que por este momento haya un caso en curso contra Diosdado Cabello, según corroboró una funcionaria al buscar en los registros de la Institución.
‘Lo cual puede significar que aún (el caso) no esté listo para ser presentado (en corte)’, señaló”.
El pasquín de marras extiende su manipulación echando mano de otro expediente bastante manido por la canalla mediática: el uso de algún testigo de excepción anónimo, aparentemente con autoridad que lo haría creíble, aunque no aporte nada consistente sobre la invectiva: “Sin embargo, un ex alto funcionario del Gobierno de Estados Unidos, bajo condición de anonimato, confirmó que Salazar se ha ofrecido a cooperar con los fiscales estadounidenses que están realizando investigaciones sobre la participación de políticos venezolanos de muy alto nivel, ejecutivos de PDVSA y militares en actividades de narcotráfico y lavado de dinero”.
Esto sin dejar de apelar a los consabidos “expertos”: “‘La falta de comentarios e información pública se debe a un exceso de precaución, para corroborar que la fuente es fidedigna y que tiene las pruebas necesarias para sustentar su acusación’, indicó Steven Donohoe, experto en temas de seguridad y defensa… ‘En los servicios de inteligencia de EEUU existe mucha precaución y por eso se trata de manejar una fuente a la vez para evitar ser infiltrados con una información falsa que desgaste tiempo y recursos’, comentó el experto”.
Más adelante, Diario Las Américas deja en claro la intención final de la olla, la estigmatización del Estado venezolano como forajido: “Según el reporte anual de 2014 sobre las actividades del narcotráfico en Venezuela, ‘las autoridades venezolanas no realizan esfuerzos para perseguir eficazmente el narcotráfico, en parte debido a la corrupción. Además, los agentes del orden venezolanos carecen de los equipos, la formación y los recursos necesarios para inhibir las operaciones de las principales organizaciones de tráfico de drogas’… las continuas sospechas y señalamientos por parte de instituciones estadounidenses de que el territorio venezolano ha sido utilizado para actividades ilegales de narcotráfico, condujo en 2014 a la captura del general venezolano Hugo Carvajal, quien estuvo detenido en Aruba luego de que una corte federal de EEUU lo solicitara por facilitar envíos de cocaína a Europa y EEUU”. Así se prepara el guiso en el que se cuecen las agresiones imperialistas.
“Grecia pasa página, Grecia deja atrás la austeridad del desastre. Deja atrás el miedo, deja atrás cinco años de dolor”, ha dicho el vencedor de las elecciones, Alexis Tsipras, ante una multitud que le aguardaba para celebrar la victoria el domingo 25 de enero. “La respuesta del pueblo griego cierra de forma incuestionable el círculo vicioso de la austeridad”, insistió.
El líder de Syriza dijo que tiene claro que Grecia no le ha dado un cheque en blanco “sino un mandato para reorganizar el país”. “Hoy perdió la Grecia de los oligarcas y de los corruptos”, dijo Tsipras, quien afirmó que “ganó la Grecia del trabajo, del conocimiento y de la cultura”. “Ganó la Grecia que lucha y tiene esperanza”, agregó el líder izquierdista entre los vítores de sus seguidores, que lanzaron fuegos artificiales. Y perdió “la Grecia de las élites, las oligarquías y las medidas antidemocráticas”.
En clave europea, Tsipras afirmó también que su victoria es también “la de todos los pueblos de Europa que luchan contra la austeridad que destroza nuestro futuro”. “El nuevo Gobierno negociará con nuestros socios europeos”, dijo Tsipras, quien afirmó que presentará su propio plan de reformas “sin nuevos déficit pero tampoco sin un superávit irrealizable”. “El nuevo gobierno desmentirá a todos los que ven destrucción. No habrá desastre, ni tampoco sumisión. Nuestro objetivo desde el primer día es restablecernos de las consecuencias de la crisis”. “Pero antes de todo, el pueblo debe recobrar su dignidad, el optimismo, la sonrisa… ese es el mensaje primordial”, añadió el neo Presidente Tsipras, candidato a la Presidencia del Parlamento Europeo con el bloque GUE-NGL (1).
Este artículo analiza los comentarios de los gobiernos latinoamericanos con relación a la victoria de Syriza, una nueva izquierda del siglo XXI.
Gobierno boliviano celebra el triunfo de Syriza en Grecia
Durante el discurso de posesión de asambleístas supraestatales en instalaciones de la Asamblea Legislativa Plurinacional (ALP), el vicepresidente de Bolivia, Álvaro García Linera, saludó el triunfo del partido de izquierda, Syriza en Grecia. “Ha ganado recientemente en Grecia el partido Syriza, revolucionario, gente de izquierda a quien saludamos”, señaló García Linera en referencia a la victoria del partido con el 36,3% de los votos y 149 escaños. La victoria se acerca a la mayoría absoluta por encima de la conservadora Nueva Democracia del primer ministro en funciones Andonis Samarás, que se quedó en el 27,8% de apoyos (76 diputados), al 99,8% de papeletas escrutadas. Según la segunda autoridad boliviana, Syriza hace un seguimiento del Proceso de Cambio en Bolivia y lo refleja en sus publicaciones y también difunde los discursos del presidente Evo Morales. La revolución, según García Linera “encuentra a amigos en el mundo” y “su victoria es también de nosotros”, dijo (2).
El presidente de Bolivia, Evo Morales, y el nuevo primer ministro griego, Alexis Tsipras, conversaron este martes por teléfono y acordaron realizar visitas mutuas para fortalecer los lazos de amistad entre ambos países, informó la ministra boliviana de Comunicación, Marianela Paco. En el diálogo ambos líderes coincidieron en realizar esas visitas para “trabajar en un hermanamiento entre los pueblos”, señaló la autoridad. Morales expresó al recién electo gobernante griego que el triunfo obtenido en las urnas el domingo por la coalición izquierdista Syriza, liderada por Tsipras, ha sido contundente y refleja una “luz de esperanza para Europa”, según la ministra. Ambos líderes han manifestado sentimientos mutuos de hermandad (…) Esta celebración conjunta es por sus pueblos, porque son pueblos anticapitalistas y porque son pueblos que buscan justicia”, detalló Paco (3).
Syriza inaugura un nuevo tiempo para Grecia, señala Frente Guasu de Paraguay
“Con gran entusiasmo celebramos esta muy significativa victoria de Syriza en Grecia, porque constituye por fin un repunte del progresismo en Europa que hoy está sufriendo los embates del neoliberalismo y sus nefastas implicaciones sociales”, subraya una nota difundida por el Frente Guasu – que ha sostenido el Presidente Lugo en Paraguay (2008-2012) que el parlamentario Ricardo Canese ha entregado al Observatorio sobre Latinoamérica SELVAS.
Se destaca que “Estamos muy esperanzados en que esta victoria del pueblo griego con este resultado, se convierta en un el punto de partida de un proceso emancipatorio que ponga fin a los planes de ajuste impuestos por los organismos financieros y sus correlatos oligárquicos en Europa, que han llevado a sus pueblos a situaciones insostenibles.
Esperemos también que ese punto de partida, sirva para expandir en el resto de Europa una nueva atmósfera libertaria desde el clamor popular, para que esa región deje de tener en el concierto internacional, la posición cómplice de la política hegemónica norteamericana, para volver a ser lo que fue históricamente, asiento de las grandes luchas reivindicatorias en el mundo” concluye el comunicado (4).
El gobierno venezolano saludó el triunfo de la formación de izquierda en Grecia, Syriza, por su triunfo en las elecciones de la víspera en el país helénico. “Venezuela hace llegar una cálida felicitación a la Coalición política Syriza y al compañero Alexis Tsipras por su histórica victoria, y le augura éxito en su gestión reiterándole toda la solidaridad y apoyo”, precisó un comunicado de la cancillería venezolana. El texto enfatizó que “El Presidente de la República Bolivariana de Venezuela, Nicolás Maduro Moros, junto al Gobierno Bolivariano y al pueblo venezolano, felicita al pueblo griego, que en un ejercicio pleno de soberanía popular ha declarado, con su participación y su voto, su incuestionable vocación democrática”.
La cancillería de Venezuela añadió que “durante el proceso electoral la derecha arremetió contra el pueblo de Venezuela y la Revolución Bolivariana, mediante una campaña sucia que ha sido derrotada por la conciencia mayoritaria”. “Desde la Patria de El Libertador Simón Bolívar y del Comandante Invicto de la Revolución Bolivariana, Hugo Chávez, el Presidente Nicolás Maduro desea manifestar al hermano pueblo heleno el mayor de los éxitos en esta nueva etapa de transformaciones políticas y económicas que comienza hoy”, recalcó el texto. Por último, el comunicado oficial señaló que “La República Bolivariana de Venezuela reafirma la disposición de trabajar en pro del desarrollo, la paz, la cooperación, la defensa de un orden internacional justo y pluripolar.
Hay políticas de crecimiento alternativas al ajuste, señaló Argentina
La presidenta argentina Cristina Fernández de Kirchner felicitó ayer al pueblo griego por la jornada democrática del domingo y destacó que el triunfo de Syriza representa una esperanza para Europa. “El triunfo de Syriza y el próximo gobierno liderado por Alexis Tsipras son una esperanza para los pueblos de Europa, porque revelan que hay políticas alternativas viables que rechazan el ajuste y proponen el crecimiento con inclusión social como camino para superar las crisis”, dijo el comunicado de la Cancillería.
El gobierno argentino confió en que “la formación del nuevo gobierno en Grecia, que reflejará la voluntad popular, será una oportunidad para profundizar las históricas y excelentes relaciones entre ambos países y sus pueblos”. El precandidato presidencial del Frente para la Victoria y ex canciller, Jorge Taiana, sostuvo por su parte que con la llegada al poder de la izquierda comienza una nueva etapa en el país helénico y también en el Viejo Continente. “Este fue un fuerte mensaje en contra del ajuste y la austeridad impuestos por la Unión Europea, conducida por Alemania”, señaló el referente del Movimiento Evita, a través de su cuenta de Twitter.
Al analizar el resultado que deja a Syriza al borde de la conformación del gobierno, el ex titular del Palacio San Martín cuestionó la influencia de las “políticas de ajuste y miseria” que le impusieron durante años a Grecia desde la troika, que conforman el Fondo Monetario, el Banco Central Europeo y la Unión Europea. “El amplio triunfo de Syriza, encabezado por el antiajuste Alexis Tsipras, en Grecia, es una gran derrota para la repudiada troika”, concluyó Taiana.
La asunción de Tsipras como primer ministro refleja el rechazo a la política de ajuste impuesta por la Unión Europea (UE), el Banco Central Europeo y el Fondo Monetario Internacional. Además el flamante gobierno plantea renegociar la deuda pública, que alcanza los 320 mil millones de euros, que equivalen al 177 por ciento del PBI del país. A raíz de la crisis económica que azotó al país en 2010, la UE y el FMI han concedido créditos por unos 240 mil millones de euros para el rescate financiero de Grecia (5).
Alternativas a las políticas de ajuste por parte de la Troika de la UE
El resonante triunfo de Syriza abre una nueva página en el continente europeo: demuestra que las opciones que se han opuesto a las políticas de ajuste implementadas durante el último lustro por parte de la Troika de la UE se fortalecen y aspiran a formar gobierno. La clara victoria de Syriza en Grecia pone en la mira a Podemos, que podría ganar las elecciones generales de 2015 en España.
“Junto a Pablo Iglesias y Podemos, Syriza cambiará Europa”, arengó Alexis Tsipras el pasado jueves durante el acto de cierre de la campaña electoral griega. Iglesias acudió a Atenas para apoyar al líder de Syriza y allí refrendó ante miles de griegos que las formaciones de ambos protagonizarán una “ola de cambio en Europa”. La formación de Tsipras tendrá ocasión de demostrar durante su gobierno hasta qué punto eso es cierto. Podemos, por su parte, tiene todavía varios meses por delante hasta que se celebren las elecciones generales en España.
El secretario general de Podemos, Pablo Iglesias, ha advertido este lunes de que España y Grecia tienen “enormes” diferencias y de que no se deben hacer “paralelismos” porque la victoria de Syriza en Grecia no garantiza el triunfo de Podemos en las próximas citas electorales en España. “Nos espera un año muy difícil, vamos a tener que trabajar partido a partido, con un contexto distinto al griego”, ha admitido Iglesias, que ha subrayado que ni Podemos le ha dado la victoria a Syriza, ni Syriza se la dará a Podemos: “Nadie nos va a hacer los deberes”, ha añadido. En una rueda de prensa tras la reunión del Consejo de Coordinación de su partido, Iglesias se ha felicitado de la “magnífica noticia” que supone para los europeístas y los demócratas la victoria de Syriza porque permitirá que en el país deje de gobernar “un delegado de Merkel” y “un vicepresidente para asuntos griegos de Alemania”. Iglesias ha expresado su respeto por la decisión de Tsipras de llegar a un acuerdo con un partido de derechas Para el líder de Podemos, la victoria de Syriza es la demostración del fracaso de las políticas de austeridad que, admite, han sido mucho más “agresivas” en Grecia que en España, un país que es la cuarta economía de la UE y al que “no se le puede amenazar” como a los griegos. Ha destacado que el Gobierno de Alexis Tsipras abre un camino de esperanza para los países del sur de Europa y ha subrayado que pese a los mensajes apocalípticos que vaticinaban un desplome de los mercados si ganaba Syriza, “no ha pasado nada” y el “sol ha vuelto a salir en Grecia”. Iglesias ha expresado su respeto por la decisión de Tsipras de llegar a un acuerdo con un partido nacionalista de derechas, y se ha mostrado convencido de que ese pacto se hará sobre el programa electoral y el compromiso de un “giro de 180 grados” de las políticas de austeridad que han creado tanto sufrimiento. “El Gobierno de Syriza se merece cien días de confianza”, ha añadido (6).
El eurodiputado y líder de Podemos, Pablo Iglesias, y el portavoz de la formación Íñigo Errejón, consideran que, aunque las situaciones de España y Latinoamérica son “muy diferentes”, existen en esta región del continente americano “ejemplos de democracia muy valiosos para los países del sur de Europa”. Así lo han puesto de manifiesto durante el encuentro con periodistas que los dos dirigentes de Podemos han mantenido en La Paz (Bolivia) a finales de septiembre de 2014, que se enmarca dentro de la gira latinoamericana que la formación arrancó este jueves en Bolivia y que también les llevará a Ecuador y Uruguay, y durante la que tienen previsto reunirse con los presidentes de estos tres países, Evo Morales, Rafael Correa y José Mujica, respectivamente. Según informa Podemos en un comunicado, Iglesias y Errejón han ensalzado “el valor de las experiencias de cambio político en Latinoamérica, de recuperación de la soberanía y de puesta en práctica de políticas públicas que han permitido una década de inclusión, desarrollo económico y democratización social, como reconocen todas las instituciones e indicadores internacionales”: eso se destaca en mi nota “Las esperanzas del nuevo mandato de Evo Morales y su impacto en Europa” que Morsolin acaba de publicar en varias agencias de prensa internacional (7).
Tras matizar que “la sociedad española tiene que encontrar su propio camino” porque su situación es muy diferente a la de estos países, los portavoces de Podemos han destacado que gobiernos latinoamericanos como el boliviano han “conquistado” esa “década ganada” mediante “la activación popular y derrotando la resignación del ‘no hay alternativa’ a las políticas del empobrecimiento y el saqueo dictadas por las élites financieras mundiales”.
Gabriel Puricelli, coordinador del Programa de Política Internacional, Laboratorio de Políticas Públicas de Buenos Aires, considera que “las preferencias de los griegos encapsulan la historia de la larga marcha de los eurocomunistas griegos desde la disidencia dentro del Partido Comunista hasta la llegada al gobierno. Grecia no eligió una expresión política surgida de la nada para expresar su frustración ante la crisis desatada por años de abuso patrimonialista del Estado por las élites que lo dominaron desde el fin de la dictadura de los coroneles y por el remedio atroz suministrado por la troika. Eligió a Syriza, la Coalición de la Izquierda Radical, la confluencia que impulsaron los viejos cuadros del “Partido Comunista del Interior”, después de romper con los estalinistas del “Partido Comunista del Exterior” y abrirse a los movimientos sociales de los ’80 y a la naciente ecología política. Los comunistas que combatieron la invasión nazi en la Segunda Guerra Mundial evolucionaron en direcciones divergentes ante el intervencionismo soviético en Europa. Muchos de ellos, forzados por la dictadura de los coroneles al exilio en Italia, abrazaron el modo de oponerse a Moscú y de concebir las alianzas políticas de sus correligionarios italianos y promovieron una visión comunista desde el interior de Grecia, distinta de la impuesta desde el exterior por los mandamases de la URSS.
Un jovencísimo Alexis Tsipras fue jefe de la Juventud Comunista representando a esos adultos del partido inspirados por el eurocomunismo de Enrico Berlinguer y los acompañó en la salida del partido (la sigla histórica, KKE, quedó en manos de los ortodoxos) y en la búsqueda de alianzas que su viejo partido no hubiera aceptado jamás.
Syriza, la forma que hace tiempo adoptó esa política de alianzas, es entonces un sujeto político con una larga historia y hondas raíces en la cultura política griega. Llega al gobierno con el desafío de encontrar aliados nuevos para alcanzar la mayoría en el Parlamento que se le escapó por milésimas. Llega rodeada de unas expectativas a las que Tsipras trató de darle un marco realista en la campaña. Y llega en un tiempo en que los pesimistas creían que era el de optar entre la resignación de las grandes coaliciones o la bestia negra de la ultraderecha. Un eurocomunista extemporáneo tiene delante de sí la oportunidad de demostrar que no es así”, concluye Puricelli (8).
Ulrich Brand, profesor de Política Internacional en la Universidad de Viena, integrante del Grupo Permanente de Trabajo sobre Alternativas al Desarrollo de la Fundación Rosa Luxemburg (Berlin) invita a convertir a Grecia “en un campo de experimentación para probar otras formas de manejar la crisis. Imaginemos una reestructuración exitosa del Estado y de la economía: las personas gozan de condiciones laborales y de vida estables, se reforma el sistema impositivo, de manera que los ricos carguen con una parte adecuada del coste para la colectividad. Asimismo – horribile dictu para toda mente neoliberal – hay programas de inversión pública eficientes que permiten superar las crisis humanitarias en las áreas alimentación y vivienda, educación y salud”. Agrega que “podría darse la tan necesaria conferencia europea sobre la deuda. Mucha gente ya reconoce que Grecia jamás podrá pagar su deuda – a no ser por el precio de una dependencia más o menos eterna. La conferencia debería abordar el tema de una solución europea global, pero también tratar la posibilidad de una condonación parcial de la deuda griega y, para los créditos restantes, un mecanismo de pago de deuda a la medida del rendimiento económico real del país. Sería una señal política poderosa, tanto para las personas como para los mercados, de que por fin se trabaja seria- y solidariamente en desarrollar estrategias adecuadas de manejo de la crisis. Al mismo tiempo, se transparentaría quienes se benefician realmente de la crisis actual”, concluye Ulrich Brand.
Marisa Matias, eurodiputada del Bloco de Esquerda (bloque de izquierda) portugués y la eurodiputada Lola Sanchez (Podemos-España) –que también tienen un programa y un discurso casi idénticos al de Syriza– se mostraron emocionadas en Atenas.
Me han comentado que Syriza, desde Grecia, puede ser un cambio de fondo en la política europea, porque aunque solo votaron los griegos, estas elecciones eran europeas, lo que se debatía era el modelo económico que se aplica en el sur del continente.
La eurodiputada Lola Sanchez (Podemos-España) declara al Observatorio SELVAS “con SYRIZA Sí Se Puede. Hoy comienza el cambio en Europa y estaré desde Atenas apoyando a Alexis Tsipras y al pueblo griego. Porque esperamos celebrar juntxs el comienzo del Cambio. Con SYRIZA y con PODEMOS, Venceremos”.
– El diálogo en Venezuela – Diálogo nacional y diálogo de élites – El ejemplo de los Consejos Presidenciales de Gobierno Popular – El diálogo con los sectores productivos privados – Es falso que la derecha política quiera un diálogo constructivo – El diálogo de todo el pueblo, el camino de Chávez – Diálogo sobre el aumento de la gasolina – Se acabó la diversión, llegó el Comandante… – Contraofensiva de la izquierda en cumbre de la CELAC – Las voces de Correa y Ortega – Precisiones de Maduro – El carácter de la confrontación continental – Las elecciones parlamentarias en el contexto
La derecha ha promovido la matriz de que en Venezuela no hay diálogo, de que el nuestro es un gobierno autoritario que toma decisiones sin consultar a nadie. Muy por el contrario, nunca había existido tanto diálogo en nuestro país como en los años de la Revolución Bolivariana. Ya desde el nacimiento legítimo de esta nueva etapa de la vida nacional, con la discusión de la Constitución Bolivariana en 1999, se abrió un nuevo concepto del diálogo. En la era de la Cuarta República (y en todas las anteriores desde que somos república) el tipo de diálogo dominante fue el diálogo de élites, excluyente, que se disfrazaba con un término engañoso: el “consenso”. Aunque si nos vamos a la definición del DRAE, no podemos sino mostrarnos de acuerdo con ese uso: “Acuerdo producido por consentimiento entre todos los miembros de un grupo o entre varios grupos”. Precisamente, nunca hubo en Venezuela un diálogo nacional, sino un consenso entre grupos cerrados, privilegiados. Las decisiones se tomaban tras bastidores, como el Pacto de Punto Fijo.
Con la Revolución Bolivariana se incorporó por primera vez al pueblo a la toma de decisiones, sobre todo a través de las organizaciones de poder popular, cuyo proceso de conformación ha sido lento pero sin pausa ¿Acaso los Consejos presidenciales de gobierno popular, recién creados, no son un claro ejemplo de esto? De las comunas, de los trabajadores, de las mujeres, de los pueblos indígenas, de la cultura.
Pero eso no es considerado diálogo por los voceros de la derecha. Recientemente se ha reforzado el diálogo, por ejemplo, con los sectores productivos privados, y ya está dando resultados. Pero aun la derecha política sigue empeñada que en Venezuela no hay diálogo. Claro, el tema real es que ellos se autoexcluyen de todo diálogo, ya vimos como le dieron una patada a la mesa en el más reciente intento de diálogo político convocado por el presidente Maduro ¿Por qué es esto así? Porque se supone que el diálogo es para buscar soluciones a los problemas del país y esto es lo último que quiere la oposición. Para ese sector lo deseable es el fracaso del país, porque piensan que eso sería el fracaso de la Revolución Bolivariana, condición sine qua non para derrocarla y restaurar el reino del neoliberalismo. El único resultado positivo que les gustaría sacar del diálogo es que puedan torcerle el brazo al Gobierno y hacerlo desistir del modelo chavista que privilegia la inclusión social y la incorporación del pueblo a la vida política del país. El camino del dialogo de todo el pueblo fue el que señaló Chávez permanentemente. Es la ruta que se está tomando, por ejemplo, con el tema del aumento de la gasolina. Pero esas élites políticas estaban acostumbradas a secuestrar el diálogo y convertirlo en el consenso de los grupos privilegiados. Pero se acabó. En Venezuela hay otra realidad. Como dice la canción, “llegó el Comandante y mandó a parar”.
La cumbre de la CELAC en Costa Rica ha sido el escenario para que comience la contraofensiva de los poderes de izquierda en el continente, después de la ofensiva internacional lanzada en días recientes por la derecha, en torno a la visita a Venezuela de los ex presidentes neoliberales Pastrana, Piñera y Calderón, las declaraciones de otros ex presidentes proyanquis, como Uribe y Arias, las reacciones de las cancillerías de Chile y Colombia, y el dimensionamiento mediático de estos eventos.
El presidente ecuatoriano aprovechó el foro para respaldar a Venezuela y afirmar que “Basta de guerras económicas contra países como Venezuela que nos recuerdan bastante bien la guerra económica de la burguesía chilena contra la de Salvador Allende, cuando se dieron cuenta que no podían vencer en la urnas al ser contundentemente derrotados en marzo de 1973 en las elecciones legislativas… Necesitamos mutua solidaridad, hablar claro, sin temores, porque tenemos la verdad”.
Por su parte, el presidente de Nicaragua, Daniel Ortega, se preguntó ¿… quién está detrás de las conspiraciones contra la Revolución Bolivariana, la revolución de Bolívar, de Chávez, y ahora de Nicolás, ese proceso? ¿Acaso no salieron las pruebas ahí cuando el golpe contra Chávez que era el yanqui el que estaba detrás conspirando contra ese proceso de libertad, dignidad, soberanía y generosidad?… No se cansan de conspirar y siguen conspirando. Vemos claramente como tratan de repetir la historia de Chile… quieren repetir la historia de Chile contra Venezuela, quieren aplicar y están aplicando el mismo guión, quieren que esto culmine con un golpe militar, sangriento, brutal como el que propiciaron los yanquis allá en Chile”.
El presidente Maduro fue preciso al definir lo que ocurre en torno a la visita del grupo de ex presidentes neoliberales. En el mismo marco de la cumbre de la CELAC advirtió que “Hay una gran operación de provocación contra Venezuela y desde Venezuela de la ultraderecha, utilizando figuras políticas de algunos países vinculados a proyectos de derecha, apoyando… a grupos políticos que desconocen el orden constitucional interno, que desconocen las instituciones, que desconocen al Presidente legítimo de esa patria, que promueven un golpe de Estado a un corto plazo”.
Maduro preguntó a los mandatarios presentes en la cumbre “¿qué Gobierno de ustedes pudiera aguantar que figuras políticas relevantes de algún país, fueran a sus propios países a promover grupos que quieren derrocar el Gobierno legítimo de ese país?”. Y añadió: “Bastante intriga se metió para que esta cumbre en San José de Costa Rica se diera en el marco una gran confrontación entre Gobiernos de ideologías y posturas diferentes, Venezuela viene a abogar aquí por el respeto a la soberanía política de los estados, de la autodeterminación de los pueblos… Clamo por la voluntad política, por el respeto y la diversidad para continuar el camino de la construcción de la nueva América Latina y el Caribe”. El carácter de la confrontación continental está claro.
Se trata de la lucha de las fuerzas nacionalistas, soberanas y orientadas a la justicia social contra las fuerzas pro imperialistas y neoliberales. Es una batalla histórica donde a Venezuela le toca una gran responsabilidad. Y en ese contexto, las próximas elecciones parlamentarias en nuestro país cobran especial relevancia.
29 Ene. 2015 – Durante su participación en la III Cumbre de la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (Celac), el presidente de la República, Nicolás Maduro, denunció que existen planes orquestados por la ultraderecha venezolana para promover un golpe de Estado contra el Gobierno Bolivariano.
“Hay una gran operación de provocación contra Venezuela y desde Venezuela de la ultraderecha, utilizando figuras políticas de algunos países vinculados a proyectos de derecha, apoyando a grupos políticos que desconocen el orden constitucional interno, que desconocen las instituciones, que desconocen al Presidente legítimo de nuestra Patria, que promueven un golpe de Estado a un corto plazo”, explicó Maduro desde Costa Rica.
El Presidente llamó a la reflexión y preguntó a los presidentes presentes: “¿qué Gobierno de ustedes pudiera aguantar que figuras políticas relevantes de algún país, fueran a sus propios países a promover grupos que quieren derrocar el Gobierno legítimo de ese país?”.
Enfatizó que acciones como esas son intolerables en la vida política actual de América Latina y el Caribe. “¡No debemos tolerarlo!”, exclamó el jefe de Estado.
Independencia de Cuba y Puerto Rico
En su alocución, Maduro también repudió el bloqueo que mantiene Estados Unidos contra Cuba, lo cual calificó como un crimen contra la isla caribeña.
Agregó que Estados Unidos “sostiene una persecución financiera y comercial contra Cuba para evitar que pueda vivir su economía, su sociedad. Cuba tiene derecho a ser independiente, a ser libre”.
Al respecto, el jefe de Estado apuntó que Cuba y Puerto Rico quedaron pendientes en la agenda de liberación del Libertador Simón Bolívar, al tiempo que reiteró el apoyo de Venezuela a la descolonización de Puerto Rico.
“Puerto Rico tiene derecho a su identidad, a su camino, en su casa con sus hermanos, y su casa es América Latina y el Caribe”, dijo.
Venezuela ratifica apoyo a Colombia
Por otra parte, Maduro ratificó su respaldo al presidente colombiano Juan Manuel Santos en su lucha por la paz en esa nación.
“Más allá de las diferencias políticas que tenemos y que resurgen cada cierto tiempo, lamentable, las diferencias las ventilamos personalmente, bilateralmente”, expresó el Presidente.
Apuntó que la Celac no es el espacio “para pelear entre nosotros, es el espacio para unirnos, abrazarnos y en este espacio Venezuela ratifica todo su respaldo a la lucha por la paz en Colombia, todo lo que tengamos que hacer y más allá, que se ha hecho y que se pudiera hacer estamos a la orden del presidente Juan Manuel Santos para construir la paz en Colombia a pesar de los ataques que se nos hagan desde Bogotá. La Patria de Bolívar con Colombia en la búsqueda de la paz”.
Celac conciencia del siglo XXI
El jefe de Estado venezolano destacó que la Celac es producto “de la gran voluntad política y la conciencia que se ha creado en el siglo XXI, siglo que se anunció temprano como el siglo para la oportunidad de nuestra América”.
Destacó que esta nueva era “será el fin de los imperios y de los que luchan por existir”.
Igualmente clamó por “la gran voluntad política que dio nacimiento a la Celac, por el respeto y desde la diversidad continuar el camino hacia la construcción de la nueva unión de la América Latina y el Caribe, desde Venezuela nosotros seguiremos aportando nuestro granito de arena con humildad, pasión, amor, con capacidad de aprendizaje”, reflexionó.
Por otra parte, confirmó su asistencia a la VII Cumbre de las Américas, el próximo 10 y 11 de abril.
“Allá va a estar el presidente Barack Obama, seguro en esa cumbre tendremos la oportunidad de intercambiar de manera franca criterios sobre el futuro de las relaciones de Estados Unidos de Norteamérica con América Latina y el Caribe”, adelantó.
Alianzas regionales
Tras las intervenciones en la cumbre, el mandatario venezolano sostuvo un encuentro con la presidenta de Brasil, Dilma Rousseff y el jefe de Estado colombiano. La reunión trilateral fue solicitada por Santos.
Llegada a Costa Rica
Más temprano, durante su llegada a Costa Rica, el presidente Maduro dijo que la Celac marca un nuevo ciclo en la historia regional.
“La fundación y consolidación de la Celac, al pasar de los años con la cumbre en Caracas, Santiago de Chile, La Habana y ahora en Costa Rica, marca un nuevo tiempo y un nuevo ciclo geopolítico de la historia de América Latina y el Caribe”, subrayó.
El jefe de Estado estuvo acompañado de la primera combatiente, Cilia Flores; el ministro para las Comunas y los Movimientos Sociales, Elías Jaua y la canciller venezolana, Delcy Rodríguez. Calificó la Cumbre de histórica, refiere AVN.
El Presidente recordó los documentos de Bolívar firmados en Perú en 1824, para convocar el Congreso de Panamá, que buscaba la integración regional. “Ya el Libertador visualizaba los siglos venideros y buscaba los tiempos de la unión de nosotros. 200 años después esta generación nos ha correspondido”, afirmó Maduro. En su discurso, resaltó el trabajo del líder de la Revolución Bolivariana, Hugo Chávez, para crear este foro de concertación política con el objeto de unir a América Latina y el Caribe en la diversidad, “lo cual nos hace mucho más fuertes”.
Ortega: “Quieren repetir la historia de Chile en Venezuela”
El presidente de Nicaragua, Daniel Ortega, dijo ayer durante la III Cumbre de la Comunidad de Estados Latinoamericanos y del Caribe (Celac) en Costa Rica que el “imperio” norteamericano “conspira” para que en Venezuela se produzca un “golpe militar sangriento y brutal”, reseñó el portal web HoyVenezuela.info.
“Quieren repetir la historia de Chile contra Venezuela, quieren aplicar y están aplicando el mismo guión, quieren que esto culmine con un golpe militar, sangriento, brutal como el que propiciaron los yanquis allá en Chile”, añadió.
El mandatario del país centroamericano expresó que los “yanquis siguen conspirando” contra la integración de países latinoamericanos y caribeños. “El presidente Obama está atrapado por el yanqui, por el imperio”, agregó.
Enfatizó a los miembros de la Celac que deben estar atentos a la continua conspiración de Estados Unidos contra los pueblos de América Latina y el Caribe, a quienes ve como subordinados.
Puerto Rico en la Celac
El dignatario nicaragüense recordó que el gran ausente en la integración regional “sigue siendo Puerto Rico”.
Tras su discurso, el presidente de Nicaragua, le cedió la palabra al líder del Partido Independentista de Puerto Rico, Rubén Berríos, para enviar un mensaje de batalla en contra de las acciones realizadas por el imperio estadounidense.
“La colonia del Estado libre asociado, que ni es Estado ni libre ni asociado, es un rémora de insurrección que padeció Nuestra América, una América Latina y el Caribe que reclama sus derechos”, recordó Berríos.
El independentista recordó que Estados Unidos siempre ha pretendido “arrancarnos el idioma, las costumbres (…) pero hoy somos más latinoamericanos que nunca (…) Nuestra América ha despertado, ahora no estamos solos”.
También abogó por la liberación de Oscar López, el preso político más antiguo del planeta.
Cuba rechazó sanciones de EEUU contra Venezuela
El presidente de Cuba, Raúl Castro, expresó ayer en nombre de su país un enérgico rechazo a las sanciones unilaterales impuestas por EEUU contra Venezuela, reseñó AVN.
Durante su participación en la III Cumbre de la Celac en Costa Rica, el mandatario manifestó su condena “a las injustificables sanciones unilaterales impuestas a la República Bolivariana de Venezuela” y a la continuada campaña de “inestabilidad en esa hermana nación”.
Señaló que Cuba conoce “todas esas historias profundamente por haberlas padecido”. Por ello, reiteró su más firme “respaldo a la Revolución Bolivariana y al gobierno legitimo conducido por el presidente Maduro”.
Fin del bloqueo
Por otra parte, el jefe de Estado cubano exigió a Estados Unidos poner fin al bloqueo contra la isla para avanzar al restablecimiento de las relaciones, en su primera declaración tras la reunión bilateral de alto nivel celebrada hace una semana en La Habana.
“El problema principal no ha sido resuelto, el bloqueo económico, comercial y financiero, que provoca enormes daños humanos y económicos y es una violación del derecho internacional, debe cesar”, afirmó.
Rafael Correa pidió el cese de la guerra económica
El presidente de Ecuador, Rafael Correa, pidió ayer el cese de la “guerra económica” contra Venezuela emprendida por factores de extrema derecha.
“Basta de guerras económicas contra países como Venezuela que nos recuerdan bastante bien a la guerra económica de la burguesía chilena contra Salvador Allende, cuando se dieron cuenta que no podían vencer en la urnas al ser contundentemente derrotados en marzo de 1973”, subrayó el mandatario.
Durante su intervención en la III Cumbre de la Celac que se realiza hasta hoy en Costa Rica, Correa llamó a los países miembros de dicha instancia ser vanguardia para derrotar la miseria, una meta que a su juicio puede cumplirse en la región latinoamericana en los próximos cinco años.
“Debemos ser la vanguardia que derrota la miseria, ser una región que genere conocimientos, ciencia y tecnología, que tenga posiciones comunes frente al cambio climático, que adopte la excelencia como norma”, acotó.
En tal sentido propuso a los miembros de la Celac duplicar el aporte del Producto Interno Bruto (PIB) a áreas como la investigación y conocimiento, así como también en educación universitaria.
Morales reitera apoyo al Gobierno Bolivariano
El presidente de Bolivia, Evo Morales, reiteró ayer el apoyo al pueblo y al Gobierno venezolano ante la guerra económica que emprende la derecha nacional e internacional en el país desde 2013, reseñó AVN.
“Hermano Maduro toda nuestra solidaridad, estamos convencidos que después que fracasaron con una agresión política, ahora vinieron con una agresión económica. Seguirán fracasando porque nuestros pueblos están unidos”, expresó durante su intervención en la III Cumbre de la Celac que se desarrolla en Costa Rica.
Advirtió que el imperio quiere “dividirnos para dominarnos políticamente, para robarnos económicamente”, por ello “es importante la unidad de nuestros pueblos para defender este tipo de agresiones”, subrayó.
Destacó que la conciencia de los pueblos permitirá consolidar la unidad frente a los ataques imperiales. “Cuando los pueblos saben de su destino y tienen una propuesta basada en los principios que nos dejaron nuestros antepasados, cuando se unen para defender la democracia, la vida y la paz no hay fuerza que lo doblegue, ni imperio que los derrote”, sentenció.
Rousseff: Celac privilegia integración regional
La presidenta de Brasil, Dilma Rousseff, destacó ayer que las naciones que conforman la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (Celac) han privilegiado la integración regional, pese a las diversas visiones del mundo que poseen.
“Los países que integran la Celac, aunque poseen diferentes visiones del mundo, han privilegiado la integración regional”, expresó la mandataria durante su intervención en la plenaria de la III Cumbre de la Celac que se realiza en Costa Rica.
La presidenta Rousseff resaltó que a pesar de que en América Latina y el Caribe se han dado avances significativos en el área social como la reducción de la pobreza y la pobreza extrema, siguen presentándose dificultades.
Propuso que en el nuevo periodo que se inicia en la Celac se constituya un foro de empresarios de la región con la participación de los gobiernos y de las empresas para desarrollar el comercio.
“Los países de la Celac se deben unir para enfrentar los problemas de la economía mundial, y para que retomemos el crecimiento robusto”, apuntó la presidenta de Brasil.
Deseó al presidente Correa éxito en su presidencia pro témpore.
Momento histórico
“Es ahora y no más tarde, la hora de América Latina y el Caribe”, sentenció ayer el presidente de Costa Rica, Luis Guillermo Solís, al inaugurar la III Cumbre de la Comunicad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (Celac), refiere PL. “Los pueblos no solo exigen un buen gobierno, eficaz, transparente, preocupado por la preservación del ambiente y comprometido con la defensa de los derechos humanos, sino también afirmarse con una voz propia y potente en el concierto de las naciones”, advirtió.
Rememoró además el aporte de los próceres latinoamericanos y aseguró que en sus idearios está la inspiración de la Celac.
“Desde nuestra propia génesis republicana, esta región se caracterizó por la búsqueda constante de la unidad y si ésta no logró concretarse se debió a la incidencia de fuerzas exógenas”, dijo.
Mujica: el reto es tener una sociedad justa y equitativa
El jefe de Estado uruguayo, José “Pepe” Mujica, reflexionó sobre los retos que enfrenta la región para lograr una sociedad justa, equitativa y con una nueva realidad cultural que dejé atrás las fantasías heredadas del capitalismo, reseñó AVN.
Durante su última intervención en la III Cumbre de jefes de Estado de la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (Celac), el mandatario uruguayo insistió en la necesidad de abandonar las políticas capitalistas.
“A lo que me refiero es que la alta política no puede jugarse en ese capitalismo, debe comprometerse con el cariño y las causa de la gente, luchar por los pueblos (…), es mucho más fácil cambiar una realidad material que una realidad cultural, y ese el desafío de todos en la región”, expresó.
En ese sentido, recordó a los mandatarios que la integración tipo (Celac) no pasaba en la historia colonialista de América Latina y que hoy en día es un logro de la región.
“Está pasando hoy, tenemos que estar en guardia para cultivar esta tolerancia que la está necesitando el mundo (…), curiosamente la está necesitando el mundo rico”, dijo Mujica.
Argentina solidaria
La República argentina calificó de injustas las sanciones impuestas por el Gobierno de Estados Unidos a Venezuela, así lo informó el canciller de esa nación, Héctor Timerman, durante la III Cumbre de la Celac.
“Quiero expresar nuestro más firme respaldo a la República Bolivariana de Venezuela por las sanciones impuestas por los Estados Unidos, otra medida injusta, ilegal e inmoral, que afecta el desarrollo del pueblo venezolano”, dijo el canciller argentino.
Timerman también abogó por el fin del bloqueo económico contra Cuba, el cual consideró como inmoral e ilegal.
Por otra parte, la República argentina agradeció a los países miembros de la Celac su firme apoyo en la disputa que mantiene con el Reino Unido sobre las Islas Malvinas.
Reconocimiento
Los jefes de Estado y Gobierno que participan en la III Cumbre de la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (Celac) recibieron las llaves de la ciudad de Belén, en Costa Rica, donde se realiza el encuentro desde ayer.
El reconocimiento fue entregado de manos de niños y niñas que cursan estudios en planteles de la ciudad.
La cumbre continúa hoy y se tiene previsto que Ecuador asuma la presidencia pro témpore del bloque de integración regional que actualmente tiene Costa Rica.