Stédile (MST) a Napoli: dalla parte degli ultimi e dei beni comuni

di Antonio Cipolletta 

Nell’ambito dell’evento intitolato “Verso i nuovi modelli di controllo sociale sui beni pubblici: dalla parte degli Ultimi” organizzato presso il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli, il 7 novembre 2016, abbiamo avuto il piacere di ascoltare due ospiti molto speciali: Alex Zanotelli e João Pedro Stédile.

Nella nostra città, il primo è noto per essere stato un missionario comboniano, difensore dei diritti umani e delle strenue lotte sul diritto all’acqua, bene comune per eccellenza che – ricordiamo – è ad oggi rispettato qui a Napoli grazie alla reale applicazione del risultato referendario del 2011.

Il secondo, invece, è ben conosciuto in America Latina – terra di pace, dignità, inclusione e cooperazione – oltreché nel mondo intero per essere il leader del MST (Movimento dos trabalhadores rurais sem terra), movimento popolare e progressista nato in Brasile nel lontano 1984 sulla spinta delle lotte condotte da decine di migliaia di contadini provenienti dalle aree meridionali più degradate e martoriate del paese che, all’epoca, stava cominciando a vedere l’uscita dalla terribile dittatura militare (1964-1984).

Ad oggi, il Movimento è presente in 24 stati del paese e coinvolge un milione e mezzo di persone. Grazie alle sue lotte, 350.000 famiglie hanno conquistato la terra, mentre 150.000 stanno ancora lottando nei campamentos disseminati in tutto il paese carioca; l’obiettivo da sempre chiaro e definito dell’organizzazione è l’ottenimento di una riforma agraria, di redistribuzione equa della terra su scala nazionale, che restituisca potere e dignità alle masse contadine; al momento, giusto per citare alcune cifre statistiche significative, l’1,6% dei proprietari con immobili al di sopra dei mille ettari possiedono il 46,8% dell’area totale esistente nel paese, il 51,4% degli immobili classificati come grandi proprietà è improduttivo, ossia più di 133 milioni di ettari di terre non rispondono alle esigenze di produttività e potrebbero essere espropriate per la riforma agraria, secondo il dettato costituzionale.

Nel corso del suo duplice intervento (in apertura ed in chiusura dell’evento), João Pedro, in forma semplice e sempre efficace, ci ha descritto lo stato attuale in cui versa il Brasile golpista presieduto da Michel Temer (presidente incostituzionale, tra i principali fautori dell’impeachment ai danni della legittima Presidente Dilma Rousseff nell’agosto di quest’anno) connettendo la condizione del paese più esteso del Latinoamerica a quella dei suoi vicini (Venezuela, Ecuador, Bolivia, Uruguay e Argentina, principalmente), muovendo il discorso dalla difesa delle classi popolari, degli umili, di quelli che Frantz Fanon definiva “i dannati della terra” in un’ottica post-coloniale e terzomondista.

Con il suo tono colloquiale ed amichevole (è stato spontaneo rivolgerci a lui come “compagno”, nonostante il clima accademico-formale, quando gli abbiamo posto una domanda sulla criminalizzazione dei movimenti di massa in difesa della democrazia partecipativa e protagonistica nel paese, tra cui lo stesso MST) ci ha espresso le sue profondissime preoccupazioni sul ritorno della “larga noche neoliberal” in alcuni paesi dell’emisfero occidentale che sinora si erano distinti per avanzamento nella realizzazione di politiche sociali, di crescita eco-sostenibile, di innalzamento della matricola universitaria, di costruzione di case popolari per migliaia di cittadini, sanità gratuita o semigratuita, aumento delle speranze di vita media ed assottigliamento progressivo dell’indice di povertà (assoluta e relativa); tra questi, ha citato il caso del suo Brasile che negli ultimi mesi non riconosce, dominato com’è dal potere enorme dell’oligarchia finanziaria, politica e mediatica che per tredici anni circa (primo governo Lula, primo e secondo governo Dilma, interrotto bruscamente come abbiamo visto) è stato moderatamente arginato ma non ancora azzerato e, successivamente, del Cile (“Il popolo cileno sta vivendo realmente in una democrazia o è una pura, illusoria rappresentazione della realtà?”) ed infine dell’Argentina governata dal “imprenditore” Mauricio Macri (“Il paese sta ritornando di fatto alle pratiche neoliberiste tanto rigettate e bandite durante la decada ganada dei Kirchner).

Al termine del suo primo intervento realizzato interamente in portoghese così come il secondo e reso magistralmente in italiano da Serena Romagnoli, membro del Comitato MST Italia, il coordinatore del tavolo prof. Sergio Moccia ha concesso del tempo alle domande degli studenti presenti in aula, i quali ne hanno approfittato per conoscere attentamente la situazione particolare del Brasile, chiedendo a Stédile essenzialmente quale fosse il miglior modello di gestione dei beni comuni (da lui differenziate dalle risorse naturali, generalmente mercificate e svilite); di tutta risposta, il nostro ospite ribadisce ancora una volta che l’alleanza tra il pubblico (leggasi amministrazione statale) e le comunità di base autorganizzate in una prospettiva di liberazione economica, sociale e culturale è l’uscita dal dilemma, la forma più efficiente, maggioritaria ed accettata dalla stragrande maggioranza della popolazione, non solo in Sudamerica ma in tutto il pianeta.

In conclusione, gli abbiamo chiesto, consapevoli della pesante difficoltà nel risponderci, quale possa essere l’alternativa al modo di produzione capitalistico entrato nella sua fase ultraliberista, predatoria, parassitaria e, quindi, alle sue evidenti contraddizioni intrinseche che, oggi più che mai, mostrano il loro volto disumano; convinti di una risposta contundente e puntuale, siamo stati soddisfatti quando immediatamente ha reagito con un “Serve autorganizzazione popolare di massa, unità e soprattutto una concezione del mondo fondata su Libertà con Giustizia sociale, protezione dell’ambiente e del diritto alla vita, all’acqua, alla salute, alla sanità ed all’istruzione gratuite, solidarietà internazionalista con tutti i popoli in lotta per un futuro migliore dove venga abolito lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ma soprattutto più socialismo, riferimento ideologico che attualmente la sinistra su scala mondiale sta smarrendo e rigettando ogni giorno che passa”.

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