
Romina Capone (sx) e Antonio Cipolletta (dx) della redazione di ALBAinformazione con la compagna Manuela D’Ávila
di Romina Capone
Napoli. Dal primo gennaio 2019 Jair Bolsonaro ha assunto la presidenza del Brasile. A chiusura del 2018 Manuela D’Ávila, parlamentare brasiliana, già candidata alla vicepresidenza del Brasile per il Partito Comunista do Brasil e per il PT di Lula, nelle uniche due tappe italiane di Roma e Napoli, quest’ultimo tenutosi il 13 dicembre 2018 presso la Sala “Annamaria Cirillo” della Città Metropolitana, avverte: “Il fascismo è tornato è minaccia le nostre ricchezze, i diritti umani e i diritti sociali”.
Le forze progressiste del mondo esistono e sono la voce dell’altra metà del popolo brasiliano che, nonostante il discorso sciovinista adottato da Bolsonaro, resiste.
Ad analizzare ciò che sta accadendo da anni fino alle ultime ore in Brasile, con la cerimonia di insediamento del neo presidente di estrema destra Bolsonaro, è Manuela D’Ávila. «Siamo molto preoccupati per quanto sta accadendo in Brasile e tutti i segnali che arrivano dal mondo intero ci allertano sulle difficoltà a cui andremo in contro». Fa autocritica e analizza gli errori del suo partito nei precedenti anni: «abbiamo sbagliato, non riusciamo a parlare direttamente con il popolo, abbiamo fatto degli errori, il mio paese vive un lungo processo di deindustrializzazione, abbiamo limiti perché non riusciamo a gestire il problema della sicurezza: sessantadue mila morti ammazzati nell’ultimo anno. Già da quindici anni il Brasile ha tentato di camminare da solo provando ad avere un commercio prioritario con i paesi del Sud e dominare le tecnologie per le estrazioni del petrolio. Siamo nel 2019 ma viviamo fermi al 2001. Nel 2008 comincia la crisi economica capitalista e siamo riusciti a tenere lontani i suoi effetti dal Brasile fino al 2011. Abbiamo tentato e cercato diverse soluzioni per combattere il capitalismo dall’interno senza gravare sul salario degli operai e sui contratti di lavoro. Nel 2013 parte un’azione di mobilitazione sociale per garantire e riconoscere diritti a tutte quelle persone che fino ad allora non ne avevano, alla gente più povera. Nel 2013 parte dell’America Latina ha avuto presidenti progressisti: Correa, Lula e Maduro. Nel 2014 Dilma Rousseff è al governo. La destra “democratica” brasiliana non riconobbe il risultato delle elezioni» . «Il Brasile già dal 2016 vive un governo di destra “democratica” che non è un governo Lula né Bolsonaro. Temer ex presidente del Brasile ha posto al centro delle azioni dei governo l’agenda di austerità. Ha generato una riforma del lavoro, ha cancellato tutte le leggi contro il lavoro nero, ha scritto un emendamento alla Costituzione Brasiliana in cui è proibito investire su finanziamenti pubblici per i prossimi venti anni e lo ha fatto nonostante negli ultimi trent’anni il Brasile ha già avuto riduzioni drastiche sugli investimenti pubblici. È in questi frangenti e in questi ambienti che è emerso Bolsonaro. Vivevamo una crisi e abbiamo avuto un indebolimento delle istituzioni, abbiamo avuto l’entrata dei giudici nella gestione interna del nostro Paese e abbiamo avuto l’assassinio di Mariel Franco e infine Lula, il quale avrebbe vinto senza dubbio le elezioni, detenuto ingiustamente».
Ma chi è Bolsonaro?
«Bolsonaro è un prersonaggio assolutamente autoritario. Agirà in due modi nel corso del suo mandato. Prima fase: farà entrare i militari nel governo. Perseguirà tutti coloro che la pensano diversamente da lui. Si scaglierà contro le associazioni e i movimenti sociali presenti sul territorio e i partiti di sinistra. Seconda fase, ancora più vicina al fascismo, non è solo la violenza dello Stato, qualsiasi diversità sarà considerata nemica. Non possiamo evitare che questo accada, ma possiamo e dobbiamo resistere», continua D’Ávila.
Chi sono i suoi nemici?
«I comunisti. Io non sapevo di fare parte del partito più grande del mondo – ironizza D’Ávila – perché tutti coloro che non hanno votato per lui sono comunisti. Quindi secondo Bolsonaro, chi sono i comunisti? Sono le donne, la Chiesa Cattolica, gli uomini che pensano che le donne debbano avere i propri spazi, i religiosi che credono che lo Stato debba essere laico. E quando Bolsonaro parla di tutto questo, dice che la violenza è giustificata, legittima. Ci sta rendendo disumani».
«Ho una bambina di tre anni – racconta D’Ávila – e la prima volta che mi hanno aggredita mia figlia aveva quarantacinque giorni, colpendola, sostenendo che la figlia di una comunista non è una bambina. Chi è stato? Non il governo ma la gente ispirata dall’ideologia del presidente eletto nel Paese».
«Bolsonaro deve ricordarsi che è presidente di un paese povero e il discorso reazionario nei paesi poveri è molto peggio che nei paesi ricchi. Questo significa che consegnerà il Brasile agli statunitensi, perché questo alimenterà il neocolonialismo e perché questi sono capi di stato che regalano i paesi poveri al capitalismo. Con certi personaggi al governo è inevitabile la fine del mercato unico dei paesi del Sud America. Stiamo per perdere le nostre ricchezze, i nostri diritti
umani e sociali. Ci sarà un cambio di gestione nelle politiche sociali e popolari. Avverrà una privatizzazione nel campo energetico e petrolifero».
«Tema più importante nelle elezioni brasiliane è stato il Venezuela. Ammiro e apprezzo molto il popolo fraterno venezuelano, ma perché quando giro per il mondo mi chiedono spiegazioni riguardo alla situazione venezuelana e non del Brasile? Semplice: preoccuparsi del Venezuela significa preoccuparsi del petrolio. Ma Brasile e Venezuela hanno una linea di confine unica al mondo: l’Amazzonia. Lì c’è l’acqua più pura al mondo. Questa frontiera custodisce la più grande biodiversità della Terra. Questo è il motivo per cui si inventa che il Brasile ha conflitti con il Venezuela. Il capitalismo antidemocratico mira all’Amazzonia».
«Le ultime elezioni in Brasile si sono basate sulle fake news, ma non intese come semplici bugie. In un giorno solo sono riuscita a smascherare settanta post falsi che mi riguardavano. Queste fake news sono arrivate a tredici milioni di visualizzazioni. Chi ha letto queste fake news? Le persone interessate all’argomento. È così che funziona il meccanismo del big data: generare dal nulla una notizia appositamente per catturare l’attenzione di quel pubblico interessato a quell’argomento specifico. Internet non è solo spazio di fake news ma organizzazione popolare, è scambio di idee, è organizzazione. Ma la destra “democratica” sta per mettere in atto l’unico mezzo di controllo in assoluto: la censura. Un meccanismo autoritario su di noi. Di fronte a tutto questo, la cosa più importante in Brasile è resistere e mantenere l’unità. La democrazia – così conclude Manuela D’Ávila – è la strada per il futuro».