26ott2016.- “Il parlamento sta violando una sentenza, perciò anche l’accordo che ha approvato per aprire un processo politico contro il Presidente Maduro è inattuabile”
Domenica scorsa, 23 ottobre, è stata convocata una sessione straordinaria della Asamblea Nacional [il parlamento venezuelano] nel Palazzo Federale Legislativo della Repubblica Bolivariana del Venezuela.
La agenda della sessione prevedeva diversi punti, tutti legati all’obiettivo centrale e fisso che l’opposizione alla rivoluzione bolivariana si è posta sin dall’anno 1998: non riconoscere il governo nazionale come legittimo. A partire dallo scorso gennaio, quando inaugurò la legislatura come maggioranza parlamentaria, l’opposizione sta utilizzando ora nuove strategie il cui fine è la destituzione del presidente costituzionale della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolás Maduro Moros.
Indetta questa sessione straordinaria, si è venuta a creare una manifestazione spontanea di diversi settori della popolazione venezuelana in difesa della Costituzione Nazionale e in rifiuto alle azioni intraprese dal Potere Legislativo per generare condizioni di rottura dell’ordine costituzionale nel Paese. Il parlamento nonostante ciò ha approvato un accordo in cui non riconosce le procedure e competenze stabilite dalla Costituzione riguardanti il normale esercizio della vita istituzionale del Paese e le competenze di ognuno dei poteri pubblici che la garantiscono.
In questo contesto, sono sorti diversi interrogativi sullo scenario informativo e politico, nazionale e internazionale, rispetto alla vera portata legale e alle conseguenze dei punti dell’accordo sulla scena nazionale: è in atto un colpo di Stato in Venezuela? Qual è la portata dell’accordo di domenica scorsa? Quali sono le conseguenze di queste azioni rispetto alle iniziative di dialogo nazionale?
Queste ed altre domande si sono fatte strada nell’opinione pubblica e in questo contesto Alba TV ha avuto l’opportunità di conversare con il Deputato del parlamento, membro dell’assemblea costituente, docente e giornalista Earle Herrera, per contribuire alla comprensione dei fatti.
ALBA TV (ATV): Si specula molto sulla portata reale dell’accordo che il parlamento ha approvato domenica scorsa, perciò le chiediamo: qual è la sua validità legale? Dal punto di vista costituzionale, è corretta la destituzione del presidente Nicolás Maduro?
EARLE HERRERA (E.H.): Il parlamento della Repubblica Bolivariana del Venezuela ha convocato una sessione straordinaria che, tra i suoi punti, includeva quello di analizzare la situazione costituzionale della Presidenza della Repubblica, materia che non è di sua competenza in quanto qualsiasi dubbio dal punto di vista costituzionale è prerogativa della Sala Costituzionale del Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ). Inoltre, la sessione era stata indetta anche per dare inizio a ciò che l’opposizione ha definito come un processo politico al Presidente Maduro; oltre che per designare nuovi rettori del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE, il Potere Elettorale) e nuovi magistrati del Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ, Potere Giudiziario). Ciò che sta facendo il parlamento oggi, è stato messo in atto nell’anno 2002, quando ci fu un colpo di Stato e fu approvato un documento denominato il “Decreto Carmona”. In esso si dichiaravano dissolti i poteri dello Stato, veniva destituito il Presidente e non si riconosceva la Costituzione come legittima. Quello attuale è un colpo di stato parlamentare, stile Honduras, Brasile o Paraguay.
La differenza è che il Parlamento non può né sulla forza popolare, né sulla forza militare, né sugli altri poteri pubblici, per poter raggiungere il proprio proposito, o meglio sproposito, come è stato approvato in questa sessione domenicale. Quindi adesso ha fra le mani questo documento e non sanno che farsene. Ci sono contraddizioni interne fra gli stessi partiti e gruppi che partecipano nella cosiddetta Unità Democratica (Mesa de la Unidad Democrática – MUD).
Noi, il Presidente della Repubblica, il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), li abbiamo convocati a dialogare in molteplici occasioni. Loro si sono rifiutati, perché pensano di poter emulare ciò che è stato fatto in altri paesi del Sud America.
Sin dal momento in cui iniziò l’attuale legislatura del parlamento, il 5 gennaio di quest’anno, il presidente del parlamento assicurò che in sei mesi avrebbe tolto di scena il Presidente Maduro. Questa è stata l’offerta che ha fatto ai suoi seguaci.
Ebbene, sei mesi sono ormai passati, ad essere precisi il giorno dell’Indipendenza (del Venezuela), il 5 luglio, ed il Presidente Nicolás Maduro è ancora a Miraflores [la sede dell’Esecutivo]. L’opposizione si è impuntata, ed hanno annunciato al Paese varie possibilità che chiamano “costituzionali e democratiche”. Queste opzioni sono state:
- Le dimissioni del Presidente. Le dimissioni sono un atto volontario: Nicolás Maduro non ha mai proposto né se lo è mai proposto, di dare le dimissioni.
- Una figura che loro chiamano “l’abbandono delle funzioni”. Il Presidente Nicolás Maduro è presente tutti i giorni a Miraflores, o si trova in qualsiasi altra parte del paese svolgendo le sue funzioni, e quand’è all’estero è perché sta rappresentato il Venezuela in qualità di Presidente Costituzionale. Quindi, questa del “abbandono delle sue funzioni” è una figura, come diciamo in Venezuela, presa per i capelli.
- Hanno tentato anche, in mezzo a queste opzioni, di approvare un emendamiento costituzionale, e ne hanno presentato la proposta al Parlamento. Solo che un emendamento per ridurre il mandato di un capo dello Stato non può essere retroattivo. Questo è un principio universale delle leggi. Di modo che non è applicabile al Presidente Nicolás Maduro.
- Un’altra possibilità, che in realtà è quella che avrebbero dovuto attivare sin dal principio, è quella del referendum revocatorio. Una figura che il movimento chavista, il movimento bolivariano, ha introdotto nella Costituzione del 1999, con l’assemblea costituente. Però l’opposizione ha attivato il processo del referendum cinque mesi dopo l’inizio della legislatura, e non si può realizzare quest’anno perché le norme che lo reggono stabiliscono tempi precisi per poter attivare un processo referendario: l’opposizione difatti non ha il tempo necessario per raccogliere le firme né per legalizzare una organizzazione come la MUD (visto che i partiti, non avendo partecipato alle elezioni, si trovano sotto la soglia del riconoscimento): devono legalizzarsi ed in seguito raccogliere la firma del 20% della popolazione votante per poter richiede l’attivazione del referendum. Tutto ciò prevede dei limiti di tempo stabiliti, che in realtà vanno ben oltre ciò che rimane dell’anno e perciò dovrà essere realizzato nel 2017.
La Costituzione stabilisce che se si revoca il mandato del Presidente prima (di raggiungere) la metà del suo periodo di governo, chi si fa carico della Presidenza del Paese è il presidente del parlamento, che nel lasso di tempo di trenta giorni deve convocare le elezioni generali. Però, se è stata oltrepassata la metà del periodo di governo, chi assume l’incarico della Presidenza è il Vicepresidente della Repubblica, che porterebbe a termine il mandato. Quindi l’anno prossimo, se l’opposizione attiva il referendum (visto che possono farlo), in caso di successiva vittoria ad assumere la Presidenza sarebbe il Vicepresidente della Repubblica, che attualmente è Aristóbulo Istúriz ma che in quel momento potrebbe anche essere un altro, e portare a termine il mandato del Presidente Nicolás Maduro, nel caso in cui fosse revocato.
Affinché il Presidente sia revocato, deve votare contro di lui una quantità di venezuelane e venezuelani che superi il numero di voti con il quale fu eletto nel 2013. In altre parole, più di sette milioni e mezzo di venezuelani dovrebbero andare a votare a favore della revoca di Nicolás Maduro, nel referendum. Quindi loro [l’opposizione] vogliono saltare tutti i passi stabiliti per legge e per questo cercano di accelerare il processo […] in una sessione che tra l’altro è spuria, inefficace e nulla.
Dico questo in base al fatto che il parlamento ha investito tre deputati la cui nomina è stata annullata dal TSJ a causa di gravi irregolarità elettorali commesse nello stato dell’Amazonas. Questi tre deputati, di conseguenza, sono stati interdetti e non devono far parte in questo momento del parlamento. Però il parlamento li ha accettati, violando la sentenza del TSJ, e fanno loro prendere parte alle votazioni. In base a ciò, il TSJ ha emesso una sentenza che stabilisce che finché quei deputati rimangano nel parlamento, quest’ultimo sta violando la legge e perciò tutti gli atti di votazione ai quali prendano parte sono inattuabili. Per questo motivo, non solo a causa delle irregolarità giuridiche di cui è pieno l’accordo di domenica scorsa, ma anche perché il parlamento sta violando una sentenza, questo accordo che è stato approvato per aprire un processo politico contro il Presidente della Repubblica è anch’esso inattuabile.
ATV: Uno degli argomenti che la destra ha cercato di far emergere a livello internazionale, è stato il tema secondo il quale esisterebbe uno sbilanciamento di potere, una mancanza di autonomia fra i poteri dello Stato. Lei spiegava la situazione in cui si trova il parlamento. Le chiediamo allora: c’è una rottura dell’ordine costituzionale in Venezuela? Esiste o no una divisione fra i poteri?
E.H.: Abbiamo visto, proprio domenica scorsa, che certi quotidiani hanno pubblicato in prima pagina il titolo “Dittatura”; e l’opposizione in quella sessione mostrava striscioni con su scritto “dittatura”. Nonostante ciò, la sessione straordinaria è stata realizzata, quei quotidiani circolano liberamente, scrivono di tutto sul governo o sullo stesso Presidente Maduro, e non accade loro niente.
Nella Costituzione del 1999, a differenza di altri paesi dove solo esistono i tre poteri classici (il Potere Esecutivo, il Potere Legislativo ed il Potere Giudiziario), in questa costituzione vennero aggiunti, dall’Assemblea Costituente altri due poteri, che già erano stati suggeriti da Simón Bolívar, il Libertador, nell’anno 1819 durante il Congresso di Angostura. Si tratta del Potere Morale e del Potere Elettorale, presente quest’ultimo anche nella fondazione della Repubblica Boliviana.
Questi cinque poteri hanno la stessa gerarchia: non esiste un potere che valga più di un altro. Ebbene, il capo dello Stato è il Presidente della Repubblica: capo dello Stato e capo del governo, in Venezuela, visto che abbiamo un regime presidenziale, è il Presidente della Repubblica. Nonostante ciò, gli altri poteri hanno ciascuno delle prerogative molto specifiche e nessuno di loro può annullarne un altro (o non riconoscerlo come legittimo). Perciò il parlamento non può destituire i magistrati del TSJ perché starebbe “pagando e dandosi il resto” in ambito giudiziario, usurpando funzioni che non sono di sua competenza perché formano parte delle prerogative degli altri poteri.
ATV: Lunedì 24 si annunciava l’inizio del dialogo tra il Governo nazionale e l’opposizione, con l’accompagnamento dell’UNASUR e del Vaticano. Cosa si aspetta lei, come deputato del PSUV, di fronte a questo dialogo con una destra che ha un curriculum destabilizzante, golpista, di incitazione alla violenza?
E.H.: Ho buone aspettative, perché il dialogo non si porta avanti con dei monaci francescani, il dialogo si porta avanti proprio con quei settori che menzionate ed è per questo che il dialogo è difficile.
Si tratta di settori violenti, sono settori che hanno dato un colpo di Stato nel 2002, che hanno paralizzato l’industria petrolifera venezuelana per due mesi portando la produzione del petrolio da 3 milioni 500 mila barili al giorno, a 20 mila barili al giorno, per distruggere l’economia del paese. Nel 2014 scatenarono quello che qui si chiama la “Guarimba”, che consiste nel bloccare strade, incendiare barricate, isolare interi quartieri. La risorsa della violenza è sempre stata nelle loro mani. Nel 2013, provocarono 11 morti quando non riconobbero l’elezione del presidente Nicolás Maduro, e nel 2014 provocarono 43 morti e migliaia di feriti; nel sabotaggio petrolifero le perdite si calcola siano state di 15 mila milioni di dollari. Durante la Guarimba, con gli incendi nei quartieri si calcola che i danni abbiano raggiunto i 10 mila milioni di dollari e ciò spiega, almeno in parte, la situazione economica che sta vivendo oggi il Venezuela. È con questi settori che dobbiamo stabilire il dialogo.
Il Vaticano, il papa Francesco, ha già mandato qui in Venezuela il suo rappresentante e sta invitando a riunirsi a fine ottobre sull’isola Margarita. Loro inizialmente hanno detto che avrebbero partecipato, ed adesso dicono di no. Perché vi sono, all’interno dell’opposizione, dei settori violenti, settori radicali, che si impongono di fronte ai settori equilibrati, democratici, che sanno che qui il dialogo è l’unico modo per uscire da questa situazione di crisi. Loro [i settori radicali] hanno già cercato di eliminare la Rivoluzione Bolivariana con tutti i metodi violenti possibili e immaginabili, ma non ci sono riusciti perché la popolazione è disposta a difendere questo processo di fronte alle situazioni più difficili in cui possa trovarsi il Paese.
Viene data loro un’eccellente opportunità, quando il Vaticano tende loro la mano. Ma qui i media privati minacciano i settori più moderati, perché i mezzi di comunicazione, o meglio i padroni dei mezzi di comunicazione, vogliono far tabula rasa e far sparire il chavismo dalla faccia della terra, che è un’impresa impossibile. Impossibile perché è parte di un sentimento nazionale, perché è una forza reale, storica, tellurica. È come eliminare il peronismo, come cercarono di eliminare il peronismo in Argentina: migliaia di morti, migliaia di desaparecidos, ma il peronismo è ancora lì. Cercare di eliminare una corrente storica è una pazzia.
Nonostante ciò, i proprietari dei media si pongono questo obiettivo, insieme a settori esteri come il Comando Sur degli Stati Uniti, che si pronuncia con frequenza contro il Venezuela. Come il signor Alvaro Uribe [ex presidente della Colombia], con l’aiuto delle forze paramilitari colombiane che si sono introdotte nel nostro Paese. Sono stati catturati paramilitari colombiani nei dintorni della capitale, qui a Caracas. Ed ora, il signor Almagro, segretario della OSA (Organizzazione degli Stati Americani). Il signor Almagro dovrebbe essere un portavoce della mediazione, un portavoce che cerca la riconciliazione e la pace. Il signor Almagro è il primo istigatore della violenza e del fatto che non si stabilisca un dialogo per cercare soluzioni ai problemi del nostro Paese. Il Presidente [della Bolivia] Evo Morales l’ha appena definito come un mercante di sovranità. Il signor Almagro sta vendendo la sovranità dei paesi alla potenza egemonica d’America e del mondo.
Questo è il cammino che dobbiamo percorrere, ma è l’unico cammino.
ATV: Stanno cercando di mettere in gioco la sovranità del Paese, la continuità della Rivoluzione Bolivariana, ma a livello regionale, dal suo punto di vista, cosa significa il Venezuela per la continuità dei processi di liberazione dell’America Latina? Cosa significa la continuità della Rivoluzione, non solo per le venezuelane ed i venezuelani, ma anche per il continente?
E.H.: Il Venezuela ha nel proprio sottosuolo la riserva petrolifera più grande del mondo, in tempi di crisi del petrolio e con la prospettiva per cui certamente ci stiamo avvicinando alla fine dell’era petrolifera. Oltre a trovarsi in questa situazione, il Venezuela, sin da quando è arrivata la rivoluzione Bolivariana con il Presidente Chávez, ha dato spinta ai movimenti integrazionisti dell’America Latina. Con il presidente Chávez, l’America Latina per la prima volta ha avuto voce propria, si sono fatti passi concreti verso l’integrazione. Non si è trattato solo di riunioni, discorsi, retorica. È stata creata Petrocaribe, che è un’impresa petrolifera integrata dal Venezuela e dai paesi dei Caraibi che non producono idrocarburo. È stata creata l’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR), che, a differenza della OSA – che è stata anche definita, da un ministro degli esteri cubano, “ministero delle colonie” – ha avuto per la prima volta una voce propria di fronte alla potenza egemonica. Il Venezuela attualmente è alla la presidenza del Movimento dei Paesi Non Allineati (MNOAL). Il Venezuela ha giocato un ruolo di primo piano nella creazione della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC). Dunque, in tutto questo processo di integrazione il Venezuela è stato l’avanguardia; e l’avanguardia va eliminata. Il serpente si uccide colpendolo alla testa.
Non che sia l’unica testa, perché lo è stata anche l’Argentina, il Brasile di Lula, la Bolivia di Evo Morales, il Nicaragua di Daniel Ortega. Ma, senza dubbio, con il Presidente Chávez il Venezuela si è messo a capo dei processi di integrazione della Patria Grande e questo ha preoccupato gli Stati Uniti, che adesso dicono che è affare loro e, come ha detto il signor Donald Trump, “si sono dimenticanti del loro cortile di casa”. Vogliono tornare.
Aristóbulo Istúriz, il Vicepresidente del Venezuela, diceva che si sta mettendo in atto un processo di ri-colonizzazione. Loro non vogliono venire qui per aiutare con lo sviluppo, affinché i paesi dell’America Latina possano competere sui mercati mondiali, no, no, no. Vogliono ri-colonizzare ciò che da molto tempo chiamano “il loro cortile di casa”.
ATV: Lei, domenica scorsa, quando è intervenuto in Parlamento, ha mostrato alla fine del suo diritto di parola, una maglietta con l’emblema degli occhi di Chávez. È stata un’azione simbolica: la destra si è spaventata, ha reagito, perché sembra che Chávez faccia loro paura. Ed è stato simbolico anche per il chavismo, per alzare il morale, emozionare, e ricordare ancora una volta che Chávez c’è ancora, che era lì nel parlamento con voi. Le chiediamo ora, per terminare quest’intervista: quale sarebbe il messaggio per la popolazione che oggi riceve il Presidente Maduro [di ritorno dalle riunioni con i paesi dell’OPEP] nel mezzo di una manifestazione popolare? Mentre in parlamento continua la cospirazione, qual è il messaggio per la popolazione chavista, che oggi forma i CLAP e le Comuni, e che è vittima della guerra economica?
E.H.: Nell’intervento che ho fatto domenica scorsa in parlamento, quando mi sono sbottonato la camicia e ho mostrato la maglietta con gli occhi di Chávez, ho fatto appello a una risorsa simbolica, di fronte a un parlamento che lì dispone di tutti i media a suo favore, e che non sempre mettono a fuoco quando un deputato chavista sta parlando, o riprendono dalle peggiori angolazioni. Un parlamento che aveva lì presenti i propri tifosi: mentre il popolo chavista era fuori e non lo lasciavano entrare, ai sostenitori dell’opposizione era stato consentito loro l’accesso per poterci intimidire quando stavamo parlando. In questi casi bisogna rispondere con le risorse dell’immaginazione, qui con una risorsa simbolica. Mostrare gli occhi di Chávez ha aiutato davvero a sollevare l’animo della popolazione che era lì fuori e so che oggi la popolazione che va a ricevere il Presidente Nicolás Maduro è guidata proprio da quello sguardo del Comandante Eterno della Rivoluzione, il Comandante Hugo Chávez. Ed è per questo che ho citato il suo ultimo proclama, quello in cui dice: “Non mancheranno coloro che in situazioni difficili cercheranno di portarci via la patria. Non ce la faranno.”
Il Presidente Chávez è stato lungimirante, per non parlare di profezie e che poi dicono che siamo superstiziosi. È stato lungimirante e ha predetto ciò che sarebbe successo in situazioni difficili, come quella che sta avvenendo oggi il Paese.
Per questo gli occhi di Chávez, che ho mostrato con la maglietta, illuminano il cammino.
[Trad. dal castigliano di Ilaria Arienta per ALBATV – si ringrazia Pablo Kunich Cabrera per la segnalazione]