Nicaragua: un’altra vittoria da festeggiare!

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Comunicato CC 13/2018 – 12 agosto 2018

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Dopo la diffusione del Comunicato CC 12/2018 del 6 agosto un compagno del P.CARC ci ha fatto osservare che l’imperialismo USA e la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti in America Latina hanno subito in questo periodo un’altra cocente sconfitta, precisamente in Nicaragua, un altro dei paesi dell’Alleanza promossa da Hugo Chavez. Anche questa è una vittoria da festeggiare e una lotta da cui imparare.

Il compagno ha perfettamente ragione e invitiamo tutti i nostri lettori a imitare la sua condotta: non risparmiarci critiche che ci aiutano a migliorare la nostra comprensione delle cose e la nostra attività. Anche in questo modo si contribuisce a far avanzare la rivoluzione socialista che è in corso nel nostro paese, promossa dal Partito comunista.

Effettivamente in questi giorni abbiamo in America Latina due vittorie da festeggiare e da far conoscere alle masse popolari del nostro paese, a incoraggiamento per la lotta che esse devono condurre: quella in Venezuela contro il tentativo di colpo di Stato dello scorso 4 agosto e quella contro il tentativo di “cambio di regime” in Nicaragua protrattosi da aprile a luglio 2018.

Da metà aprile 2018 l’imperialismo USA con i suoi complici e agenti locali hanno investito il Nicaragua con una campagna di attentati, rivolte, devastazioni e disordini con l’obiettivo di far dimettere il governo di Daniel Ortega e Rosario Murillo, alla testa del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) che nel novembre 2016 con più del 72 % dei voti espressi ha vinto per la terza volta consecutiva le elezioni presidenziali.

È stato un tentativo di colpo di Stato come quello che è loro riuscito in Honduras nel 2009 contro il presidente Manuel Zelaya, in Paraguay contro il presidente Fernando Lugo nel 2012 e in Brasile contro la presidente Dilma Roussef nel 2016.

Ma in Nicaragua il loro tentativo di “rivoluzione colorata” e di “cambio di regime” è fallito. Fattore importante è stato che il FSLN è erede di una lunga lotta rivoluzionaria di liberazione nazionale condotta contro i fantocci dell’imperialismo USA e culminata il 19 luglio 1979 con la cacciata di Somoza da parte delle forze armate rivoluzionarie del FSLN che tenne il governo del paese fino al 1990. In quell’anno il FSLN aveva dovuto cedere il governo dopo dieci anni di una guerra di logoramento finanziata e spalleggiata dagli USA. Ma con le elezioni presidenziali della fine del 2006 e sulla base di un accordo con la Chiesa Cattolica e l’associazione della borghesia locale (COSEP), ha preso nuovamente in mano il governo che è stato confermato dalle successive elezioni del 2011 e del 2016 e ha saputo resistere con fermezza e successo al tentativo di colpo di Stato di quest’anno. Il tentativo è stato apertamente appoggiato dagli infidi alleati del FSLN, il COSEP e gran parte della Conferenza Episcopale Cattolica e ha causato quasi 200 morti, migliaia di feriti e grandi danni materiali in strutture pubbliche e private di 23 (su 153) municipi del paese, tra cui Managua e altre importanti città, ma alla fine è fallito. La campagna di attentati, devastazioni e disordini si è esaurita alla fine di luglio e i sandinisti hanno festeggiato con grande partecipazione di masse popolari il 39° anniversario della cacciata di Somoza.

Con il Comunicato CC 12/2018 abbiamo 1. chiamato le masse popolari del nostro paese a festeggiare la vittoria del 4 agosto assieme con le forze progressiste bolivariane del Venezuela che hanno sventato il tentativo dell’imperialismo USA e dei suoi complici e agenti, di decapitare con un attentato il governo del Presidente Maduro, 2. sfidato il “governo del cambiamento” M5S-Lega a schierarsi a fianco del governo bolivariano del Venezuela contro la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti responsabile del corso catastrofico delle cose per porre fine al quale il 4 marzo scorso M5S e Lega hanno avuto ampio mandato elettorale, 3. illustrato gli insegnamenti che dalla lotta in corso in Venezuela dobbiamo trarre noi italiani per la lotta che stiamo conducendo.

La vittoria ottenuta in Nicaragua dal FSLN capeggiato dal Daniel Ortega e Rosario Murillo è non meno importante della vittoria ottenuta in Venezuela dal Fronte Patriottico capeggiato da Nicolas Maduro. Queste vittorie confermano che anche in America Latina la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti deve ricorrere a misure sempre più arrischiate per far proseguire il corso catastrofico delle cose che essa ha imposto al mondo dopo che ne ha preso nuovamente in mano la direzione a causa dell’esaurimento (negli anni ’70 del secolo scorso) della prima ondata della rivoluzione proletaria.

Il sistema politico che negli ultimi 40 anni ha servito i gruppi imperialisti della CI è in crisi in ogni paese imperialista e incontra difficoltà crescenti in tutto il mondo. Per loro natura i gruppi imperialisti non possono cambiare il corso delle cose: ognuno di essi deve continuare a tutti i costi ad aumentare la massa di denaro di cui dispone. Per questo devono devastare la terra, lanciarsi in grandi opere senza altra ragion d’essere che il loro arricchimento (in Italia vanno dalla TAV della Val di Susa al TAP della costa orientale della penisola), far produrre alle aziende sempre più cose inutili e dannose purché si vendano bene, licenziare i lavoratori di cui non hanno bisogno e far lavorare di più quelli che tengono, trasferire aziende dove far produrre gli costa di meno, cacciare milioni di persone dalla loro terra per farvi piantagioni, miniere e grandi opere e costringerli a emigrare, moltiplicare guerre civili, colpi di Stato e aggressioni, diffondere fame, miseria e abbrutimento. Ma in ogni paese l’insofferenza e l’indignazione delle grandi masse cresceranno sempre di più finché troveranno nei comunisti una direzione capace di guidarle a emanciparsi definitivamente dalla CI e a cambiare il corso delle cose: l’instaurazione del socialismo è non solo possibile ma anche necessaria.

La svolta nella politica mondiale è un fatto: è finita l’epoca segnata dall’avvento al potere di Margaret Thatcher in Gran Bretagna (1979) e Ronald Reagan negli USA (1981) e in Italia dal “divorzio” tra la Banca d’Italia e il governo della Repubblica Pontificia (1981) tacitamente imbastito da Aurelio Ciampi e Beniamino Andreatta con la complice benedizione di Enrico Berlinguer. Oggi quanto all’Italia sta a noi comunisti individuare le condizioni che questa svolta presenta nel nostro paese per far avanzare la rivoluzione socialista e giovarcene. La rivoluzione socialista è una guerra popolare rivoluzionaria promossa e diretta dai comunisti che culminerà nell’instaurazione del socialismo. I comunisti non stanno ad aspettare che la rivoluzione socialista scoppi. La storia del secolo scorso ha dimostrato che la rivoluzione socialista non scoppia. I comunisti si danno i mezzi per essere all’altezza del loro ruolo di promotori della rivoluzione socialista.

Rafforziamo il movimento comunista cosciente e organizzato!

Il futuro è nelle nostre mani!

Osare sognare, osare pensare, osare vedere oltre l’orizzonte della società borghese!

Osare vincere! Il nostro futuro lo costruiamo noi!

Nicaragua: nuovo trionfo per il FSLN

da L’Antidiplomatico 

I motivi della larga riconferma ottenuta da Ortega sono da ricercarsi nelle politiche sociali portate avanti in favore dei meno abbienti, oltre che negli investimenti pubblici

Il presidente uscente della Repubblica del Nicaragua, Daniel Ortega, viene riconfermato alla presidenza per il terzo mandato consecutivo. Il popolo si è espresso in modo chiaro: Ortega alla guida del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) ha ottenuto il 72,1% dei voti, mentre il suo avversario più vicino è stato Maximino Rodriguez del Partito Liberale Costituzionale (PLC) fermo al 14,2% delle preferenze. 

Alla notizia della riconferma di Ortega alla presidenza migliaia di simpatizzanti dell’FSLN si sono riversate per festeggiare nella strade di Managua. I sondaggi che davano Ortega in netto vantaggio non si sono sbagliati. Insieme all’ex comandante guerrigliero, come vicepresidente viene eletta Rosario Murillo. 

VIDEO dei Festeggiamenti

I motivi della larga riconferma ottenuta da Ortega sono da ricercarsi nelle politiche sociali portate avanti in favore dei meno abbienti, oltre che negli investimenti pubblici nelle infrastrutture, per l’elettrificazione del paese, per la salute e l’educazione.

Politiche di sostegno alla cultura e allo sport sono state implementate con forza e convinzione. 

Da non dimenticare lo sviluppo e il rafforzamento della cooperazione con la Cina, come si evince dai lavori per la realizzazione del canale del Nicaragua che sta attraendo numerosi investimenti nel paese. 

Da sottolineare che le elezioni si sono svolte in un clima disteso e senza la segnalazione di alcuna irregolarità nel paese da parte degli osservatori internazionali invitati ad assistere alla tornata elettorale.

Tra i messaggi di congratulazioni per questa nuova vittoria ottenuta dal Comandante Ortega, vi sono quello del Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolas Maduro che parla di «vittoria della Patria Grande in Nicaragua»; così come il leader cubano Raul Castro che afferma come con questa schiacciante vittoria «Nuestra America potrà continuare a contare sul Nicaragua per avanzare verso la giustizia e la prosperità per il nostri popoli». 

Nicaragua: il ‘Grand Canal’ garantirà l’indipendenza economica

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L’opera, secondo quanto spiegato dal dirigente sandinista Fonseca Terán, difenderà il paese dalle pretese dell’imperialismo

Il Segretario per le Relazioni Internazionali del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN), Carlos Fonseca Terán, ha spiegato che il ‘Grand Canal Interoceanico’ garantirà l’indipendenza economica del Nicaragua.

Durante il XIX Seminario Internazionale ‘I partiti e una nuova società’, tenutosi in Messico, Fonseca Terán ha ricordato che l’opera di collegamento tra l’oceano Atlantico e il Pacifico riaffermerà la sovranità di fronte alle rivendicazioni storiche imperialiste. A Washington sono a conoscenza delle conseguenze positive che avrà il canale per i sandinisti, ha aggiunto il Segretario.

Grazie a quest’opera, il Nicaragua non dipenderà dalle sue insufficienti materie prime e risorse naturali, mentre nel processo di costruzione non cederà il controllo del territorio nazionale a nessun altro paese, ha sottolineato il dirigente sandinista.

Fonseca Terán, ha infine evidenziato che nonostante la nazione centroamericana non disponga delle risorse necessarie per l’esecuzione del progetto, l’Autorità del Canale è composta e guidata principalmente da Nicaraguensi.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]

Gli Stati Uniti non cambiano

2567da itanica.org

«Chi provoca, nella nostra regione? Gli Stati Uniti. Chi danneggia questi vertici? Gli Stati Uniti. Perché non ci sarà un documento finale in questo Vertice?  A causa degli  Stati Uniti», ha detto il pomeriggio di questo sabato il Presidente della Repubblica, Daniel Ortega Saavedra, nel suo intervento dinanzi la seduta plenaria del Vertice delle Americhe, a Panama.

Il Comandante ha iniziato il suo discorso ricordando la risposta del Generale panamense Omar Torrijos  alla domanda di un giornalista che gli chiedeva come pensava di entrare nella storia, alla quale rispose  dicendo che quello che gli interessava era entrare nel Canale interoceanico insieme al suo popolo, il quale aveva sacrificato molte vite per ottenerlo. Poi, ha ricordato come alla fine si era imposto il dialogo e si era riusciti ad intavolare negoziazioni tra Torrijos e l’allora Presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter. 

Sottolineando l’importanza del dialogo, il presidente del Nicaragua ha segnalato che ai Vertici delle Americhe ci sono stati due grandi assenti: Cuba e Porto Rico e che però si è già  ottenuto che Cuba partecipi. Tuttavia, ha citato la canzone di Pablo Milanés: «Cuba e Porto Rico sono le due ali di un passero», dato che «Porto Rico è Latinoamericano e Caraibico».
 Ortega ha commentato il breve incontro che ha avuto luogo alla vigilia tra il leader indipendentista di Porto Rico Rubén Berrios, incluso nella delegazione nicaraguense al Vertice, con il Presidente Obama, e ha accolto favorevolmente le parole del Presidente statunitense circa la sua apertura al dialogo con Porto Rico, dato che si tratta di un popolo i cui diritti sono limitati.

Allo stesso tempo il rappresentante nicaraguense ha approfittato, visto che si era parlato molto di diritti umani nelle riunioni di vertice, per richiedere la liberazione di Oscar Lopez Rivera, che da 34 anni è detenuto negli Stati Uniti a causa della sua lotta per l’indipendenza di Porto Rico.

Il Comandante Daniel Ortega ha detto di come gli Stati Uniti si considerassero esempi di democrazia, di cui desideravano dare lezione imponendo loro dittature; e ha ricordato l’esempio di William Walker, l’intellettuale e giornalista che nel 1856 invase il Nicaragua e decretò la schiavitù. Ha altresì assicurato che l’antimperialismo in Nicaragua non è nato dal conflitto Est-Ovest.

Il comunicato degli Stati Uniti contro il Venezuela, ha detto, ci ricorda il ‘Comunicato Knox’, un ultimatum che gli Stati Uniti diedero al Presidente José Santos Zelaya  nel 1907 obbligandolo all’esilio a Parigi e che provocò una sanguinosa guerra civile. Cinque anni più tardi, «nel 1912 arrivarono le truppe yankee nel paese, e ancora non aveva trionfato la Rivoluzione di Ottobre» in Russia, ha ricordato. «Non è un problema ideologico», ha sottolineato.

Il problema, ha assicurato Ortega, è che «gli yankee non cambiano». Da una parte, ha detto, fanno un cenno a Cuba, dall’altro fanno un attacco al Venezuela.

Tuttavia, quello che i paesi latinoamericani hanno con il Venezuela, sono programmi sociali: magari gli Stati Uniti si mettessero a competere col Venezuela in questo ambito, ha aggiunto.
 
Il Comandante Daniel Ortega ha commentato le intenzioni di cambiamento espresse dal Presidente statunitense constatando che la politica degli Stati Uniti non è quella di un Presidente, bensì quella di un Impero. Ha sottolineato come la ragione per cui gli Stati Uniti si sono sviluppati maggiormente dei popoli al di sotto del Rio Bravo non dipende dal fatto che siano più intelligenti, bensì dal fatto che la potenza del nord deriva dal trasferimento dell’ avanzato Impero Britannico in America del Nord, cosa che ha dato agli Stati Uniti una natura imperialista. 

In questo senso i tempi non sembrano essere cambiati, ha aggiunto; e anche se Obama sembra essere una persona di buona volontà, l’Impero gli pone limiti di azione, e se la macchina degli interessi imperialisti capisce che esce dalla linea, «allora lo assassinano. In questo momento a Obama staranno piovendo addosso insulti negli Stati Uniti perché si riunisce con Cuba», ha commentato.

Il Comandante Ortega ha qualificato l’ordine esecutivo di Obama contro il Venezuela come «un attacco contro la Nostra America», e ha aggiunto che come Latinoamericani hanno il diritto di pensare che il modo di agire degli Stati Uniti, che da una parte intavolano un dialogo con Cuba e allo stesso tempo alzano il livello delle minacce contro il Venezuela, obbedisca ad un piano.

Si è riferito alle ultime spiegazioni fornite dal governo degli Stati Uniti, cioè che dovevano mettere nell’ordine esecutivo che il Venezuela rappresenta una minaccia per loro a puro titolo di  formalità, solo per impedire l’entrata nel loro territorio di alcuni funzionari. “Se si tratta di negare visti, perché c’è bisogno di un decreto?”, si è chiesto. «Se a noi negano visti tutti i giorni!», ha affermato, aggiungendo come sia inaccettabile che per negare visti debbano andar dicendo che gli altri paesi rappresentino una minaccia.
 
Il Presidente ha continuato la sua riflessione dicendo che, invece di partecipare al presente Vertice per parlare di temi quali equità, prosperità ed educazione, ha dovuto partecipare per parlare dell’inammissibile Decreto degli Stati Uniti contro il Venezuela.

Ha aggiunto che non dobbiamo farci illusioni sul fatto che gli Stati Uniti faranno marcia indietro sul Decreto contro il Venezuela in un futuro prossimo, se consideriamo che sono  voluti  loro 50 anni per iniziare a riconoscere il fallimento del blocco a Cuba – e a proposito di questo ultimo, ha pregato Dio affinché Obama ottenga l’approvazione del Congresso al suo annullamento prima della fine del suo mandato presidenziale.

Il Comandante ha poi continuato col tema dei progetti sul gas nella regione, tema che provoca grande preoccupazione al governo del Nicaragua perché tali progetti vanno a collidere con gli obiettivi ambientali, in quanto si tratta di risorse non-rinnovabili e inquinanti. 

Il Presidente ha ricordato che il suo paese è andato aumentando la produzione di energia elettrica a partire da risorse rinnovabili, arrivando a più del 60% di produzione di energia da fonti pulite. Il problema è che, con la caduta del prezzo del petrolio, questo tipo di progetti non sono più redditizi. “Come si può equilibrare questa situazione, se si costruiscono gasdotti che dal Nord America portano alla regione prodotti più convenienti?”. 

Il Comandante ha suggerito che sarebbe necessario sovvenzionare la produzione di energia da fonti rinnovabili affinché, almeno in Centroamerica, la introduzione del gas venga razionalizzata.

Chi provoca, nella nostra regione? Gli Stati Uniti. Chi danneggia questi vertici? Gli Stati Uniti. Perché non uscirà un documento finale da questo Vertice? A causa degli Stati Uniti, perché c’era consenso su quasi tutto,  fuorché sul tema del Decreto contro il Venezuela, ha detto il Presidente. 

Ortega ha terminato il suo intervento appoggiando il processo di pace in Colombia, il diritto dell’Argentina alle Isole Malvinas ed esprimendo il suo sostegno alla domanda di restituzione a Cuba della base militare di Guantanamo. 
 
Discorso del Presidente Comandante Daniel Ortega al VII Vertice delle Americhe, 11 Aprile 2015.
Grazie, stimata Vicepresidente di Panama, Isabel Saint Malo.

Ieri, quando conversavamo durante la riunione del SICA (Sistema di Integrazione Centro Americana, ndt ) con il Presidente Obama, dicevo prima al Presidente Juan Carlos Varela che ho ricordato una frase del Generale Omar Torrijos detta in una delle tante interviste che gli hanno fatto. 

Chiesero al Genarale Torrijos: “E lei come pensa di entrare nella storia?” Lui rispose: “Io quello che desidero è entrare nel Canale”. E lì è il Canale, nelle mani del Popolo  Panamense. Dopo che è stato versato molto sangue. Dopo che furono assassinati molti studenti, giovani panamensi che lottavano per quel Canale.

Alla fine si è imposto il dialogo. In questo dialogo, furono il Generale Torrijos e il Presidente Jimmy Carter coloro che alla fine trovarono il modo di far arrivare il Canale nelle mani del Popolo Panamense. Il dialogo!

Dicevo al Presidente Obama quanto ci faccia felice che oggi ci sia Cuba in questo Vertice delle Americhe. E gli ricordavo che durante il Vertice tenutosi a Trinidad e Tobago gli manifestai che in quella occasione c’erano due grandi assenti: Cuba e Porto Rico. 

Bene, già c’è Cuba. Manca Porto Rico. Porto Rico è latinoamericano, caraibico! “Sono le due ali di uno stesso passero” disse un poeta, o una poetessa portoricana, “Cuba e Porto Rico”. Due ali di uno stesso passero.

E Porto Rico, me lo ricorda qui il nostro fratello Ruben Berrios Martinez che ci accompagna, Presidente del Partito Indipendentista di Porto Rico; ci ricordava che a partire dall’anno 1898, Porto Rico ha uno status coloniale. E’ per questo che all’interno della CELAC (Comunità degli Stati Latino Americani e dei Caraibi, ndt) abbiamo raccolto questa rivendicazione. E’ per questo che anche alle Nazioni Unite  è stato sollevato il tema di Porto Rico nel Comitato di Decolonizzazione.

E io lo dicevo al Presidente Obama: “Presidente, se le Hawaii avessero mantenuto lo status di Porto Rico, lei non sarebbe il Presidente degli Stati Uniti….” E’ così semplice; perché il Popolo di Porto Rico non ha diritto! Benché dicano che è uno Stato libero e associato negli Stati Uniti, non hanno la libertà di aspirare a diventare presidente degli Stati Uniti, per esempio. Perché è uno Status Coloniale.

E per questo quando ci sono le votazioni… Perché mi diceva il Presidente Obama: “Però quando ci sono le votazioni..” Si, quando ci sono elezioni, è vero che c’è una parte della popolazione che vota favorevolmente a che Porto Rico diventi una volta per tutte  Stato degli Stati Uniti, e un’altra parte della popolazione che rivendica il diritto legittimo di Porto Rico ad essere indipendente, e a far parte di questa famiglia a cui realmente appartiene. 

La verità è che lui mi diceva di essere aperto al dialogo con Porto Rico, e che bello che il Presidente Obama sia aperto al dialogo con Porto Rico! E ieri sera lui era lì, si è incontrato alla cena con Ruben e si sono dati la mano. E Ruben gli ha illustrato  il tema  di Porto Rico, e il Presidente Obama gli ha detto che è disposto a parlare. Bene, è bene che parli con i lottatori per l’indipendenza di Porto Rico.

Perché le Autorità di Porto Rico sono subordinate agli Stati Uniti. Non rappresentano la volontà del Popolo di Porto Rico. Perché in fin dei conti, quello che è il tema dell’autodeterminazione, dell’indipendenza di Porto Rico, lo hanno lasciato in disparte, e si tratta di un Popolo con diritti limitati,  una nazione con diritto limitato.

E venendo a questo Vertice, ci troviamo con denunce, detenuti di qua, detenuti di là, e non ci possiamo dimenticare che c’è 
un prigioniero politico, un patriota portoricano… Oscar Lopez Rivera, che è in prigione da ormai 34 anni. Il suo delitto? Lottare per l’indipendenza di Porto Rico! 34 anni!

E noi vogliamo, da questa tribuna, appellarci una volta ancora agli Stati Uniti, affinché liberino Oscar Lopez Rivera!  Che non è altro che un dovere che hanno verso il Popolo di Porto Rico, che tengono sottomesso, soggiogato. Ed è una battaglia che si continua a portare avanti.

Ascoltavamo con attenzione ieri, durante il SICA, le parole del Presidente Obama, e io direi oggi che egli è stato molto più aperto rispetto a quelli che sono i temi che hanno provocato, e provocano ancora, conflitti nelle relazioni tra gli Stati Uniti e la Nostra America Latina e Caraibica.

Ha parlato della storia; egli stesso ci ha ricordato, e io ricordo le notizie di quei giorni in cui ha celebrato la lotta per i diritti civili guidata da Martin Luther King, e  si è recato nel posto in cui furono assassinati combattenti a favore dei diritti civili. 
Furono assassinati dal razzismo di una società che già allora si vantava di essere la portabandiera della “Democrazia” nel mondo, e nel pianeta; che voleva dare lezioni di democrazia ai popoli, imponendoci dittature e tiranni. 

Per cui, a causa della sua politica espansionista, al Nicaragua toccò un Presidente yankee, che la prima cosa che fece fu di instaurare la schiavitù. Il Nicaragua già indipendente dalla Spagna… anno 1821, indipendente dalla Spagna.

1854-56: le imprese navali nordamericane in lotta per il controllo di una via di transito dalla costa est alla costa ovest degli Sati Uniti attraverso il Nicaragua, portarono allora espansionisti nordamericani del sud degli Stati Uniti, che anteriormente avevano tentato di appropriarsi di Sonora per annettere anch’esso al sud degli Stati Uniti.

Arrivarono in Nicaragua e con la forza delle armi, bene, Presidente degli Stati Uniti: il Signor William Walker. Era un giornalista, un intellettuale, un fascista, un razzista; avvocato, giornalista, intellettuale, bene, primo decreto: la schiavitù in Nicaragua.

Alla fine fu abbattuto; bene, perché tutto il Centroamerica vide che l’espansionismo yankee interessava tutta la regione, e si fece la Unione dei Centroamericani che affrontò con le armi il filibustiere che incendio le città del Nicaragua. 

E come si può dimenticare la storia? Perché l’anti-espansionismo, l’anti-imperialismo in Nicaragua non nascono col conflitto Est-Ovest. Niente ha a che vedere col conflitto Est-Ovest! Se l’Unione Sovietica non esisteva ancora!  Non aveva ancora trionfato la Rivoluzione di Ottobre, e già gli yankees stavano intervenendo in Nicaragua.
 
E poi, come ci preoccupiamo quando arriva questo comunicato contro il Venezuela. A noi  ricorda immediatamente il Comunicato Knox… il Segretario di Stato degli Stati Uniti che in nome del Governo degli Stati Uniti diede un ultimatum al Presidente del Nicaragua  José Santos Zelaya nell’anno 1907. Un ultimatum, e il Presidente Zelaya dovette andarsene in Francia, fuggire, e iniziò da là una guerra di patrioti nicaraguensi contro l’intervento yankee. E arrivarono poi nel 1912 le truppe yankees nel nostro paese… 1912, non aveva ancora trionfato la Rivoluzione di Ottobre.
 
Non è un problema ideologico, compagn@. Almeno, quello del Nicaragua non è un problema ideologico.  Non ha niente a che vedere col pensiero di Marx, Engels, né di Lenin. Il Nicaragua non aggredì gli Stati Uniti, è l’espansionismo yankee quello che arrivò nelle nostre terre quando ancora questi non trionfavano. In seguito gli altri interventi, e Sandino in lotta.
E’ per questo che quando noi sentiamo di questo comunicato che dice che il Venezuela rappresenta una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti… beh, dietro un comunicato come questo subito accorre la storia. Ritorna la storia. E che diciamo? Gli yankees non cambiano. Questo è ciò che diciamo. 
 
Gli yankees non cambiano! Da un lato, un gesto verso Cuba, dall’altro, un attacco al Venezuela. E’ un gesto verso Cuba, è un gesto verso l’America Latina, indubbiamente. E’ un gesto verso il   mondo che ha lottato affinché si rimuova l’embargo, il blocco. 
 
Il gesto verso il Venezuela è un attacco contro i nostri Popoli, contro l’Unità Latinoamericana e Caraibica. Quello che abbiamo dal Venezuela nella nostra regione, sono programmi di solidarietà. La complementarietà, il commercio giusto. Questo è quello che abbiamo nella regione col Venezuela. In Petrocaribe, nell’ALBA (Allenza Bolivariana per i Popoli di Nostra America, ndt) non c’è nessun progetto di tipo militare col Venezuela. Sono tutti programmi di ordine sociale. 
 
Beh, magari gli Stati Uniti si mettessero a competere col Venezuela in questo campo, così, alla stessa maniera. Sarebbe magnifico se gli Stati Uniti si mettessero a contribuire come lo fa il Popolo Bolivariano, senza condizioni. Grazie a questa iniziativa, al cuore immenso del Comandante Hugo Chavez, che con Fidel furono i creatori di questo progetto.  E ora Nicolas che gli sta dando continuità.
 
E non ripeterò quanto stavo loro dicendo nel pomeriggio, che la politica nordamericana non è la politica di un Presidente. E’ la politica di un Impero. Gli Stati Uniti sono un Impero… chiaro che sono un Impero!
 
E perché sono un Impero? Perché si sono sviluppati più di noi Latinoamericani? Non è per il loro ingegno, non per le loro grandi capacità, non perché siano più intelligenti dei Latinoamericani e dei Caraibici… no! Semplicemente perché si è trattato del trasferimento dell’Impero Britannico nelle terre nordamericane che appartenevano ai popoli originari, i quali furono sterminati.
 
E l’Impero Britannico  era il paese più sviluppato dell’epoca; logicamente, essendosi fatto il padrone di quelle terre e di quei territori, vi trasferì tutta la sua conoscenza, tutta la tecnologia, tutta la scienza; la Rivoluzione industriale, dove avvenne il gran salto se non in Inghilterra? Questo spiega perché gli Stati Uniti abbiano una natura imperialista! Si tratta dell’Impero Britannico trasferitosi nel territorio nordamericano; espandendosi e subito entrando in contraddizione. Logicamente entrarono in contraddizione già dal momento che si installarono.
 
Il braccio dell’Impero Britannico si installa negli Stati Uniti e da subito sorgono le contraddizioni; contraddizioni economiche, contraddizioni commerciali, per le imposte… E arrivano le guerre. Ossia, non è altro che il processo, il processo di sviluppo che stava raggiungendo l’Europa, che si trasferì negli Stati Uniti, in quella che noi oggi chiamiamo tecnologia di punta. Si trasferì là, negli Stati Uniti.
 
Qui, nelle nostre terre, vennero le nazioni che avevano la tecnologia, e che ancora continuano ad essere le nazioni con la tecnologia e con lo sviluppo economico più basso d’Europa, che sono la Spagna e il Portogallo. E venne anche l’Inghilterra, che si appropriò della metà del territorio del Nicaragua, e se la disputò con la Spagna.
 
E in seguito l’Inghilterra si appropriò anche delle Malvinas; e lì sta ancora, nelle Malvinas, l’Inghilterra, l’Impero Britannico! Lo stesso Impero il cui braccio fece un salto fino al territorio nordamericano, la cui scienza, la cui tecnologia, la cui cultura si spostarono nel territorio nordamericano, e che spiega quel fenomeno. 
 
Invece qui, in queste terre, nacque una nuova cultura.  Quella era la vecchia cultura europea trasferitasi al Nord della Nostra America. Qui era la cultura meno sviluppata d’Europa… Spagna, Portogallo, gli imperi meno sviluppati trasferiti nel nostro territorio;  e, sterminando in molti casi la nostra popolazione indigena, e in altri casi mescolandosi, alla fine hanno dato realmente luogo ad una nuova civilizzazione. Siamo una cultura molto giovane, e questo spiega come quelli là, con il loro grande sviluppo, pensarono immediatamente di diventare padroni di tutta la Nostra America.
 
E parrebbe che i tempi non sono cambiati, perché, che bravo il Presidente Obama! Dico io, è una persona di buona volontà; ascoltando il suo discorso, è una persona di buona volontà. Però, in che condizioni governa? Fino a che punto egli può prendere decisioni negli Stati Uniti? Dove stanno i limiti che gli impone il sistema?
 
Là c’è un sistema, c’è un meccanismo che mette i presidenti affinché servano a tale meccanismo economico, finanziario e militare. E se il meccanismo sente che il presidente devia, lo assassinano, lo ammazzano, come fecero con Kennedy. Non si è mai saputo che ha assassinato Kennedy.
 
Io sono sicuro che al Presidente Obama staranno piovendo addosso maledizioni ed insulti là negli Stati Uniti, per essersi riunito qui con Cuba. Gli staranno piovendo addosso maledizioni, e lo chiameranno “comunista”, perché questo gli hanno detto in altre occasioni. Gli grideranno “comunista!”. Gli diranno perfino che è islamista, e tireranno fuori tutto il razzismo che ancora possiedono, le forze più oscure negli Stati Uniti. Ma lui ha avuto il coraggio di fare questo passo con Cuba.
 
Dall’altro lato, però, l’attacco contro il Venezuela, che è un attacco contro la Nostra America, contro la CELAC, contro tutti noi, e abbiamo il diritto di pensare che si tratti di un piano… bene, cercheremo insieme a Cuba di trovare una via distensiva. L’America Latina, è chiaro che ha aperto relazioni con Cuba, nessuno pone blocchi a Cuba; il mondo chiede che cessi il blocco contro Cuba.
 
Cuba non si è arresa, ha resistito; però adesso si va contro il Venezuela! Perché il Venezuela non è un paese democratico; con 20 elezioni, non è un paese democratico! Perché adesso il Venezuela è il diavolo, è il male, perché sta portando un esempio di solidarietà ai popoli di Nostra America! E allora, un colpo di qua e una mano di là. Parrebbe una manovra, e abbiamo il diritto di pensarlo. 
 
Per cui, è importante, il Governo degli Stati Uniti, il quale ha dichiarato che tale Decreto non stigmatizza realmente, o non vuole dire, perché lo dice? Adesso dice che il Decreto non dice quello che il Decreto dice: che il Venezuela rappresenta una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti. Questo dice il Decreto.
 
Però adesso abbiamo un’altra interpretazione: il Decreto non vuole dire ciò. Se si tratta semplicemente di negare visti e proibire conti negli Stati Uniti a qualsiasi cittadino di Nostra America e del Caribe, lo fanno già tutti i giorni senza necessità di un decreto. Saremmo pieni di decreti, allora, perché in tutti i nostri paesi negano visti. In tutti questi paesi negano visti.
Quando capita a noi di viaggiare negli Stati Uniti, dobbiamo affrontare procedure speciali per ottenere il visto, e ce lo danno pure limitato, il visto. Là abbiamo innumerevoli autorità, e in altri paesi latinoamericani che sono senza visto, non possono andare negli Stati Uniti.
 
Sta bene, è un loro diritto, così come noi abbiamo il diritto di dire che i senatori nordamericani, che i funzionari nordamericani non devono entrare nel nostro paese… è nostro diritto!
 
E’ un loro diritto, sta bene; noi non stiamo chiedendo loro di darci visti. Quello che è inaccettabile è che, per revocare visti, utilizzino il concetto che il paese ai cui cittadini stanno negando i visti sia una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti.
Lì sta il pericolo! Lì sta la minaccia per la sicurezza del Venezuela e per la stabilità di tutta la regione. Perché noi siamo qui a lottare, notate bene, con questa agenda “Prosperità con Equità, Educazione”, e all’improvviso ci cade addosso questa bomba.
 
Se è vero che qui dovevamo venire a parlare di questo, di equità, prosperità, educazione e salute. Di questo dovevamo stare qui a parlare; ma la verità è che anche quando si è fatto uno sforzo per affrontare questi temi, l’interesse della comunità internazionale e dei nostri popoli non si è concentrato su questi temi, ma si è concentrato sul fatto che si è aperta una breccia con l’America Latina, dal momento che gli Stati Uniti lanciano un Decreto del genere contro il Venezuela.
 
Ci sono già state dichiarazioni da parte della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici, di cui la posizione è chiara. Cioè, è un Decreto inammissibile, inammissibile! Gli Stati Uniti lo ritireranno? Molto difficile. Difficile, molto difficile che lo ritireranno. Ci sono voluti 50 anni affinché riconoscessero che si debbano avere relazioni normali con Cuba, e si debba riflettere sul fatto di togliere l’embargo. Che si dovrà vedere, si dovrà vedere se tolgono l’embargo.
 
Si dovrà vedere, perché? Perché non lo può decidere il Presidente Obama, già lo ha detto qui, lo abbiamo sentito… Non ci facciamo illusioni! Felici si per il passo che si è fatto, però c’è ancora tanto cammino davanti, e c’è tanta resistenza là negli Stati Uniti, lo sappiamo, contro le misure che persino localmente ha preso il Presidente Obama a favore dei poveri.
 
Gli hanno bloccato i programmi a favore della salute negli stessi Stati Uniti. Lo hanno bloccato sul tema dell’immigrazione, chi? Chi domina il Congresso. E allora, quanto tempo passerà perché si concretizzi la sospensione del blocco? Dio voglia che il Presidente Obama riesca a persuadere il Congresso, affinché il blocco si tolga prima che il Presidente Obama lasci la Presidenza degli Stati Uniti. Dio voglia!
 
E nell’immediato cosa speriamo? Speriamo che gli Stati Uniti siano realmente coerenti con quanto ha oggi manifestato il Presidente Obama, anche quando ha detto che il tema della sicurezza non esiste in relazione al Venezuela. Lo ha detto.
 
Adesso deve dimostrarlo con fatti, con gesti, con atti. Come dicono loro: abbiamo bisogno di gesti. Bene, anche noi abbiamo bisogno di gesti da parte loro. Perché solo loro hanno diritto ad esigere gesti da parte nostra? Noi siamo obbligati ad esigere gesti da parte loro; perché ci preoccupano a tutt@. Creano una situazione di insicurezza in tutta la regione, quando invece dovremmo star affrontando quei temi che menzionavo… i temi riguardanti la crescita dell’economia; il tema
del gas che ieri ha affrontato lo stesso Presidente Obama.
 
Perché si sta parlando del gas, ve lo voglio dire, fratell@ Latinoamerican@ e Caraibic@; si sta parlando allegramente del gas e in Nicaragua siamo preoccupati sul tema del gas. Perché? Perché il tema del gas, così come si sta prefigurando, viene a scontrarsi con quella che è stata la cultura a favore dell’ambiente che si è andata favorendo a livello globale: l’energia rinnovabile. Il gas non è rinnovabile.
 
Per quanto gas possa avere il Canada, per quanto gas possano avere gli Stati Uniti, o altre regioni del mondo, si tratta di risorse limitate, finite; non sono rinnovabili. E in più sono inquinanti… chiaro, non inquinano tanto quanto il carbone, però inquinano. E l’ideale, per poter avanzare in quelle che sono le scommesse dell’agenda ambientale e del riscaldamento globale, è includere le risorse rinnovabili nella  produzione di energia; quindi, come possiamo fare per gestire ciò?
 
In Nicaragua abbiamo aumentato il ricorso a risorse rinnovabili. Ricordo che il Presidente Chavez ci diceva: lavorate sulle risorse rinnovabili, su progetti rinnovabili. Ci consigliava. E noi siamo avanzati in questa direzione; più del 60% dell’energia in Nicaragua si genera da fonti rinnovabili.
 
E in questo momento c’è stata una valanga di investitori disposti a finanziare più progetti rinnovabili. Abbiamo dovuto trattenerli. Perché? Perché le tariffe non ripagano il costo della produzione di energia da fonti rinnovabili; in questo momento con la caduta del costo del petrolio si mettono a rischio i progetti basati sulle fonti rinnovabili. Con la caduta del prezzo del petrolio è più conveniente generare energia con petrolio bunker fuel, come lo chiamano; è molto più conveniente che farlo da fonti rinnovabili. E’ più costoso con queste.
 
E allora, si tratta di situazioni complesse perché tutti vogliamo energia a basso prezzo. Si, desideriamo energia economica. Bene, esiste la possibilità di sviluppare dotti e gasdotti dagli Stati Uniti, dal Canada, dal Messico, verso il Centroamerica, magnifico! Però, come si può equilibrare ciò, e chi investe, o chi sovvenziona l’energia da fonti rinnovabili? Perché in queste condizioni bisognerebbe sovvenzionare l’energia da fonti rinnovabili.  
 
Proprio ora in Nicaragua stiamo sovvenzionando l’energia da fonti rinnovabili. Perché? Perché abbiamo un’offerta di energia da fonti non rinnovabili, e abbiamo un’offerta di energia da fonti rinnovabili che era più conveniente, e cosa reclamano gli impresari, cosa reclamano gli investitori? Vogliamo energia economica, dicono. Lo sapete voi stessi, la prima cosa che chiedono nei vostri paesi è energia a basso prezzo.
 
E che cosa ci dicono? L’energia più cara in Centroamerica è quella in Nicaragua. Però il fatto è che noi ci siamo impegnati con l’energia da fonti rinnovabili, e tale energia è cara. Chiaramente, coi prezzi che aveva il petrolio tempo fa, era più conveniente; però adesso l’energia da fonti rinnovabili è più cara.
 
Questo è un aspetto che noi vogliamo portare nei differenti Forum in cui si trattano questi temi, affinché si possa razionalizzare la introduzione del gas per lo meno in quella che è la regione del Centroamerica, dove siamo molto impegnati in questo senso; ci sono altri paesi come il Costa Rica che hanno energia da fonti rinnovabili quasi al 100%. E si pone pertanto questo dilemma. 
 
Sono temi che dovremmo stare qui ad affrontare, però non ci hanno lasciato più opzione. Perché? Perché in questi Vertici, per quanto riguarda i temi di ordine politico, già ci siamo felicitati con Cuba. Semplicemente, saremmo qui a salutare nuovamente la presenza di Cuba, la decisione degli Stati Uniti, e non ci saremmo infilati nel tema del Venezuela.
 
Chi provoca? Gli Stati Uniti. Chi danneggia questo Vertice? Gli Stati Uniti. Perché non c’è una Dichiarazione del Vertice? Gli Stati Uniti. Perché gli Stati Uniti, logicamente, non vanno a sostenere il 3%. Perché il presidente Varela ha dichiarato che il 97% del Documento ha il consenso in tutti gli aspetti economici e sociali che riguardano i temi che sono in agenda. 
 
Però c’è un 3% che non riscuote il consenso: il tema politico. E qual è il cuore del tema politico? Il Decreto. E quindi, con quel Decreto, non hanno fatto altro che eliminare la possibilità di una Risoluzione che avremmo firmato tutti noi contenti, e qui avremmo marciato tutti molto contenti e fiduciosi, logicamente, volendo avere fiducia nella volontà espressa dal Presidente Obama riguardo la politica nordamericana nei confronti dell’America Latina e del Caribe.
 
Ma, come ho detto all’inizio, il dialogo è la unica cosa che ci rimane in questo ambito. Noi sosteniamo lo sforzo che sta facendo il Presidente Santos là in Colombia a favore della pace. E sosteniamo anche l’Argentina in tutti i suoi sforzi affinché quei territori (le Isole Malvinas, ndt) ritornino ai suoi legittimi proprietari, e affinché il territorio di Guantanamo torna anch’esso al suo legittimo proprietario, che è Cuba.
 
Molte grazie, stimata Vicepresidente Isabel Saint Malo. E i nostri saluti vadano al Presidente e al Popolo di Panama.

Daniel Ortega: si costruisce un Nicaragua per sradicare la povertà

La Voz del Sandinismo –  «Ora, fratelli, famiglie nicaraguensi, stiamo costruendo questo Nicaragua in pace, con stabilità, in modo sicuro, per sradicare la povertà», ha dichiarato il presidente Daniel Ortega in un messaggio al popolo, in occasione 37° anniversario del passaggio all’immortalità del Comandante Carlos Fonseca Amador.*

Durante un evento politico-culturale tenutosi sotto una torrenziale pioggia nella Piazza de la Revolución di Managua, Daniel ha indicato che la consegna di titoli di proprietà alle famiglie di Matagalpa e di Jinotega altro non è che l’espressione della volontà del Governo di Sandino, di Carlos, del Pueblo Presidente, di venire incontro ai lavoratori e ai contadini del paese, restituendogli i loro diritti.

«Qui stiamo combattendo le battaglie, per realizzare i tuoi sogni Generale Sandino, i tuoi sogni Comandante Carlos, per consegnare la proprietà agli agricoltori e alle famiglie del Nicaragua», ha detto il presidente.

Daniel ha ricordato nel suo intervento il coraggio che ha caratterizzato il Padre della Rivoluzione Sandinista, così come il suo immenso amore per il popolo.

Dopo la cerimonia, Daniel ha consegnato ai contadini e alle famiglie matagalpinas 1850 titoli di proprietà in omaggio al Comandante Carlos Fonseca Amador.

In precedenza, il presidente, insieme con la compagna Rosario Murillo, ha visitato il mausoleo dove riposano le spoglie del fondatore del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, insieme ad altri combattenti.

Migliaia di nicaraguensi, questo 8 di novembre hanno reso tributo a Carlos in ogni angolo del paese. In quel di Managua i lavoratori delle istituzioni statali, i deputati dell’Assemblea nazionale e la popolazione, sono accorsi sin dalle prime ore del mattino al mausoleo per l’omaggio floreale.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde – *Si ringrazia Vitalba Ferraro per la segnalazione]

* Il comandante del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) CARLOS FONSECA AMADOR, nasce il 23 Giugno del 1936 a Matagalpa, nel quartiere El Laborío, nel nord del Nicaragua. Figlio di Justina Fonseca, umile lavoratrice e di Fausto Amador, contabile. Trascorre la sua infanzia e adolescenza nel mezzo del duro rigore della vita proletaria, alternando gli studi con diverse occupazioni.

Ciò non gli impedisce di diplomarsi nel Febbraio del 1955 con la tesi “Il Capitale e il Lavoro”, ma abbandona gli studi universitari, successivamente intrapresi, al secondo anno di Giurisprudenza.

Nel 1954 organizza numerose attività politiche tra gli studenti dell’Istituto Nazionale del Nord a Matagalpa distinguendosi come dirigente studentesco. Con Francisco Buitrago, altro futuro fondatore del F.S.L.N., organizza il primo “Centro Culturale” nello stesso Istituto.

Ad Agosto del ’54 fonda e dirige la Rivista “SEGOVIA”, organo del Centro Culturale dell’Istituto Nazionale del Nord. Insieme a Tomás Borge entrano, nel ’55, nel partito Socialista Nicaraguense.

Nel Giugno 1956 viene nominato Capo Redattore de “L’Universitario”, organo del Movimento Studentesco Universitario nell’Università Nazionale. Nello stesso periodo prende parte alla prima cellula marxista universitaria, composta inoltre dai successivi fondatori del FSLN, Silvio Mayorga e Tomás Borge.

Il 27 Settembre del ’56 viene arrestato a Matagalpa dalla Guardia Somozista durante le indagini sull’assassinio del tiranno Somoza García. Il 24 Luglio del ’57, parte per Mosca dove partecipa come delegato della Gioventù Nicaraguense nel “VI Festival della Gioventù e degli Studenti per la Pace e l’Amicizia”.

Dal 4 al 15 Ottobre 1957 partecipa al “IV Congresso Sindacale Mondiale” realizzato nella Repubblica Democratica Tedesca. Al ritorno dal lungo viaggio in URSS e DDR, viene catturato dalla polizia politica nicaraguense all’aeroporto di Managua. Inquisito per ipotetiche relazioni oltre frontiera con obiettivi destabilizzanti per il regime, viene successivamente rilasciato.

Nel gennaio del 1958 scrive il suo primo libro “Un Nicaraguense a Mosca” che, nel Maggio dello stesso anno, circola in tutto il paese.

Il 23 Luglio ’58 dirige le assemblee patriottiche nell’Università Nazionale (U.N.A.M.) in ripudio della presenza di Milton Eisenhower in Nicaragua, riuscendo ad impedire la cerimonia di consegna del Dottorato “Honoris Causa”.

Il 29 Novembre ’58 viene arrestato nello Stadio Nazionale con altri studenti mentre raccoglie fondi per l’organizzazione dell’Assemblea Nazionale degli Studenti.

E’ il 1959. Poco dopo il trionfo della Rivoluzione Cubana, Carlos abbandona il Partito Socialista Nicaraguense la cui linea filosovietica esclude totalmente la lotta armata.

Nel Marzo 1959, insieme a Silvio Mayorga, organizza la “Gioventù Democratica Nicaraguense” J.D.N.

L’ 8 Aprile dello stesso anno, viene espulso in Guatemala con un aereo militare. In Guatemala apre nuove relazioni con il Movimento Studentesco Universitario.

Tra Maggio e Giugno del 1959, arriva in Honduras per unirsi alla Colonna Guerrigliera “Rigoberto López Pérez” che si preparava ad entrare in Nicaragua ed iniziare la lotta armata contro la dittatura somozista.

Ma il 24 Giugno, nella zona conosciuta come “El Chaparrál” durante uno scontro combinato con le truppe honduregne e somoziste, è gravemente ferito al torace. Fatto prigioniero dall’Esercito dell’Honduras, viene successivamente liberato dopo le forti pressioni delle mobilitazioni del popolo honduregno. Sempre in rappresentanza della J.D.N., dall’Honduras viaggia verso Cuba e di lì in Costa Rica fino in Venezuela.

A Giugno rientra clandestinamente in Nicaragua aprendo relazioni con “Gioventù Patriottica Nicaraguense” J.P.N., ma già il 18 dello stesso mese viene arrestato nella capitale, Managua.

JPN si mobilita e ottiene la sua liberazione. Dopo solo due giorni, il 20 Luglio, viene espulso per la seconda volta dal paese e confinato a Poptún, nella regione del Petén, in Guatemala, dove entra in contatto con le Forze Armate Ribelli del Guatemala.

Nel Luglio 1961, fonda il “Movimento Nuova Nicaragua”, organizzazione che anticipa la costituzione del F.S.L.N.

A Giugno del ’62 penetra in Nicaragua e realizza una perlustrazione nelle zone di Raití – Bocay dove successivamente opereranno delle colonne guerrigliere.

Il 23 Luglio 1962, nasce il FRONTE SANDINISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE. Nel Settembre ’62 elabora un comunicato con cui si denuncia l’aggressione imperialista contro Cuba e si sottolinea l’importanza, nell’area centro americana, dell’esistenza della Rivoluzione Cubana. Il documento viene firmato dal “Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale” F.S.L.N.

A Maggio del 1964, entra clandestinamente a Managua e si riunisce con José benito Escobar e Victor Tirado López.

Un mese più tardi, il 29 Giugno mentre operava nel quartiere “San Luis” a Managua, viene catturato con Victor Tirado López. Dalla prigione, l’8 Luglio, firma il manifesto di denuncia “Dal carcere, io accuso la dittatura”. Viene condannato a 6 mesi.

Il 6 Gennaio 1965, per la terza volta, viene espulso in Guatemala dove solo dopo nove giorni, sotto minaccia di morte, gli organismi repressivi guatemaltechi lo obbligano a passare la frontiera messicana. In Agosto viaggia clandestinamente verso il Costa Rica.

Tra Marzo ed Aprile del ’66 rientra clandestinamente in Nicaragua per mettersi al fronte dei preparativi nella nuova tappa della lotta armata rivoluzionaria.

Il 7 Dicembre del 1966, si trasferisce nella zona di Pancasan ed assieme agli altri compagni torna ad esplorare le zone dove successivamente opereranno le colonne guerrigliere dell’FSLN.

Tra Febbraio e Marzo del 1969, parte clandestinamente verso il Costa Rica per elaborare le linee strategiche e programmatiche del Fronte di cui è nominato Segretario Generale.

Il 31 Agosto, ad Alajuela, in Costa Rica, viene nuovamente catturato dalla polizia costaricense.

Ma il 23 Dicembre un commando dell’FSLN tenta un’operazione militare per farlo evadere. Nell’azione, che fallisce, restano feriti Rufo Marín ed Humberto Ortega. Nel corso dell’anno viene realizzata un’intensa campagna di solidarietà internazionale per il rispetto dell’incolumità dei compagni catturati. Tra i tanti sostenitori vi sono Roque Dalton, salvadoregno, Jean Paul Sartre e Simone de Beauvoir, Francia e Esteban Pavletich, Perù.

Il 21 Ottobre, dopo il sequestro di un aereo costaricense ad opera di un commando dell’FSLN, tutti i sandinisti detenuti vengono liberati e trasferiti in Messico. Da lì a Cuba.

Con altri compagni, il 27 Marzo del 1971, parte dall’Habana verso Mosca per poi raggiungere la Corea, dove sostiene un severo addestramento militare, per poi raggiungere la Cina.

Dopo numerosi viaggi all’estero ed un intenso lavoro politico-militare, a Novembre del ’75 rientra in Nicaragua per preparare nuovi quadri politico-militari in una casa di sicurezza a Managua.

Tra Marzo e Maggio del 1976, parte definitivamente per le montagne di Jinotega, verso Bocaycito, nel nord del paese. Nel periodo che intercorre tra Giugno e Luglio, entra nella colonna guerrigliera principale che si fa carico di trasferire lui, il Comandante in Capo della Rivoluzione Popolare Sandinista, nell’accampamento centrale della Colonna “Pablo Ubeda”, sito sulla vetta “La Posolera”, nelle vicinanze di Waslala, nella Zelaya. Durante questo trasferimento sono intercettati dalla Guardia Nazionale somozista che li bombarda anche con l’ausilio di elicotteri. Gli attacchi del’esercito non si fanno attendere e a Settembre la colonna guerrigliera viene individuata e bombardata dagli elicotteri della Guardia Nazionale, costringendoli a ritirarsi nella profondità della montagna. In uno di questi scontri viene ferito ad una gamba.

L’8 Novembre 1976, nella zona conosciuta come Zinica, nella regione della Zelaya Nord, CARLOS FONSECA AMADOR, dopo un interminabile conflitto a fuoco, viene ucciso dalla Guardia Somozista. 

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