Ornella Bertorotta (M5S) incontra l’Ambasciatore venezuelano a Roma

di Ornella Bertorotta – Portavoce M5S al Senato

Ultimamente si parla sempre più di Venezuela.
La settimana scorsa la Commissione Affari Esteri del Senato ha ricevuto alcuni parlamentari dell’opposizione venezuelana.

A loro avviso il Paese è sull’orlo del collasso, la fame si fa strada sempre più, mentre i processi politici non riescono a dare una risposta concreta alla popolazione. I media internazionali, tra cui anche quelli italiani, fanno da cassa di risonanza a queste denunce che descrivono un Paese al collasso, versione sostenuta anche da diversi cittadini italo venezuelani. Io, come sono solita fare, ho voluto ascoltare anche l’altra campana, ovvero quella Governativa.

Ho cosi chiesto e ottenuto un incontro con l’Ambasciatore venezuelano in Italia, Julián Isaías Rodríguez che ci ha ricevuti stamane presso la sede diplomatica.

Al centro dei colloqui la difficile situazione nel Paese e le possibili soluzioni. Si è discusso anche di temi molto specifici, come la questione relativa alle pensioni che l’Inps versa ai nostri cittadini residenti nel Paese, nonchè la sospensione dei voli, da parte di Alitalia da e per Caracas.

I punti principali che abbiamo approfondito riguardano:

A) La crisi alimentare e la produzione agricola
B) Il contesto internazionale e le pressioni estere
C) Il processo referendario
D) Corruzione e violenza
E) Le soluzioni alla crisi della distribuzione degli alimenti

Ritengo questo incontro molto proficuo, soprattutto utile a chiarire una versione, quella ufficiale dei media, che come spesso succede anche in Italia, risulta troppo semplicistica rispetto alla realtà.

L’ambasciatore ha denunciato a sua volta i tentativi di guerra economica ai danni del Paese, nonostante i contributi dati per l’acquisto di alimenti dal Governo alle compagnie private da gennaio 2016, sarebbero stati sufficienti ad acquistare derrate per ben tre volte superiori al fabbisogno della popolazione.

L’ambasciata ci ha consegnato anche del materiale informativo sul referendum, su cui attualmente l’opposizione si sta battendo per costringere il Presidente Maduro alle dimissioni, e che trovate qui di seguito.

Stay tuned
___

 

Napoli 6mag2016: Abril – appunti di democrazia partecipativa

13124523_1609405262712703_3468312936511162559_n

La Rivoluzione è Donna!

di Maria Elena Uzzo*

13 marzo 2016.- Atto in Commemorazione della Giornata Internazionale della Donna
 
Il Comandante Eterno, nelle “Líneas de Chávez” pubblicate l’8 marzo 2009, sette anni fa, è stato contundente nell’esprimere “Senza la vera liberazione della donna, sarebbe impossibile la liberazione piena dei popoli” già che aveva la piena convinzione che “Un autentico socialista deve essere un’autentico femminista”.

Io sono qui, vi porto il saluto del compagno Nicolás Maduro, primo presidente chavista della nostra storia, della Ministra del Potere Popolare per gli Affari Esteri, compagna Delcy Rodríguez, del compagno Isaías Rodríguez, nostro ambasciatore in Italia e della moltitudine di uomini e donne venezuelane che, grazie alla rivoluzione bolivariana, sono diventati figure chiave del processo di cambio iniziato da Chávez.

E sono qui per esprimere in questo atto in omaggio alla donna che anche se sono molto orgogliosa del mio genere, di essere donna, questo sentimento si moltiplica di fronte a voi per dirvi che sono orgogliosissima di essere una donna chavista. Come non esserlo di fronte a un uomo che ha avuto il coraggio di affermare che

“L’amore che alberga nel cuore di una donna è forza sublime per salvare la Causa Umana. Voi siete l’avanguardia della battaglia! Rendo omaggio alle donne del mondo e alle donne della mia patria. Avanti! Viva le donne!”.

Perché nella vita e nell’opera del Comandante Eterno, teoria e prassi andavano mano nella mano e oltre la retorica, il femminismo di Hugo Chávez si è espresso in fatti concreti che il tempo previsto per il mio intervento non permetterà di raccontare con i dettagli che merita.

La totalità dell’iniziative governative nella rivoluzione bolivariana si sono rafforzate nell’uguaglianza di genere dallo stesso discorso in cui il Comandante ha cominciato a parlare di Tutte e Tutti, dando a la donna venezuelana il posto che le spettava negli spazi pubblici della nazione.

Sempre è stato questo il desiderio e l’agire di Hugo Chávez, che oggi rimane nell’eterna eredita lasciata al presidente Nicolás Maduro.

Gli aspetti principali dell’opera femminista nella gestione rivoluzionaria bolivariana, in grande sintesi sono:

  • Creazione e consolidamento del Ministero del Potere Popolare per la Donna e l’uguaglianza di genere, istituzionalizzando il progresso della donna e alle sue lotte e aspirazioni per l’uguaglianza e l’equità di genere.
  • Creazione e consolidamento dell’Istituto Nazionale della Donna, per riconoscere il suo ruolo di motore e fulcro delle trasformazioni sociali; sostenere il processo di legittimazione delle idee femministe nella sua lotta contro il patriarcato e la promozione della legge per uscire dalla violenza contro le donne.
  • Creazione e consolidamento del Banco della Donna, per dare sostegno economico alle donne più povere, cancellando cosi il viso femminile della miseria. In questo senso, i micro-crediti Banmujer hanno dato sostegno alle donne imprenditrici in tutto il territorio nazionale.
  • Approfondimento della partecipazione femminile in tutti gli ambiti della vita del paese:

–          Ampliando le opportunità di formazione con le Missioni Educative e le nuove università (Bolivariana, delle arti, della sicurezza, militare, ecc.) si è incrementata cosi la partecipazione delle donne nel sistema educativo venezuelano.

–          In un momento cruciale per la donna, all’interno della rivoluzione bolivariana, 4 poteri su un totale di 5 che formano la struttura governativa venezuelana sono stati in mani femminili.

–          La partecipazione della donna venezuelana agli incarichi pubblici è cresciuta come mai prima si era visto in nessuna gestione presidenziale prima della rivoluzione.

–          Nell’ambito elettorale, le liste del governo bolivariano sono arrivate ad avere la stessa partecipazione di uomini e donne, segnando la fine della “tradizionale e sacrosanta” iniquità che caratterizza la società maschilista mondiale.

–          Il sostegno solidale alle madri che crescono da sole i propri figli liberando una generazione dalla povertà, grazie alla missione “Madres del Barrio”.

–          Il riconoscimento al valore del lavoro della donna casalinga garantiscono la sicurezza sociale delle nostre madri e nonne, cosi come stabilito nella nostra costituzione bolivariana.

E sì… confermo la mia soddisfazione e il mio orgoglio di essere chavista, cioè combattente, socialista, coraggiosa, solidale, bolivariana, ma allo stesso tempo donna sensibile e creativa.

Per questo motivo non ci sarà guerra economica, mediatica, psicologica, politica o militare che ci fermerà.

La “Rivoluzione” è Donna!

La Rivoluzione Bolivariana continuerà ad avanzare!

Continueremo a resistere, senza dare riposo alle nostre braccia, tutto il tempo che sarà necessario… come hanno fatto le coraggiose venezuelane vittime de las Guarimbas organizzate dalla destra fascista venezuelana, o come l’ha fatto, fino a dare la vita per questo nobile obbiettivo, l’infaticabile leader indigena dell’Honduras Berta Cáceres, alla quale dedico la mia partecipazione e l’applauso di tutte e tutti voi. Grazie mille.

* Ministra Consejero della Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia

[Trad. dal castigliano di Patricia Vargas]

Napoli 14mar2016: Lectio Magistralis di Julián Isaías Rodríguez Díaz

Isaías Rodríguez: «Il Caracazo precursore degli “indignati”»

di Prensa Embaveneit 25feb2016

L’Ambasciata della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la Repubblica Italiana, in collaborazione con la Rete italiana di solidarietà “Caracas ChiAma” e Noi Saremo Tutto, ha realizzato, presso il centro sociale Spartaco a Roma, l’iniziativa “La Rivolta del Caracazo 27F, origine della Rivoluzione Bolivariana”, in occasione del 27° anniversario di “El Caracazo”, storica rivolta popolare venezuelana che avvenne il 27 e 28 febbraio del 1989.

All’incontro, cui hanno partecipato l’Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Julián Isaías Rodríguez e le giornaliste Luciana Castellina e Geraldina Colotti, la partecipazione dei movimenti sociali, delle associazioni, degli artisti e degli intellettuali che supportano, da questa storica terra di giuramenti, la Rivoluzione Bolivariana e i processi di lotta indipendentista in corso in America Latina, è stata massiva.

L’Ambasciatore venezuelano, nel suo eloquente intervento, ha raccontato i fatti accaduti durante la rivolta venezuelana del 1989, mettendo quest’ultima a confronto con i diversi movimenti che stanno sorgendo in diversi paesi europei contro il sistema neoliberale, “escludente e schiacciante”. Ha poi definito il 27F come “L’antecedente più immediato del movimento europeo degli indignati”. Inoltre, ha ricordato che “Il Caracazo fu un movimento cittadino di protesta, privo di messaggi di partito, risultato di un’epoca storica che non fu gestita da dirigenti politici”.

Secondo Rodríguez, “La Rivolta sfidò il bipartitismo e rappresentò il germe di quella che oggi viene definita “democrazia partecipativa”… Fu un movimento molto simile a quello che, pur sempre con le sue caratteristiche, si è verificato in Grecia, si sviluppa attualmente, in modo più coerente e organizzato, in Spagna ed ha una certa familiarità con ciò che sta accadendo in Portogallo”.

L’iniziativa è proseguita con l’intervento della scrittrice e giornalista Luciana Castellina, che ha ricordato alcune personali e toccanti esperienze con il Comandante eterno Hugo Chávez e ha sottolineato che “Una rivolta sociale resta frammentata se non si ricompone”.

Poi è stata la volta Geraldina Colotti, nota combattente politica e giornalista, che ha arricchito l’incontro attraverso il racconto delle numerose e recenti visite che ha realizzato in Venezuela, occasioni che le hanno permesso di conoscere da vicino gli ostacoli, le lotte e le sfide che oggi deve affrontare la Rivoluzione Bolivariana.

Secondo Colotti, l’opposizione venezuelana non dovrebbe parlare di diritti civili, economici e sociali se a non rispettarli è lei stessa. “Negli ultimi anni, in Venezuela è in corso la rivolta dei ricchi. Chi protesta non sono studenti pacifici, indigeni, afrodiscendenti o persone povere. Quelli che i media tradizionali chiamano “pacifisti”, sono i veri responsabili dei morti e dei feriti delle guarimbas, poliziotti e militari che erano sostenitori del governo bolivariano”.

L’evento si è concluso con un ricco scambio di opinioni con il pubblico, in cui i partecipanti hanno affermato che la Rivoluzione Bolivariana può contare su un movimento di solidarietà solido che, dall’Italia, veglierà per la sua continuità, con l’obiettivo di costruire un mondo pluri-polare e umano, basato sull’uguaglianza e l’inclusione.

La solidarietà in Italia difende la diplomazia di pace bolivariana!

di Rete “Caracas ChiAma” *

Comunicato di denuncia contro le diffamazioni a danno della Console Generale di Prima della Repubblica Bolivariana del Venezuela a Napoli, Amarilis Gutiérrez Graffe.

Il suo esempio e il suo duro lavoro hanno causato disagio ai nemici della Rivoluzione bolivariana ed è per questo che la stanno attaccando.

Noi, gruppi di solidarietà che svolgono le proprie attività sul territorio italiano, denunciamo fortemente la vile campagna denigratoria che stanno cercando di montare sui social network contro la combattente e diplomatica Amarilis Gutiérrez Graffe.

Ribadiamo il nostro sostegno alla diplomazia di pace bolivariana e al lavoro svolto dalla Console Generale. Fin dal suo arrivo a Napoli, alla fine del 2014, il consolato non aveva mai svolto un lavoro tanto intenso, implacabile in tutti gli ambiti di azione, sia lavorando con gruppi di solidarietà sia con i gruppi di opposizione.

Si tratta di una donna che rappresenta degnamente ciò che il comandante Chávez ha chiesto ai rappresentanti diplomatici di un progetto rivoluzionario bolivariano.

Amarilis Gutiérrez Graffe è una figlia del Comandante e del popolo venezuelano; dimostra una preparazione politica impressionante, con esperienza diretta di lavoro nella costruzione del potere popolare nei porti venezuelani, nell’autogestione operaia, è stata agente di polizia, insegnante, avvocato, una persona che conta con tutte le qualità accademiche, intellettuali e professionali per svolgere al meglio le proprie responsabilità.

Ma ribadiamo che la condizione che più la accredita per svolgere le proprie funzioni, e di essere una degna diplomatica del processo rivoluzionario, è la sua qualità umana. Lavora a stretto contatto con la linea politica del governo, senza mai perdere di vista la prospettiva della sua responsabilità.

La gestione da lei realizzata ed il gruppo di lavoro che ha creato con la sua missione diplomatica, ci ha rafforzato, come gruppi di solidarietà, e sono ormai un punto di appoggio prezioso per il nostro lavoro.

La compagna Amarilis Gutiérrez non ha orario, non ha fine settimana liberi, è stata in grado di portare il consolato come mai prima nelle regioni del Sud Italia e della Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia e Calabria. Il suo lavoro va dalla cura delle relazioni con il corpo diplomatico accreditato nel Sud, con le istituzioni, i sindaci, i consiglieri, le associazioni culturali, sportive, ecologiche, a lavorare a stretto contatto con i lavoratori, gli studenti, gli artisti, gli intellettuali, etc.

Con la compagna Amarilis, sosteniamo, come gruppi di Solidarietà della Rivoluzione bolivariana in Italia, con forza il lavoro del nostro ambasciatore a Roma Julián Isaías Rodríguez, del ministro Delcy Rodríguez e del presidente Nicolás Maduro.

___

Comunicado de denuncia de difamación en contra de la Cónsul General de Primera de la República Bolivariana de Venezuela en Nápoles, Amarilis Gutiérrez Graffe.

Su ejemplo y trabajo constante ha causado molestias al enemigo y por eso la están atacando.

Nosotros, grupos de solidaridad radicados en el territorio italiano, denunciamos firmemente la vil campaña de difamación que están intentando montar en las redes sociales contra la combatiente y diplomática Amarilis Gutiérrez Graffe.

Ratificamos nuestro apoyo a la diplomacia bolivariana de paz y al trabajo que la Cónsul General viene realizando. Desde su llegada a Nápoles a finales del 2014, nunca el consulado había realizado un trabajo tan intenso, incansable y en todos los ámbitos de acción sea con los grupos de solidaridad que con los grupos de la oposición.

Se trata de una Mujer digna representante de lo que el Comandante Chávez pedía a los representantes diplomáticos de un proyecto bolivariano y revolucionario.

Amarilis Gutiérrez Graffe es una hija de El Comandante y del pueblo venezolano; con una impressionante preparación política, con una experiencia directa de trabajo en la construcción del poder popular en los puertos venezolanos, en la autoigestión obrera, fue agente policial, profesora, abogado, una persona que le sobran las condiciones académicas, intelectuales y profesionales para desempeñar su cargo.

Pero reiteramos que la condición que más la acredita para sus funciones, y para ser una digna diplomática del proceso revolucionario, es su calidad humana. Trabaja codo a codo con la línea polítuca del gobierno, sin perder jamás la perspectiva de su responsabilidad.

La gestión que ha realizado, y el grupo de trabajo que ha logrado crear con su misión diplomática, nos ha reforzado como grupos solidarios, constituyen hoy un punto de apoyo invaluable para nuestro trabajo. La compañera Amarilis Gutiérrez no tiene horario, ni fin de semana, ha sido capáz de llevar el consulado como nunca antes a las regiones del Sur de Italia como la Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia y Calabria. El trabajo que desempeña va desde el intercambio con el cuerpo diplomático acreditado en el Sur, con instituciones, alcaldes, consejales, asociaciones culturales, deportivas, ecológicas, hasta el trabajo estrecho con los obreros, estudiantes, artistas, intelectuales, etc.

Apoyamos firmemente, juntos con nuestra compañera Amarilis, el trabajo de nuestro embajador en Roma Julián Isaías Rodríguez, la ministra Delcy Rodríguez y el Presidente Nicolás Maduro.

__

* Qui di seguito la lista dei comitati, delle associazioni, delle reti sociali, delle organizzazioni popolari ed operaie, sociali e politiche, che il 29 giugno 2014, presso lo SCUP, a Roma, hanno dato vita alla Rete Italiana di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana che prenderà il nome di “Caracas ChiAma”: Albassociazione/AlianzaPaís-Italia/[email protected] MST-Italia/ANROS/Areaglobale/Associazione di Amicizia Italia-Cuba (Roma-Ravenna-Parma)/Associazione Italia-Nicaragua (Circolo Leonel Rugama)/Associazione LiberaRete/Associazione Nazionale Nuova Colombia/P-CARC/Casa dei Popoli/Casa del Popolo di Torpignattara/Centro Sociale Spartaco/Centro di Iniziativa Popolare Alessandrino/Centro Sociale La Talpa e l’orologio-Imperia/Centro Studi Antonio Gramsci/CESTES centro studi USB/CIRCinternazionale/Circolo Bolivariano “Alessio Martelli”/Circolo Bolivariano “Hugo C
hávez”/Circolo Bolivariano “José Carlos Mariátegui” -Napoli/Associazione dei Giuristi Democratici/CORTOCIRCUITO/CSPAAAL/Fronte della Gioventù Comunista/J-PSUV-Italia/Marx XXI/MAS-Bolivia en Roma/Militant/Partito Comunista(Italia)/PDCI/Piattaforma Comunista/Rete dei Comunisti/Rete in Difesa dell’Umanità/Rete No War/Rifondazione Comunista/SuramericAlba/(n)PCI

International Migrants Alliance/Lega Immigrati albanesi “Iliaria”/Misil (movimento integrazione sviluppo italo latinoamericano/Associazione “I Blu”/Fronte di liberazione del popolo.JVP (Sri Lanka)/Associazione Umangat-Migrante/Comitato Immigrati in Italia/Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia

Contropiano/Il Manifesto/Le Monde Diplomatique/LiberaTV/Radio Città Aperta/Rivista Nuestra America/Web Sibia-Liria

Associazione Sportiva Quartograd

Associazione di Amicizia San Marino-Cuba/Asociación Civil Canción Bolivariana/Asociación Euskadi-Cuba/Associazione Galego-Bolivariana Hugo Chávez/Comando Electoral Hugo Chávez–España/Coordinadora Estatal Solidaridad con Cuba-España/COSAL-Asturias/CUBADEBATE/ Guachirongo 98,5FM/Iniciativa Comunista-España/Movimiento América Libre y Socialista para Europa/Círculo Bolivariano “La Puebla” de Euskal Herria/Peña del Aljibe/Plataforma Bolivariana de Madrid/Plataforma Comunicacional Somos Sin Banderas/RESOLVER-Red de Solidaridad con Venezuela Revolucionaria-Suecia

Roma: l’incontro con l’Ambasciatore Isaías Rodríguez al CSOA Spartaco

di Davide Angelilli – Rete Caracas ChiAma

Lo scorso 16 di dicembre, come Rete Caracas ChiAma, abbiamo organizzato un importante confronto tra l’ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Julián Isaías Rodríguez Díaz, e le realtà sociali e politiche che sostengono il processo socialista nel paese caraibico. Ovviamente, l’incontro pubblico era incentrato sulle ultime elezioni che hanno sancito la prima vera sconfitta elettorale del fronte rivoluzionario chavista, dopo il referendum del 2007 perso di misura.

Oltre alla grande partecipazione al dibattito, bisogna evidenziare che l’incontro si è svolto al Centro Sociale Spartaco, nel quartiere Quadraro, periferia Sud della capitale. La borgata ribelle del Quadraro rappresenta il “centro storico della periferia romana”, barricata popolare ai tempi del fascismo, fu chiamato il “nido di vespe” dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale che non riuscivano a domare l’opposizione del quartiere, nonostante vi organizzarono uno dei loro più crudeli e infami rastrellamenti.

Al di là della storia del quartiere, il Centro Sociale Spartaco continua ad essere uno dei punti di riferimenti del movimento popolare romano. Molto di più che quattro mura e una stanza, Spartaco è oggi un’importante risorsa per tutta la periferia meridionale della città, per i lavoratori, le lavoratrici, le persone migranti, per tutti e tutte quelle che nel territorio non s’arrendono all’individualismo e la rassegnazione, costruendo invece spazi di dignità e orgoglio popolare.

In un momento così delicato per il processo, è allora significativo che l’ambasciatore di un paese come la Repubblica Bolivariana del Venezuela: tra i più importanti nell’economia latinoamericana, abbia scelto un contesto come il Centro Sociale Spartaco per confrontarsi con le realtà solidali alla Rivoluzione Bolivariana.

Significa, in primo luogo, che il governo e la diplomazia venezuelana hanno le idee chiare su quali sono i suoi veri alleati politici in questa strana globalizzazione neoliberista: i subalterni, i movimenti popolari, le forze anticapitaliste e antifasciste, nonostante queste non siano attualmente egemoni nel nostro paese.

Inoltre, conferma che i paesi dell’ALBA, e in particolare il Venezuela, stanno rivoluzionando il senso stesso della diplomazia: smarcandosi da una visione stato-centrica e puntando su una diplomazia dal basso, dei popoli, basata e costruita attorno alla solidarietà internazionalista.

Chiarito questo, ed entrando nel merito del dibattito, il discorso dell’Ambasciatore – figlio di operai, luchador instancabile e attore chiave nella Rivoluzione Bolivariana, oltre che avvocato costituzionalista – s’è concentrato su due questioni d’importanza cruciale.

Nella prima parte del suo intervento, il compagno Isaías ha chiarito che la sconfitta elettorale del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) ha dato alle forze controrivoluzionarie la maggioranza al parlamento, ma questo non vuol dire che il potere politico è passato nelle mani dell’opposizione. Al contrario, il modello presidenzialista della Repubblica Bolivariana, e in generale la sua costituzione prodotta dal potere costituente messo in moto da Hugo Chávez, continuano a garantire al fronte chavista una forte agibilità politica, anche sul piano istituzionale.

La Costituzione stessa – ha spiegato l’Ambasciatore – non potrà essere facilmente modificata dalle oligarchie, nonostante la maggioranza dei partiti d’opposizione. Infatti, la Costituzione del Venezuela, oltre ad essere un corpo di leggi che protegge il popolo dall’assalto neoliberista, può essere modificata e riscritta solamente a seguito di un processo sociale potente, capace di generare un potere costituente incisivo e popolare, come quello chavista e bolivariano che l’ha prodotta. E, ovviamente, la controrivoluzione non è minimamente in grado di poter generare un processo popolare ampio e determinato politicamente. D’altronde, la sconfitta del PSUV alle ultime elezioni non è altro che il risultato del malcontento generato dalla guerra economica e dai limiti e le contraddizioni interne al processo rivoluzionario.

Nella seconda parte del suo intervento, e specialmente nel dibattito con le realtà presenti, Isaías ha invece stimolato una riflessione collettiva sulla necessità di pensare al processo socialista in Venezuela e in generale alla primavera che sta vivendo il continente latinoamericano come un doppio movimento liberatorio. Una transizione dal capitalismo al socialismo che si articola dialetticamente con una ricerca dell’identità rubata ai popoli del continente dal colonialismo e dall’imperialismo.

La ricerca di un’identità popolare propria è un baluardo del progetto socialista in Venezuela e dei movimenti sociali in America Latina, ma molto spesso non impedisce alle realtà europee di guardare erroneamente ai processi latinoamericani con le lenti dell’eurocentrismo. Como ha spiegato Isaías, non si può interpretare il voto venezuelano come lo si fa in un paese europeo.

La sociologia dei popoli è chiaramente distinta in ogni paese, ma lo è ancora di più se si paragonano i movimenti delle società latinoamericane e di quelle del resto dell’Occidente. Quindi, anche un esercizio politico, che pare non avere molto di rivoluzionario, come il voto elettorale nella cornice di una democrazia borghese, non dev’essere letto e interpretato in un’ottica eurocentrica. La sconfitta elettorale del PSUV non vuol dire un allontanamento reale delle basi sociali che hanno rappresentato il vero motore della trasformazione sociale, ma indica sicuramente un malcontento tutto interno al chavismo.

Chi si è astenuto dal votare i candidati chavisti non ha votato per l’opposizione, e non accetterebbe mai di partecipare a un eventuale (perché ancora non esiste) programma politico dell’opposizione volto a modificare la Costituzione rivoluzionaria.

In chiusura, il dibattito si è spostato più nettamente sulla strategia del potere popolare per affrontare la nuova congiuntura aperta dall’elezioni. Isaías ha chiarito che continuerà ancora a lungo il conflitto tra il potere politico – gestito dalle forze popolari – e la struttura economica nelle mani delle vecchie oligarchie, che ancora gestiscono in buona misura la sfera commerciale della società venezuelana.

Ovviamente, la complessità del tema e il poco tempo a disposizione non hanno permesso di sviscerare in profondità la questione. L’Ambasciatore ha comunque avuto il tempo di spiegare come il Partito sta vivendo un vivace e costruttivo dibattito interno per correggere gli errori commessi.

L’organizzazione di meccanismi democratici alternativi alle logiche alienanti dello Stato capitalista e coloniale, lo sviluppo di ulteriori strategie popolari di comunicazione dal basso e la partecipazione sempre più da protagonisti dei movimenti sociali, sono alcuni tra i punti nevralgici su cui si stanno concentrando le assemblee popolari.

Isaías Rodríguez: «L’alternativa al capitalismo è viva e praticabile»

12277273_10207419593561050_510395812_ndi Clara Statello

Roma, 26 ottobre 2015.- Julián Isaías Rodríguez Díaz: «Ecco perché il Socialismo Bolivariano fa paura agli Usa». Intervista all’Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la Repubblica Italiana. 

Il 6 dicembre si terranno le elezioni politiche in Venezuela. Quale importanza avrà l’esito di queste elezioni per il Venezuela e per tutta l’America Latina?

Cominciamo dal Venezuela e poi dall’America Latina. Sarà scelto il parlamento venezuelano. In tutti i paesi del mondo si tratta di elezioni fondamentali, perché il Parlamento è il potere sovrano che legifera e a cui spetta gran parte delle decisioni politiche. In questo momento il governo venezuelano detiene la maggioranza parlamentare. In queste elezioni si deciderà se questa maggioranza verrà confermata o meno. Noi crediamo che questa maggioranza verrà confermata. Questa è la cosa più importante, rafforzare il potere legislativo del paese.

Che stabilità dà al paese mantenere un parlamento che sia conseguente con il processo  venezuelano? In primo luogo tutte le decisioni di natura economica si prendono qui, gli accordi  economici del paese si prendono qui,  i trattati internazionali si ratificano qui e le leggi venezuelane si decidono fondamentalmente qui. In determinati casi il Presidente della Repubblica o il potere esecutivo possono avere la facoltà di emanare leggi, ma questa facoltà deve essere autorizzata dal potere legislativo. Se non è autorizza, il potere legislativo spetta interamente al parlamento.

Quindi queste elezioni sono fondamentali a che il processo venezuelano continui ad essere un processo socialista, consentendo ai poteri essenziali, che sono il parlamento e il potere esecutivo, di andare avanti di pari passo.

In questo momento, le aspettative su questo processo elettorale non sono solo per il Venezuela, ma anche per l’America Latina. E io direi anche per il mondo intero. Tutte le campagne che attualmente sono portate avanti  in Venezuela  da parte dell’opposizione nazionale e internazionale, hanno il fine di fare in modo che il processo elettorale si risolva in favore dell’opposizione. Per questo è stata scatenata una guerra economica, una guerra diplomatica, una guerra di disinformazione e indubbiamente una guerra politica da parte degli Stati Uniti e dell’UE nei confronti del Venezuela.

Perché tutto questo? Il Venezuela in questo momento è un’enclave anti neo-liberale. Tanto l’Unione Europea quanto gli Stati Uniti vogliono un mondo guidato dal neoliberalismo e dalla globalizzazione. Il Venezuela ha un progetto di società alternativa non soltanto rispetto a quella degli Stati Uniti, ma alternativa al neoliberalismo e al capitalismo. Da questo punto di vista il processo elettorale venezuelano ha un’importanza mondiale.

C’è anche un’altra ragione per cui è il risultato di queste elezioni è importante per l’America Latina. L’America Latina, in particolare il Sud America costituisce un blocco. Un blocco di paesi che si configura come società alternativa al capitalismo. Sono  direttamente coinvolti in questo processo Ecuador, Venezuela e gli altri paesi dell’ALBA. Inoltre le decisioni che sono state prese contro  l’Alca, l’area guidata dagli Stati Uniti, sono state adottate non solo da questi paesi, ma anche Argentina, Brasile e Uruguay, che per l’America Latina non sono importanti solo per ALBA ma anche perché fanno parte del Mercosur. Quindi l’idea è che il nostro processo sia una strategia per l’America Latina come blocco, per prendere decisioni in maniera congiunta. Per questa ragione è fondamentale per l’America Latina il trionfo del nostro progetto in queste elezioni parlamentari.

12283297_10207419594481073_1984839649_nDopo la vittoria delle ultime elezioni abbiamo visto l’opposizione scatenare  violente rivolte finalizzate a rovesciare il governo. Queste azioni di destabilizzazione hanno avuto il sostegno mediatico e politico di USA e UE. Ritiene che anche adesso ci siano pressioni esterne volte a condizionare l’esito elettorale? Di quale natura?

Sono di molteplice natura: mediatiche, economiche, diplomatiche, politiche, inclusa anche la via della cospirazione, attentano direttamente contro lo Stato. Non si tratta di pressioni legittime, ma illegittime e illegali, che vengono mosse contro il Venezuela. Tutte hanno come quinta colonna l’opposizione venezuelana, ma fuori dal paese l’Unione Europea, gli Stati Uniti e l’informazione del mondo globalizzato in genere, costituiscono il cannone puntato contro il Venezuela, esercitando pressioni di ogni natura.

Sono aumentate, soprattutto nell’ultimo periodo, le pressioni diplomatiche da parte di alcune istituzioni degli Stati Uniti e di organismi internazionali, che hanno cercato di utilizzare la OSA e stanno utilizzando alcuni paesi dell’America Latina integrati nell’area di influenza statunitense. Le pressioni, a livello internazionale, arrivano principalmente dai mezzi di comunicazione e dal mondo diplomatico. Ad esempio molte decisioni del parlamento europeo sono condizionate dagli Stati Uniti. L’Europa obbedisce alla linea strategica degli Stati Uniti nei confronti di un paese come il Venezuela, che non ha motivo di trovarsi nell’agenda di una potenza come l’Unione Europea. Si trova nell’agenda degli Stati Uniti per le ragioni che indicavo prima: stiamo costruendo una società alternativa al capitalismo. Non credo che dovrebbe far parte dell’agenda dell’UE.

Insisto che in questo momento le pressioni più importanti sono di natura diplomatica e economica. Se contro Cuba esiste un blocco di diritto, contro il Venezuela si è costituito un blocco di fatto, ossia un blocco definito all’interno di un contesto di relazioni internazionali. Un blocco di fatto che evidentemente ha conseguenze interne. Questo blocco ha fatto schizzare l’inflazione interna al Venezuela, ha determinato la difficoltà nel reperire alcuni prodotti necessari alla vita quotidiana, sta ponendo il paese in una situazione economica che, non fosse stato per le alleanze internazionali costruite dal presidente Chávez prima della sua dipartita fisica, avrebbe travolto il Venezuela.

Ci si trova senza dubbio dinnanzi a una guerra di sanzioni contro Russia e Venezuela. Ma non è soltanto questo. Si sta anche costruendo un mercato parallelo al mercato sud americano, l’alleanza del Pacifico  collegata all’alleanza con l’Unione Europea (il TTIP). Fortunatamente per noi, e sfortunatamente per gli Stati Uniti, la base economica di questi accordi è messa in dubbio anche dai paesi europei, come si evince da alcune dichiarazioni di Francia e Germania. Si può dire che in questo momento c’è una guerra in atto, che è fondamentalmente una guerra diplomatica ed economica.

Ma c’è una guerra mediatica, una guerra di disinformazione, la cosiddetta guerra di IV generazione, che mira a dare al mondo un’idea distorta di ciò che accade dentro il paese, tanto dal punto di vista politico, quanto sociale ed economico. Questa guerra è volta a mostrare il paese come una dittatura, senza democrazia interna e senza solidità economica. Un paese che ha i maggiori giacimenti petroliferi del mondo, anche quando viene ridotto il prezzo del greggio a livello nazionale, non può comunque versare in una situazione di debolezza economica. Basti ricordare che quando il Comandante Chávez è diventato presidente il prezzo del petrolio si aggirava sui 9 dollari al barile mentre in questo momento è a 40 dollari. Quindi abbiamo di che vivere!

Il Venezuela non è nuovo a ingerenze esterne. Nel  2002 il governo neocon di Bush aveva sostenuto un colpo di stato militare contro Chávez, e da allora ha sempre esercitato pressioni esterne, il cosiddetto Golpe Continuado. Perché il socialismo bolivariano fa così tanta paura agli Usa?

Il socialismo bolivariano è dichiarato dal  presidente Chávez nel 2005. Il chavismo non arriva al potere in Venezuela come un progetto esplicitamente socialista, ma come progetto nazionalista. Chávez viene eletto presidente nel 1999. In questi cinque anni il presidente Chávez si rende conto che il progetto bolivariano deve essere inscritto in qualcosa che va molto più in là del nazionalismo, che deve essere organico a un progetto socio-politico, un progetto ideologico con una teoria determinata. Assume quindi la definizione di progetto socialista, il cosiddetto socialismo del XXI secolo, così definito per  distinguerlo etimologicamente dal cosiddetto “socialismo reale”, il socialismo instaurato nella Russia Sovietica nel 1917 che si concluse con la caduta del muro di Berlino e la fine del blocco sovietico. La guerra dell’imperialismo contro questo progetto, che aveva configurato due  modelli alternativi per l’umanità, ha effettivamente raggiunto i suoi propositi. Li ha raggiunti perché è riuscito a screditarlo davanti al mondo. In Europa per esempio il socialismo è visto come un progetto atroce e orribile. La grande macchina mediatica dei mezzi di comunicazione controllati dagli Stati Uniti ha mostrato il progetto sovietico simile a quello hitleriano, se non peggiore.

Il Venezuela bolivariano ha riscattato la parola stessa del socialismo. A pochi anni dalla caduta del muro di Berlino, siamo riusciti a riportare nella storia il socialismo come alternativa possibile alle ingiustizie, alla miseria e all’oppressione provocate dal capitalismo, a indicare una strada pacifica verso una società più giusta ed eguale, ad aprire uno spazio di riflessione e speranza a tutte le forze politiche progressiste che si pongono come fine la liberazione dei popoli dall’oppressione dell’uomo sull’uomo. È una via nazionale al socialismo che si pone in continuazione con l’esperienza cubana e che senza Fidel non sarebbe potuta esistere. È un socialismo scientifico e umanista, ma sarebbe sbagliato pensare che si possa prendere il socialismo reale dell’Unione Sovietica e applicarlo così com’è  in una realtà come il Venezuela di oggi. Sarebbe anti-dialettico credere una cosa del genere. Il cosiddetto socialismo del XXI secolo è arricchito dell’esperienza storica dei nostri Libertadores, di Simón Bolívar, dallo spirito del cristianesimo delle origini e dalla pratica delle teologie della liberazione. È stato raggiunto per via pacifica e democratica, attraverso esperimenti di democrazia partecipativa. Non è un socialismo perfetto: il progetto di eliminazione delle ingiustizie, dell’inclusione sociale,della povertà, è ancora incompleto. È un processo ancora in atto e sono stati commessi errori, ma siamo riusciti a mostrare che esiste ancora la possibilità di creare un modello sociale che garantisca a tutti diritti fondamentali come alimentazione, salute, istruzione e abitazione, che  ponga la lotta alla povertà, e non il profitto privato, come fine, che abbia una visione geopolitica di cooperazione e integrazione e che imponga la proprietà sociale sui mezzi di produzione e sulle risorse strategiche, come noi abbiamo fatto con la nazionalizzazione del petrolio. Tutto ciò fa paura agli Usa  perché dimostra che l’alternativa al capitalismo non è stata sconfitta, ma è nella storia, è viva e praticabile.

Chávez aveva implementato i rapporti con i BRICS. Qual è il ruolo di questo blocco rispetto all’imperialismo Usa, nell’attuale fase storica? 

I BRICS sono le cinque economie emergenti nel secolo XXI. Stiamo parlando di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Nelle condizioni geopolitiche che si presentano nell’attuale fase storica, l’azione di un gruppo di paesi che faccia da contrappeso alla politica economica e internazionale degli Stati Uniti acquisisce sempre più importanza. Questo è ciò che realmente stanno facendo i BRICS. Il G8 e il G20 hanno perso molto della loro solidità perché si limitano a obbedire agli Usa. In questo modo non si può agire per risolvere i problemi del mondo. Per questa ragione si è costituito il gruppo dei BRICS.

I BRICS che proposito hanno? La prevedibilità e la sostenibilità delle relazioni internazionali, la promozione di una nuova architettura di sicurezza e stabilità di sviluppo, fondate su rapporti di uguaglianza e nel rispetto del diritto internazionale, la indivisibilità della sicurezza e il rifiuto di usare la forza o minacciare con la forza gli altri paesi. I BRICS hanno anche una caratteristica molto importante: sono un contrappeso a quello che si definisce il consenso di Washington e cercano un ordine internazionale che sia rispettoso dell’autodeterminazione dei popoli. In questo contesto posso dire che le loro riserve internazionali dispongono di 5 miliardi di dollari, cosa che li rende il primo gruppo di creditori del tesoro degli Stati Uniti. Un terzo del debito che gli Stati Uniti hanno contratto con il mondo. Questo vuol dire che detengono un forte potere. Inoltre riuniscono una popolazione di circa tre miliardi di persone, cioè circa il 40% della popolazione mondiale. Con l’Argentina, che si aggiunge al gruppo dei BRICS, si consolideranno come il grande mercato potenziale del futuro. Cosicché non abbiamo alcun dubbio che quello dei BRICS sia un nuovo potere che si leva in contrapposizione alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale.

Ciò permette  ai BRICS un margine di manovra politica ed economica molto significativa, la cui conseguenza principale è sostituire delle relazioni internazionali basate sulla subordinazione agli Stati Uniti, con  relazioni di cooperazione, in cui le divergenze fra i vari paesi si risolvono, non per mezzo militare, ma attraverso tavoli di negoziazione. Ci sono due diverse visioni dei BRICS: alcuni lo considerano un organismo politico, altri economico. È molto difficile separare la politica dall’economia in alcune circostanze, ma chi si dice marxista sa che la politica senza l’economia non ha ragione di esistere. La politica è una sovrastruttura mentre la struttura è l’economia, ed è la struttura a determinare la sovrastruttura. Per questa ragione i BRICS giocano un ruolo molto importante nella democratizzazione delle relazioni internazionali nel mondo, soprattutto perché forniscono un’alternativa diversa a quella del FMI e della BM, che sono due istituzioni controllate totalmente dagli Stati Uniti al punto che, all’interno di queste istituzioni, la moneta che circola è il dollaro, imposto dagli USA. Mai è avvenuto un dibattito o una votazione per decidere quale  moneta utilizzare, il dollaro è stato imposto senza alcuna decisione democratica.

Già si sono viste le conseguenza della crisi del dollaro, che ha determinato una guerra tra valute che  dal 2008 sinora è stata mossa contro l’euro e la sterlina inglese. Figuriamoci se la stessa guerra venisse mossa all’America Latina, contro una moneta che non ha né la forza dell’euro né della sterlina inglese. Dinnanzi a questa situazione, quindi, è stata creata una banca di sviluppo e che adesso si vuole costituire per tutti i paesi dell’America Latina. Questo  apre a molte possibilità dal punto di vista economico, perché ci permetterà di non farci più manovrare attraverso le relazioni economiche e di attingere a prestiti a condizioni svantaggiose.

Qui abbiamo il triste esempio dell’Argentina, a cui il FMI aveva imposto durissime condizioni, privatizzazioni selvagge, in cambio dei prestiti.

La situazione che in Europa si sta delineando in Grecia, in Spagna e adesso in Inghilterra con Corbyn, si pone in opposizione al neoliberalismo perché, questa politica di austerità rafforza i settori privati e specialmente quello finanziario, a scapito della maggioranza della popolazione, che ha trascinato in una situazione di ingiustizia e crisi che tiene in stallo l’Europa, come prima aveva tenuto in stallo l’America Latina. Per questa ragione per noi i BRICS sono un’alternativa dal punto di vista economico, politico e di relazioni internazionali, che vogliamo si consolidi.

L’Italia ha sempre subito ingerenze analoghe a quelle del Venezuela e adesso soffre di una lunga crisi economica che si abbatte su lavoratori, famiglie e giovani qualificati costretti all’emigrazione. Che strada dovrebbe intraprendere il popolo italiano per uscire da questa situazione?

Qualunque strada il popolo italiano voglia seguire. In quanto ambasciatore della Repubblica Bolivariana non voglio certo interferire fornendo alcuna formula. Ma credo che tra il popolo italiano ci sia molto fermento e discussione tra i lavoratori e i giovani, categorie maggiormente colpite dalla crisi economica.

L’ideale sarebbe che il popolo italiano, e in particolare i settori più risoluti e progressisti, che hanno una visione politica alternativa, discutano e che discutano insieme, uniti, non dispersi e divisi. Che   definiscano una linea politica unica per tutti i settori progressisti. Non si può lottare da soli.

L’America latina è l’esempio di ciò: noi siamo stati divisi in molte nazioni. Siamo più di venti paesi. Essendoci state imposte le frontiere, è stata creata una linea nazionalista per impedire l’integrazione e dividerci. E tuttora siamo divisi.

Attualmente uno dei problemi della società venezuelana, che ostacola il suo progetto, deriva dall’essere divisa tra chi sostiene il socialismo e chi vi si oppone. Quelli che si oppongono al progetto socialista, però, non hanno alcun progetto alternativo per il Venezuela, nessun progetto, di nessuna natura. Semplicemente lo avversano. Si suppone che per essere contro qualcosa si debba avere una proposta alternativa, non che si contrasti qualcosa solo per contrastarlo. Questa è una trappola per l’opposizione venezuelana perché non avendo alcun progetto o proposta per il Paese, si capisce bene che l’unica cosa a cui l’opposizione ambisce è il potere solo per il potere stesso. Dicono di voler rimpiazzare il chavismo e il suo progetto, ma non hanno alcuna alternativa al chavismo e al suo progetto socialista. Vogliono solo dividere, è la tecnica del Machiavelli del divide et impera. Qui in Italia potete attingere dall’esperienza di Machiavelli e di Gramsci per costituire e sviluppare un progetto che permetta al popolo di costruire la propria società nel modo più felice e fortunato.

[Intervista realizzata da Clara Statello per ALBAinformazione]

 

Roma 4mar2015: Chávez uomo di pace

Hugo Chávez entre ceja y ceja

Palabras del Embajador Julián Isaías RODRIGUEZ DÍAZ, en ocasión del cumpleaños 60 del Com Hugo CHÁVEZ FRÍAS y de la clausura del III Congreso del PSUV

CARACAS, 28 DE JULIO DE 2014 

Por fin alguien se había instalado en el país para comprender a los pobres

por Julián Isaías RODRIGUEZ DÍAZ

Cada vez que me refiero a Hugo Chávez siento entre ceja y ceja al hombre que más admiré en los últimos quince años; al amigo, al guía y al conductor. 

Llegó como un elegido a la Venezuela agotada. Nadie como él dio tantas respuestas a las demandas legítimas del pueblo. Nadie como él expresó con la humildad de un maestro de escuela su discurso didáctico, sin grandilocuencias, enfático y sin ostentaciones. Hablaba sin razonamientos complicados y todo el mundo lo entendía.

Nació un día como hoy, el 28 de julio de 1954, pero hay gente que nace varias veces. Él nació otra vez con los acontecimientos del 27 de febrero de 1989 y, posteriormente,  el 4 de febrero de 1992. Después de su eterno “por ahora” se quedó suspendido en el imaginario popular como esas ánimas que en el llano llaman los santos de la sabana.

Por fin alguien se había instalado en el país para comprender a los pobres. Para luchar por ellos y hacernos entender que para ellos no hubo nunca derechos ni justicia. Pero aún más sin derechos, sin techo y sin justicia, insólitamente, debían darle gracias a Dios por todo lo que tenían.

Encontró Hugo Chávez a su llegada, una Venezuela donde la desigualdad era la regla y donde la gente de abajo no existía. Nadie los tomaba en cuenta y eran totalmente inexistentes para eso que llaman las “estadísticas de estado”. Eran absolutamente invisibles, como Garabombo, el personaje inolvidable de Manuel Scorza.

Las quejas de los pobres no se oían. Sus reclamos y sus denuncias sobre los abusos no se escuchaban. La indiferencia y la desatención producían una sorpresiva y extraña invisibilidad que como enfermedad afectaba a todas las autoridades del interior y de la capital de Venezuela.

Ellas no veían a los invisibles. No querían verlos. Y no era este un hecho de esos que pudiéramos llamar banal. Marcaba exactamente el momento en el cual históricamente se necesitaba una nueva libertad. Estos hechos fueron para ese tiempo el rasgo más real y más objetivo del poder. Los marginados no existían. Una clase social que aún los oprime expresaba su dominación, tal cual como ahora, escondiendo las ideas así como hoy se esconde la leche y el azúcar.

Pasito a pasito Mi Comandante fue consiguiendo una pequeña pizca de credibilidad y otra pizca de confianza. Poco a poco fue creciendo en la esperanza y en las expectativas de los infelices. El país de los humillados no aguantaba más. Estaba absolutamente obstinado de esperar y mantenerse en calma. Pasito a pasito El Comandante fue ganando la voluntad de los oprimidos. Pero, primero que él, llegó aquello que llamaron “el caracazo”.

Sin líderes, ni dirigentes el pueblo ocupó las calles de las más importantes ciudades del país. No asaltaron joyerías, ni bancos, ni tiendas de ropa, sino abastos, bodegas, mercados, carnicerías y puestos de verduras.

Fundamentalmente víveres y alimentos. Harina de maíz, leche en polvo, carne, verduras, arroz, pasta, frijoles y azúcar. Muy pocos repararon en bienes materiales. Cierto es que rompieron vidrieras pero fueron esencialmente los mercados lo que la gente arrasó. La fotografía de un hombre con media res en el hombro le dio la vuelta al mundo.   

El empobrecimiento o la decisión de ser libres ¡Uno no sabe! convirtieron la indignación en acción. Los reporteros retrataron el Juicio Final en cada calle. La respuesta fue increíblemente sorpresiva.  La gente más humilde, la de ningún ingreso cobró de esta manera tanto atropello, tanta iniquidad y tanta humillación.

¡Respondieron  de esa manera contra quienes los negaron y negaron también su hambre y sus necesidades! Durante 48 horas la chusma de la que hablan los amos del valle fueron los dueños absolutos de la Venezuela próspera.

Había estallado una violencia postergada para enfrentar  esa otra violencia que ofende y humilla en silencio; que impide existir; que nubla y que, sin hacer ruido, transforma en seres inexistentes a quienes trabajan para otros o peor aún, a quienes no han tenido la oportunidad de trabajar ni una sola vez.El miedo cundió en las esferas del gobierno y el ministro encargado de conservar el orden se desmayó. Cayó como muerto frente a las pantallas de los canales de televisión. El gobierno había coordinado todo para que la represión pudiera observarse nítidamente. Hasta en el más minúsculo de sus detalles, pero Dios existe y en aquellos  circuitos donde nada debía quedar sin verse se vio al ministro desplomarse y caer largo a largo en la mitad de la pantalla.

Luego vino el toque de queda, la ley seca y las informaciones de que la morgue estaba repleta de cadáveres. Con la suspensión de garantías el estado manipuló para sacar la gente de las calles. La medida no tenía otro fin que intimidar e  impedir las aglomeraciones y manifestaciones. Solo que  también impidió la información de cuanto sucedía. Desapareció el derecho a la vida, a la inviolabilidad del hogar, al debido proceso, a la integridad personal, a la dignidad y al decoro.

¡Hasta la libertad de expresión quedó restringida!

De nada valió la denuncia de los reporteros tratando de rescatarla. Los periodistas decían que a la verdad jamás se le puede dar carácter subversivo, pero el gobierno respondió que las medidas y el estado de sitio… “eran para preservar la estabilidad y el orden…”.

Mi Comandante el día del estallido se encontraba en su casa con los hijos, desesperanzado. Eran otros quienes agredían al pueblo. Sufrió, Mi comandante, en su propio cuerpo, el terror, la persecución y el dolor de la gente que no tenía poder.

¡La ira y la desesperación se lo comían por dentro!

He revivido muchas veces cada  uno de  estos hechos. Los he recordado con sufrimiento y aun oigo el sonido de las ametralladoras en los tanques y en los carros militares vomitando su soberbia de plomo contra un pueblo desarmado. 

Diez mil o más ciudadanos, mujeres, hombres, niños y niñas murieron con el pecho y los brazos abiertos en las calles. Nunca se ha sabido con certeza el número de víctimas que hubo en aquel momento. Aún hoy, después de veinte años, los parientes las escudriñan.  Cuerpos desaparecidos siguen siendo buscados por familiares obstinados y testarudos. La respuesta de ellos cuando se les pregunta por qué tanto empeño, es enternecedora. Queremos, dicen, un sitio donde llevarles flores y colocarles una vela.  

¡En vano los hurgan todavía, nadie sabe dónde fueron asesinados. Una fosa común, blanqueada con cal, cubre aún muchos de los huesos por desenterrar! 

Ha pasado de esto, algún tiempo. 

Fue después, mucho después, cuando desde muy cerca observé al Comandante bajarse del carro militar. Lo vi enfrentar  en 1992 a los oficiales y soldados que incumplieron la orden del Libertador de no disparar contra el pueblo ¡Maldito sea el soldado que voltee sus armas contra su propio pueblo! 

Habían pasado exactamente tres años y, ahora, con otros oficiales, con otros soldados y otros carros militares, mi Comandante, confrontó a quienes cometieron la espantosa masacre del 27 de febrero de 1989.

Fue precisamente este 27 de febrero el preámbulo para la rebelión militar del 4 de febrero de 1992. Gracias a esta rebelión el  comandante desayunó conmigo años después en mi apartamento frente a la sede de los tribunales, en la calle Vargas de Maracay,. 

Desde el 4 de febrero de 1992 me identifiqué con él y con su proyecto de hacer una nueva Constitución. Mi Comandante intentó tomar el poder civil y militar por una vía no convencional, pero no era el tiempo para ello. Tal como había ocurrido el 27 de febrero de 1989 la  oligarquía volvió a derrotar la causa popular. Juzgado Mi Comandante, y judicialmente condenado fue liberado en 1994, dos años después.  

¡Un indulto o un sobreseimiento ordenado por el Presidente Constitucional de la República debió ser la consecuencia de unos cuantos arrepentimientos diferidos! 

Mi Comandante en 1997 entró al apartamento donde yo vivía. A poco de sentarse me pidió  que le acompañara en las nuevas tareas que emprendería. Estaba dispuesto, dijo,  a hacerse democráticamente con la presidencia de la república de Venezuela. 

Le respondí con respeto que yo había atravesado todos los desiertos de la política… la incredulidad… la frustración… el desengaño… los desaciertos, las traiciones y que estaba, casi como después lo he vuelto a estar, profundamente decepcionado de los dirigentes políticos, de la política y de los partidos venezolanos sin excluir ninguno.   

¡No creo en nada, ni en nadie! Le dije…. Agradecí, sin embargo, su gesto de confianza y su intención de volver a hacerme creer en algo. Le ratifiqué, con las debidas consideraciones, la alegría de estar absolutamente identificado con él desde el 4 de febrero de 1992, pero que perdonara, porque en realidad no confiaba, ni creía en nadie. 

Con mis heridas abiertas le expresé que Venezuela no sería rescatada nunca a través de un golpe de estado y que la lucha por el poder, con todas las contradicciones que ello significara en aquel momento, debía pasar por una cadena de actos democráticos, inclusive electorales, para llevar sin violencia o  con la menor violencia posible el país a puerto seguro.  

Manifesté –y durante mucho tiempo he pensado que no fue oportuno hacerlo saber- que no tenía fe en muchos de quienes lo estaban acompañando. Unos, porque eran de una izquierda que  era poco zurda y otros porque solo Dios sabría a que apostaban. 

En cuanto a los de izquierda le di a Mi Comandante varios nombres conocidos y le expresé que ellos jamás lo  aceptarían por jefe.  

Confieso que no se sorprendió cuando le manifesté que estos próceres de la guerra no creían sino en “ellos mismos” y jamás tendrían por jefe a un teniente coronel. 

De los otros, hablando lo más prudente y silencioso que pude, expresé: “muchos de ellos no son sinceros,  ni con usted, ni con el país. Tienen poca formación política, demasiada vocación autoritaria y muy poco coraje”

Le manifesté que algunos de estos señores con charreteras brillantes detestaban a quienes no vistieran de uniforme. Le expresé  que estos no creían sino en la espada, el bastón de mando y el uniforme de gala.

Respetuosamente le sugerí que tuviera cuidado con ellos, porque algunos podían ser solo compañeros de una historieta de papel para sentirse héroes de un fin de semana. ¡El camino  les quitará las máscaras! Me atreví a declarar. Pocos, muy pocos, sobrevivirían para la gloria y la libertad, opiné finalmente. 

Me oyó con tolerancia. Me miró siempre a los ojos. Nunca perdió la compostura, ni tampoco la calidez de su voz. No alteró el tono, ni la ternura de su aplomo. Tal vez pensaba en construir el movimiento cívico militar que forma parte de ese mestizaje político y revolucionario con el cual estamos construyendo un socialismo mulato y moreno Insistió serenamente en persuadirme: ¡De todos modos quiero contar contigo

Lo recuerdo con su fuerza sincera y leal, donde había carga, deuda, empeño y responsabilidad; donde había respeto y entereza. Me reiteró que se marchaba pero… que la conversación no concluía… 

Cuando se retiró, confieso que me dejó pensando…. 

En febrero de 1998, decantado de quienes miraban por encima del hombro al Che Guevara. Sin tanta  hombrera y trencilla junta. Sin los que lo dejarían solo en el primer intento de golpe de estado que hubo contra él. Sin esa cobardía y oportunismo uniformado, me visitó de nuevo. 

Esta vez respondí que lo acompañaría. Mi Comandante había decidido participar como candidato a la presidencia de la república de Venezuela y todo el que tuviera una pizca de compromiso debía asumir lealmente esta actitud. 

Se arriesgó a desmontar esa verdad inefable de nuestra historia, según la cual nadie se despoja de privilegios sin haber calculado como mantenerlos intactos. Lo eligieron…lo eligieron presidente de Venezuela… en un contexto único y quizás irrepetible para América Latina. 

Después de su elección la región empezó a salir de los radares internos de los Estados Unidos del Norte. Nueva Constitución y nueva lógica se instauraron en Venezuela. Esta vez el gobierno no bajó de la montaña, ni disparó un solo tiro, no tenía barba, ni experiencia, pero sí compromiso. 

¡Decidí acompañarlo…! 

Mi Comandante asumió la jefatura de un gobierno democrático que desembocaría en una revolución. Por vía  electoral pero con rumbo hacia la revolución. La legitimidad de una elección popular universal y directa le confirió la conducción de un proceso nuevo… Después, ganaría 14 elecciones seguidas en trece años. 

Mi Comandante entregó a su pueblo desde su gestión soberanía, respeto, cohesión social y dignidad. Su lenguaje llano y directo fue desafiante, pero modesto y ágil. Su palabra tenía la malicia y la valentía que hace sudar el alma de los pueblos. Hablaba con un verbo que llegaba a los oídos y a los corazones.

Se propuso hablar de economía de manera sencilla y lo logró. Rompió el academicismo babeliano que tanto confunde. Siempre sostuvo que el lenguaje es un mecanismo de opresión y de dominio, inclusive de exclusión. 

Una vez manifestó que todos los lenguajes son mecanismos para hacer que los pueblos permanezcan al margen de sus procesos sociales y políticos. Es de esa forma como se les aísla, decía. Los hombres y mujeres del pueblo desconocen lo que ocurre día a día en sus narices porque el lenguaje todo lo encubre. Es ese lenguaje el que hace que la gente se vuelva  ausente, como atontada y medio muerta. 

Sus alianzas internacionales y la reducción de la oferta del petróleo hicieron que Venezuela  tuviera recursos económicos suficientes para la salud y la educación, así como para promover  más y mejor democracia o, por lo menos, para diseñar una  democracia que no fuera tan hipócrita. 

Fueron estas alianzas las que permitieron incorporar al pueblo al protagonismo y a la movilización. Esa tarea implicó riesgos y exigió una inmensa reforma, pero al final, entregó a los ciudadanos confianza, participación, compromiso e identidad. Entendió, además, que su revolución no tendría éxito si la encerraba en las fronteras de su país y la dejaba presa en un solo territorio. 

Al igual que Bolívar y otros libertadores pensó que repúblicas incomunicadas se agotarían en sí  mismas. Cuando la lucha se dispersa contra un enemigo común no se tiene éxito. Auspició entonces la solidaridad, la complementariedad y la idea de una patria continental. 

¡Fue así como pudo oponerse a la globalización! 

Con su ayuda y la estrategia de un forcejeo valiente contra poderosos consorcios económicos internacionales abrió camino para otros procesos libertarios y democráticos en el continente y en el mundo. 

Su irreverencia hizo menos difícil la lucha contra el imperialismo y las transnacionales. A éstas las confrontó sin temor y estuvo siempre dispuesto a respaldar y a dar solidaridad a los gobiernos hermanos y a sus vecinos. Mi Comandante entendió con claridad meridiana la importancia del momento histórico que vivía y aun vive la América Latina. 

Haber garantizado la independencia política y económica de Venezuela en instancias internacionales le permitió hablar con firmeza,  de igual a igual, de quién a quién. Fue esa, una de las razones por las cuales logró enarbolar la bandera del socialismo necesario.

Esperó hasta el 2005 para darla a conocer.

No blandió empero cualquier socialismo… empuñó uno que tuviera raíces en su patria. Que fuera escuela de libertad y opinión. Uno, que mantuviera semejanzas con los credos y tradiciones de América Latina. Vinculado a los ríos y a los árboles, a la naturaleza, al ambiente, al agua y a los valores solidarios de los primeros habitantes de la Abi Ayala de los primeros días. 

Recreó de esta manera los principios del socialismo científico, los modos de producción y la dialéctica hegeliana. Incorporó, como forjador de luchas sociales, al Jesús del camello y del ojo en la aguja, al Cristo Redentor del látigo contra los mercaderes en el templo. 

Igualmente incorporó la ausencia de propiedad privada en las culturas indígenas de América Latina. Agregó las experiencias de lucha de ellos contra los españoles, la entrega libertaria de nuestros próceres independentistas y sus cartas, sus proclamas, sus discursos, sus delirios y sus contradicciones. 

Incorporó el amor como fuente de lucha. El verdadero  revolucionario está guiado por grandes sentimientos de amor, dijo él Che. Creía Mi Comandante en el amor al prójimo y en el amor a la humanidad 

Con el menor costo humano llevó a cabo su proceso de cambios revolucionarios y sustanciales en Venezuela. Los adversarios lo reconocerán algún día. Aunque en verdad se lo merecen ninguno de nuestros adversarios ha sido masacrado como lo fue el pueblo guatemalteco en 1954, en la Guatemala de Arbenz o como lo fue el pueblo chileno en 1973, en el Chile de Allende.  

Aportó Mi Comandante un camino alterno a la violencia revolucionaria para hacer una sociedad de iguales. Hasta ahora la violencia  ha sido la única forma de hacer parir a la historia. Venezuela sin embargo se permite ofrecerle hoy a los pueblos  una precaria, pero valiosa experiencia de que por otra vía, en otro tiempo puede ser posible otro mundo, con otra civilización y una mayor justicia social. Sin que ello sea rigurosamente cierto, algunos llaman a nuestro proceso “revolución pacífica y electoral”. 

Es todo esto lo que se conoce con el nombre de chavismo. El chavismo es práctica y doctrina. Es teoría y praxis de un socialismo tropical sustentado en las raíces culturales y libertarias de todos los pueblos que libertó Simón Bolívar. Chavismo es también trozos de Palestina sin esos viejos y nuevos testamentos que se utilizan para someter y para chantajear religiosamente a la humanidad. Chavismo es el coraje valiente con el cual el presidente Maduro reclamó la libertad de  uno de nuestros generales ante Holanda para desbaratar las maniobras provocadoras de los Estados Unidos. Chavismo es el Comandante vivo en sus ideas y en su pensamiento.   

¡No nos engañamos, es cierto, Mi Comandante, no está más físicamente…! Vi personalmente y por televisión sus funerales. Había más de tres millones de ciudadanos saludándolo. El luto se extendió a varios países y desde entonces las calles y las plazas se llaman como él. 

Para despedirlo recuerdo que escribí notas como esta: 

“Me enseñaste a luchar y a vencer. Es cierto que las revoluciones  las hacen los pueblos y la historia. Pero en algún momento fuiste tú el padre de todo, así como paradójicamente eres el hijo de todo. 

¡Querido Comandante, te vamos a extrañar! Diremos ¡presente! cuando nos convoques desde cualquier lugar. ¡Te seremos leales…! 

Contigo, la lealtad es una palabra nueva. La creaste con otro nombre. La llamaste soberanía, que es una palabra sólidamente femenina. Tan femenina como Constitución y como vida…. 

El cáncer y el dolor, por el contrario, son vocablos masculinos. Más allá de que te lo hayan inoculado siempre me ha parecido que tu parte masculina aprendió de toda la fortaleza femenina que cargabas la forma de construir esa  estirpe llena de símbolos con la que desafías tu muerte.” 

¡Hasta la victoria siempre, Comandante!

18 Giugno 2014: Reading di poesia venezuelana a Napoli

Il Consolato Generale della Repubblica Bolivariana del Venezuela a Napoli e la Biblioteca Nazionale di Napoli, Sezione Venezuelana, invitano al reading poetico.

In occasione dell’incontro, avremo il piacere e l’onore della presenza dell’autore, l’Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia, per conoscere da vicino parte della sua produzione poetica.

L’America Latina ha una lunga tradizione di diplomatici dediti alla poesia, e possiamo dire senza dubbio che Julián Isaías Rodríguez Díaz, avvocato e poeta, ne fa parte a pieno titolo.

L’Ambasciatore venezuelano ha anche ricoperto per il proprio Paese l’incarico di Procuratore e Vice Presidente della Repubblica.

I testi selezionati, letti in spagnolo, saranno disponibili per i presenti
anche nella traduzione italiana

Condotto da Marnoglia Hernández Groeneveledt,
Console incaricato a.i., Consolato Generale della
Repubblica Bolivariana del Venezuela a Napoli

Il reading si terrà presso la Biblioteca Nazionale di Napoli,
Sezione Venezuelana, Sala di lettura Simón Bolívar
il giorno mercoledì 18 Giugno alle ore 16.

Info: 081.5518159 – e-mail: [email protected]

(VIDEO) La Commissione Affari Esteri (M5S) incontra Rodríguez Díaz

Il 17 marzo 2014, la Commissione Affari Esteri del Movimento Cinque Stelle (M5S) ha incontrato alla Camera dei Deputati l’Ambasciatore venezuelano a Roma, Julián Isaías Rodríguez Díaz. Qui il video integrale.

"En Tiempos de Guarimba"

Conoce a quienes te quieren dirigir

La Covacha Roja

Donde encontramos ideas avanzadas

Pensamiento Nuestro Americano

Articulando Luchas, Cultivando Resistencias

RE-EVOLUCIÓN

Combatiendo al neofascismo internacional

Comitè Antiimperialista

Contra les agressions imperialistes i amb la lluita dels pobles per la seva sobirania

SLAVYANGRAD.es

Nuestra ira no tiene limites. (c) V. M. Molotov

Auca en Cayo Hueso

Just another WordPress.com site

Gli Appunti del Paz83

Internet non accende le rivoluzioni, ma aiuta a vincerle - Il Blog di Matteo Castellani Tarabini

Sociología crítica

Articulos y textos para debate y análisis de la realidad social

Hugo Chavez Front - Canada

Get to know what's really going on in Venezuela

Revista Nuestra América

Análisis, política y cultura

Avanzada Popular

Colectivo Avanzada Popular

Leonardo Boff

O site recolhe os artigos que escrevo semanalmente e de alguns outros que considero notáveis.Os temas são ética,ecologia,política e espiritualidade.

Planetasperger

sindrome de asperger u otros WordPress.com weblog

Vientos del Este

Actualidad, cultura, historia y curiosidades sobre Europa del Este

My Blog

Just another WordPress.com site

Festival delle idee politiche

Rassegna annuale di teorie politiche e pratiche della partecipazione civile

Far di Conto

Piccoli numeri e liberi pensieri

Miradas desde Nuestra América

Otro Mundo es Posible, Necesario, Urgente. Desde la provincia chilena

Como te iba contando

Bla bla bla bla...

Coordinadora Simón Bolívar

¡Bolívar vive la lucha sigue!

LaDu

Laboratorio di Degustazione Urbana

il Blog di Daniele Barbieri & altr*

"Per conquistare un futuro bisogna prima sognarlo" (Marge Piercy)

KFA Italia - notizie e attività

notizie dalla Corea Popolare e dalla Korean Friendship Association

KFA Euskal Herria

Korearekiko Laguntasun Elkartea | Korean Friendship Association

ULTIMOTEATRO.PRODUZIONIINCIVILI

Nuova Drammaturgia del Contemporaneo

Sociales en PDF

Libro de sociales en formato digital.

matricola7047

Notes de lectura i altres informacions del seminari sobre el Quaderns de la Presó d'Antonio Gramsci ( Associació Cultural Espai Marx)

Centro Cultural Tina Modotti Caracas

Promoción de la cultura y arte Hispanoamericana e Italiana. Enseñanza y educaciòn.

Racconti di quasi amore

a costo di apparire ridicolo

Ex UAGDC

Documentazioni "Un altro genere di comunicazione"

Esercizi spirituali per signorine

per un'educazione di sani principi e insane fini

JoséPulido

La página del escritor venezolano

Donne in rosso

foglio dell'ADoC (Assemblea delle donne comuniste)

Conferenza Mondiale delle Donne - Caracas 2011

Just another WordPress.com site

críticaypunto

expresamos la verdad

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: