Brasile, l’assassinio della giustizia: un golpe nel golpe?

Lula Moro

di Stella Calloni

09.04.2018

 

Sérgio Moro, il giudice che ha perseguitato Dilma e Lula, è uno dei tanti giudici o funzionari giudiziari cooptati da Washington, che di fatto adesso mantiene una specie di Scuola delle Americhe per poliziotti e giudici nel Salvador.

Può un Supremo Tribunale Federale (STF) in un paese come il Brasile funzionare ed emettere sentenze come se nulla fosse successo, dopo che almeno tre generali, uno dei quali, l’ attuale capo dell’esercito, hanno avvertito pubblicamente che se l’ex-presidente Luiz Inácio Lula da Silva non veniva incarcerato, si sarebbero visti “obbligati” a dare un colpo di stato militare?

In seguito a un tentativo di omicidio contro l’ex-presidente avvenuto la settimana passata nello stato del Paraná, il generale Luiz Gonzaga Schroeder Lessa ha detto alla stampa in maniera minacciosa che il STF avrebbe precipitato il paese nella violenza se Lula non veniva incacercato e ha minacciato un colpo di Stato, mentre il generale Paulo Chagas avvertiva: “il nostro obiettivo è evitare che si cambi la legge e che il capo di un’ organizzazione criminale, condannato a 12 anni di prigione, circoli liberamente, predicando l’odio e la lotta di classe”.

Ore prima della sessione dell’STF, il capo dell’esercito, il generale Eduardo Villas Boas, affermava che la sua forza “condivide il desiderio di tutti i cittadini perbene di non ammettere l’impunità”. Detto in maniera più diplomatica, ma íla minaccia è la stessa.

Qualsiasi magistrato semplicemente ligio alla legge, avrebbe dovuto rifiutarsi di sedere in un Tribunale che, di fronte a tale minaccia, aveva perduto tutta l’autorità. Se ci fosse giustizia, questa sessione avrebbe dovuto essere annullata.

Nell’agosto 2016, l’allora presidente Dilma Rousseff è stata destituita da un congiunto di media con la rete Globo in testa, una giustizia gestita da giudici che hanno lavorato a lungo negli Stati Uniti come Sérgio Moro, svolgendo il ruolo loro assegnato, un parlamento per lo più corrotto che ha destituito, senza prove, la presidenta. Il che ha provocato un colpo di Stato mediatico, giuridico e parlamentare.

Anche se, in realtà, questo è iniziato nel maggio 2016, quando Rousseff è stata allontanata dal suo carico ed è stato assunto come sostituto temporaneo l’allora vice-presidente Michel Temer (che è apparso in alcuni documenti come informatore del Comando Sud), il quale ha cambiato il gabinetto di governo, cosa che non poteva fare, ha adottato per decreto misure illegali, ha distrutto tutte le conquiste popolari e sovvertito seriamente la sovranità in Brasile, a cominciare dalla svendita dei grandi giacimenti petroliferi (Pre-sal), portandoli fuori dal controllo della Petrobras.

Questa compagnia, come tutte le compagnie statali, è stata vittima di spionaggio da parte degli Stati Uniti, come anche i governi di Lula e di Dilma, cosa che è stata  rivelata dalle documentate denunce dell’ex-contrattista americano Edward Snowden.

Sérgio Moro, il giudice che ha perseguitato Dilma e Lula, è uno dei tanti giudici o impiegati di tribunale cooptati da Washington, che di fatto ora dirige una specie di Scuola delle Americhe per agenti di polizia e giudiziari in El Salvador. La condanna di Lula da parte di Moro è una mostruosità legale, poiché – come nel caso di Dilma – non ci sono prove nella causa nella quale è stato condannato, il che lo rende un ostaggio politico, non solo del Brasile, ma di Washington.

Lo schema statunitense di infiltrazione delle strutture giudiziarie in America Latina è emerso come metodologia di lavoro negli anni ’90 nei piani contro-rivoluzionari e strategici per la regione, da applicare nei primi anni del XXI secolo. È quindi stato proposto un nuovo modello: le “democrazie di sicurezza nazionale”, in sostituzione delle dittature di sicurezza nazionale, che nel XX secolo trasformarono l’America Latina in un cimitero.

In realtà, sono una forma di dittature segrete per gestire i Conflitti a Bassa Intensità nel XXI secolo, a cui si è aggiunta la diffusione del Comando Sud mediante l’installazione di basi e stabilimenti militari in territori strategici dell’America Latina, per controllare direttamente la regione, nel migliore stile coloniale.

Nel caso del giudice Moro, che ha studiato legge nell’Università regionale di Maringá, questi è entrato in contatto  con gli Stati Uniti, partecipando a un programma “speciale” di istruzione di avvocati presso la Harvard Law School (Stati Uniti). Ha partecipato al Programma per Visitatori Internazionali organizzato nel 2007 dal Dipartimento di Stato, specializzato nella prevenzione e lotta al riciclaggio di denaro. In quel corso, ha condotto visite a varie agenzie statunitensi, tra cui quelle di intelligenza come la CIA e l’FBI, ed è stato istruito sull’analisi dei reati finanziari, e sui reati commessi da gruppi criminali organizzati: da quel momento è diventato un uomo al servizio di Washington.
In un articolo pubblicato in Brasil de Fato, Daniel Giovanaz ha segnalato il caso del giudice Moro, diventato un “eroe” negli Stati Uniti, dimostrando che questa accusa non corrispondeva a una “teoria della cospirazione”, come spesso viene banalizzata ogni denuncia, “perché vi sono prove sufficienti in termini di fatti e documenti.”

Nel giugno 2016, la filosofa e ricercatrice Marilena Chauí, citata da Giovanaz, ha dichiarato che Moro era stato cooptato dall’FBI per servire gli interessi degli Stati Uniti nella condotta dell’operazione Lava Jato. “Ha ricevuto un addestramento tipico come quello che l’FBI faceva durante il Maccarthismo (la politica di persecuzione anticomunista adottata dagli Stati Uniti negli anni ’50)”, afferma la filosofa brasiliana, affermando che Washington aveva un obiettivo: destabilizzare il Brasile per impadronirsi dei grandi giacimenti petroliferi, delle altre immense risorse e controllare nientemeno che la grande potenza latino-americana.”

“In questo senso, l’operazione Lava Jato è, diciamo, un preludio alla grande sinfonia della distruzione della sovranità brasiliana per il XXI secolo”, ha denunciato Chauí, la cui ipotesi è stata sostenuta da un documento di Wikileaks che è stato declassificato il 30 Ottobre 2009.

“Il nome di Sergio Moro – al di là della sua stretta relazione con gli Stati Uniti – è citato come partecipante a una conferenza offerta a Rio de Janeiro dal Progetto Bridges (Progetto Pontes), legato al Dipartimento di Stato, il cui obiettivo era di “consolidare il trattamento bilaterale ( tra Stati Uniti e Brasile) nell’applicazione della legge”.

Moro è stata la figura chiave per giustificare la “consulenza” americana nel suo paese.

Tra le conclusioni tratte da Wikileaks su quella conferenza, i responsabili del Progetto Pontes hanno sostenuto “la continua necessità di garantire la formazione di giudici federali e studenti brasiliani, per far fronte al finanziamento illecito della condotta criminale”. La strategia doveva essere “a lungo termine” e coincidere con la formazione di “task force di formazione”, che si potrebbero installare a Sao Paulo, Campo Grande o Curitiba.

Cinque anni dopo quell’atto a Rio de Janeiro, è scoppiata l’operazione Lava Jato, che ha instaurato nel paese un clima di instabilità politica molto importante per i piani degli Stati Uniti, i quali hanno iniziato a controllare, gestire e manipolare le operazioni e il caso Odebrecht.

Negli ultimi due anni, le visite di Sérgio Moro negli Stati Uniti sono diventate sempre più frequenti, ed è stato presentato in alcune conferenze come “il leader centrale nel rafforzamento dello stato di diritto in Brasile”. Che in realtà è scomparso, a partire dal colpo di stato del 2016, consolidato da questo nuovo golpismo manu militare che ha condannato Lula, il quale è innocente (non è mai stato provato il contrario).

 

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Marco Nieli]

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