Khamenei: «Sostenere sempre la Siria e i popoli oppressi nell’area»

da al manar

L’accordo sul nucleare con i 5+1 non cambierà la politica iraniana contro “l’arroganza del governo americano”, né finirà la politica di sostegno dell’Iran ai popoli oppressi nella regione, ha dichiarato oggi, la Guida Suprema della Rivoluzione Islamica, l’Ayatollah Sayed Ali Khamenei.

Durante l’omelia della festa di al-Fitr, che segna la fine del mese di digiuno musulmano del Ramadan, Sayed Khamenei ha assicurato che «la Repubblica islamica dell’Iran non rinuncerà a sostenere i popoli oppressi della Palestina, Yemen, Bahrein, Siria e Iraq, e la sincera resistenza dei mujahideen in Libano e in Palestina. (…) La nostra politica non cambierà contro il governo arrogante degli Stati Uniti».

Il leader iraniano ha messo a tacere alcune voci che suggerivano un raffreddamento dei rapporti tra l’Iran e gli Stati Uniti. «La nostra politica nei confronti degli Stati Uniti non cambierà» ha insistito l’Ayatollah Khamenei, i cui commenti sono stati accolti dagli slogan “Morte all’America” ​​e “Morte a Israele”.

«Abbiamo detto molte volte, non abbiamo un dialogo con gli Stati Uniti sulle questioni internazionali, regionali o bilaterali. A volte, come nel caso nucleare, abbiamo negoziato con gli Stati Uniti sulla base dei nostri interessi», ha precisato in seguito.

Sayyed Khamenei ha anche sottolineato che «le politiche americane nella regione sono contrarie al 180% a quelle della Repubblica islamica dell’Iran. Gli Stati Uniti sostengono l’entità sionista che uccide i bambini».

Il leader iraniano, che è anche il capo delle forze armate, ha evidenziato la determinazione del suo Paese nel preservare le sue capacità militari.

«Per quanto riguarda il mantenimento delle capacità militari e difensive, soprattutto nell’ambito delle minacce create dal nemico, la Repubblica islamica non accetterà mai richieste eccessive dei nemici», ha aggiunto.

Ha continuato: «Non vogliamo nessuna guerra, ma nel caso in cui avvenisse, gli aggressori americani saranno sconfitti», riferendosi alle minacce di guerra contro l’Iran.

Per quanto riguarda le accuse occidentali, secondo le quali, questo accordo ha impedito all’Iran di acquisire armi nucleari, la guida ha spiegato che «ad impedire all’Iran di acquisire la bomba atomica non sono state minacce, ma i precetti religiosi che vietano tali acquisizioni».

Khamenei ha aggiunto che «Gli USA sostengono che l’Iran abbia fatto concessioni, questo è un sogno che l’amministrazione statunitense non potrà mai vedere».

Il leader iraniano ha, in questo contesto, accolto con favore il lavoro svolto dai negoziatori che hanno “lavorato sodo”. «Se l’accordo sarà approvato o meno dal Parlamento, secondo la procedura legale prevista, meritano un premio», ha affermato.

«L’Iran non si è fermato di fronte al 5+1, costringendoli a riconoscere il diritto dell’Iran nel settore nucleare», ha ribadito Sayed Khamenei.

[Trad. dal francese per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

Risoluzione Onu sullo Yemen: voto favorevole di Cina e Venezuela

resizedi Diego Angelo Bertozzi – lantidiplomatico.it

Riporto di seguito le dichiarazioni dei rappresentati di Cina e Venezuela in occasione del voto favorevole alla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu sulla situazione in Yemen. La risoluzione 2216 (2015) ha ricevuto 14 voti favorevoli e la solo astensione della Russia. I due Paesi insistono in una lettura della risoluzione volta all’attivazione di un dialogo nazionale tra le pari in causa, senza interferenze esterne e, soprattutto evitando il ricorso alla soluzione militare. L’intervento del rappresentante Usa, invece, si è sviluppato in una vera e propria requisitoria contro i ribelli Houthi, considerati come unica e possibile fonte di instabilità regionale. Possiamo pensare che il voto favorevole dei due governi – come l’astensione russa – siano inquadrabili nel tentativo di guidare collettivamente, in sede Onu, la crisi nella penisola arabica, evitando ulteriori azioni unilaterali. Nella risoluzione si può, infatti, leggere, accanto al pieno sostegno alla legittimità del presidente dello Yemen, Abdo Rabbo Mansour Hadi, l’appello «a tutte le parti e agli Stati membri ad astenersi dall’intraprendere qualsiasi azione che mini l’unità, la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale dello Yemen».
 
LIU Jieyi (CINA) ha detto che la risoluzione ha ribadito il sostegno della comunità internazionale all’unità, alla sovranità e all’integrità territoriale dello Yemen e l’impegno ad appianare le divergenze in modo pacifico e attraverso il dialogo. E’ molto importante ripristinare la stabilità nello Yemen e nella regione in generale, ha aggiunto, sottolineando che non ci può essere alcuna soluzione militare. Tutte le parti devono lavorare per il raggiungere un cessate il fuoco rapido e ripristinare la stabilità e l’ordine attraverso una transizione politica inclusiva guidata dal popolo yemenita. La Cina spera tutte le parti rispettino tutte le risoluzioni pertinenti, comprese quelle sulle questioni umanitarie e l’evacuazione e la protezione del personale e delle strutture diplomatiche.
 
RAFAEL DARÍO RAMÍREZ CARREÑO (VENEZUELA) ha motivato il voto a favore del testo con la prospettiva di consegnare al Consiglio di sicurezza il ruolo principale nei confronti della crisi in Yemen. Non c’è alternativa ad una soluzione politica; tutte le parti devono sostenere gli sforzi finalizzati a tale obiettivo e osservare diligentemente diritti umani internazionali, il diritto umanitario e facilitare l’assistenza ai bisognosi. Ha ricordato che poiché gli unici a trarre beneficio dal conflitto in corso sono stati gruppi terroristici ed estremisti, è essenziale tornare al dialogo. 

Il Pilota giordano ucciso per non rivelare il sostegno USA all’Isis

da hispan.tv

Gli aerei da guerra degli Stati Uniti, hanno appoggiato l’Isis, Daesh in arabo, per abbattere il pilota dell’aereo giordano Kassasbeh al-Maaz. Lo ha rivelato, oggi, Yemennow, portale di notizie yemenita.

«La Giordania è stata coinvolta nelle operazioni della cosiddetta coalizione contro l’Isis e Al-Kassasbeh si era reso conto che gli aerei degli Stati Uniti lanciavano ripetutamente spedizioni di armi al gruppo takfiro in Siria», ha riferito, a condizione di anonimato, il sito yemenita citando altre fonti arabe.

«Il pilota giordano nel vedere l’atto paradossale degli Stati Uniti d’America, ha informato le forze aeree giordane dei fatti, e pochi minuti dopo il suo aereo è stato colpito da armi sofisticate statunitensi», ha raccontato.

«Pochi minuti dopo la cattura di Al-Kassasbeh, la coalizione antiterrorismo ha annunciato che gli aerei degli Stati Uniti, hanno fornito armamenti per errore al Daesh, giustificando che era previsto che arrivassero nelle mani dei combattenti curdi», ha sottolineato la fonte yemenita.

Ha anche aggiunto che prima che l’aereo del pilota giordano fosse abbattuto, un pilota di un aereo da combattimento degli Emirati Arabi Uniti, Maryam al-Mansuri, «gli ordinò di volare a bassa quota, con il pretesto di colpire le posizioni dell’Isis nella città di Al-Raqqa».

«Quando l’ aereo di Al-Kassabeh è stato abbattuto, il pilota dell’UAE non ha cercato di salvarlo e ha sganciato il paracadute senza informare la coalizione dell’altro incidente aereo», ha assicurato.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

Il Venezuela rifiuta ogni ingerenza in Siria

da sana.sy

La Repubblica Bolivariana del Venezuela ha ribadito il suo rifiuto ad ogni intervento straniero negli affari interni della Siria, sottolineando che il sostegno alle organizzazioni terroristiche in questo paese è considerato “una violazione del diritto internazionale” e che le politiche e le iniziative per il dialogo sono “l’unico modo” per risolvere la crisi.

In questo contesto, l’Ambasciatore del Venezuela presso le Nazioni Unite, Rafael Ramires, ha fatto – nel corso di una riunione dell’organizzazione internazionale di riassumere le funzioni del Consiglio di Sicurezza – un appello per risolvere i vari conflitti nel mondo pacificamente senza che siano nessun intervento straniero.

Inoltre, Ramires ha chiesto, nel suo intervento, che si ponga fine all’occupazione israeliana e che si stabilisca uno Stato palestinese sulla base delle frontiere del 1967.

Il funzionario venezuelano ha ribadito le speranze del suo paese per il raggiungimento di una soluzione politica alla crisi in Yemen, pur evidenziando che la continuazione di questa crisi servirà solo gli interessi dell’organizzazione terroristica come Al Qaeda.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

Yemen. Rivoluzione, non colpo di Stato

di Talal KhraisSpondaSud.it

I recenti avvenimenti nello Yemen, malgrado la loro specificità che riguardano la partecipazione degli esclusi dalla società, favoriscono un’alleanza che coinvolge Iran, Iraq, Siria e Libano. Questi eventi favoriscono inoltre una presenza massiccia della Federazione Russa che, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, aveva perso il controllo strategico su quell’area. Non sono servite le sanzioni e il ribasso del prezzo del gas per indebolire Tehran e Mosca. La caduta di San’a nelle mani degli Huti (o Houthi) ha imbarazzato la Casa Bianca perché impossibilitata ad andare contro un movimento che da sempre è in prima linea contro al Qaedah nello Yemen.

Questo scenario è in grado di far tremare anche la monarchia saudita dove tre milioni di sciiti vivono sotto la soglia della povertà. L’Esercito Regolare Yemenita e il Potere Centrale hanno lasciato gli Houthi a combattere da soli contro i Jihadisti di Aymen al Zawahri che, in un appello, ha invocato l’unificazione tra al Qaida yemenita e lo Stato islamico (Isis) per combattere gli alleati di Tehran: “Che Allah illumini gli emiri di al Qaida nello Yemen per l’elezione del califfo (ndr. Abu Bakr al Baghdadi) per evitare il male in arrivo per la loro gente”.

Da quando gli Houthi, una ramificazione zaidita, della regione settentrionale di Saada,organizzata sotto la guida di Abdel-Malek Al Houthi, è insorta avanzando attraverso gli altopiani dello Yemen, e facendo sempre più pressione sulla fazione politica più importante e potente, Al Islah, il Paese ha assistito al passaggio di potere in loro favore.

Pochi sanno chi sono gli Houthi, malgrado la loro storia e la loro cultura. Gli Houthi sono i principali emarginati della politica yemenita, hanno patito molte umiliazioni e sconfitte perpetrate dal regime dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh. Costretti a sopportare una repressione secondo criteri religiosi e un isolamento politico a causa della loro presunta amicizia con l’Iran.

Contro le oppressioni e l’ingiustizia, e di fronte all’estensione di al Qaedah principale nemico dei sciiti, hanno organizzato una milizia reazionaria sotto la spinta dello sceicco Hussein Baddreddin Al Houthi.

Nonostante gli Houthi siano riusciti con successo a incassare il sostegno pubblico, anche da parte della società civile delusa della corruzione e dall’incapacità dello Stato di fare fronte al fenomeno qaedista, e si siano presentati come una vera alternativa alla vecchia guardia nell’Arabia Felice, chiamando tutti a far parte della vita politica, si sono trovati tra due fuochi: da una parte al Qaedah e dall’altra un potere colluso con le forze più radicali e i movimenti terroristici.

Malgrado il successo, gli Houthi si sono trovati nell’occhio del ciclone della propaganda occidentale, accusati di qualunque nefandezza, compresa la corruzione. Abdel-Malek al-Houthi ha respinto ogni accusa: “L’ipotesi di un colpo di Stato è falsa, è il presidente Hadi ad aver protetto i corrotti”. Un presidente che, secondo i rivoluzionari, è in combutta con al Qaedah e, nella migliore delle ipotesi, non fa nulla per ostacolarla.

Gli Houthi da settembre controllano ampie zone di San’a, grazie a un attacco sferrato un istante dopo la firma di un accordo di pace con il governo, raggiunto grazie alla mediazione delle Nazioni Unite, che prevedeva la nascita di un nuovo esecutivo non ostile a loro.

 BREVE ACCENNO SUGLI HOUTHI

La fazione zaidita– branca dell’Islam sciita  -era nata inizialmente in reazione alla propensione della capitale Sana’a verso l’Islam sciita,nel 1994. Una volta crollato il regime di Saleh, gli Houthi rinacquero come nuovi protagonisti della scena politica dello Yemen. Prima dell’arrivo del gruppo a Sana’a, gli Houthi sono passati attraverso lo Yemen meridionale, contestando e rimuovendo, ovunque, la principale forza politica dello Yemen, Al Islah – fazione che agisce da ombrello politico per parecchi gruppi, fra cui i Fratelli musulmani e i salafiti. Potenti con un programma socio economico guidati da Abdel-Malek Al Houthi sono diventati l’emblema del malcontento degli yemeniti, portavoce dei deboli e dei poveri e salvatore dello Yemen.

Il Paese è stato per decenni diviso in due Stati, con lo Yemen del nord dominato dal governo assolutista di Ali Abdullah Saleh,mentre nella parte sud vigeva il governo delle Repubblica Democratica popolare dello Yemen. Poi nel maggio 1990 è arrivata l’unificazione. In questo quadro si inseriscono gli Houthi, anche detti “Ansar Allah” (Partigiani di Dio), che rappresentano la minoranza sciita del Paese (circa il 40% dello Yemen).” Chiedendo della natura del suo movimento, il leader ha detto: “Siamo nati nei primi anni ’90 nella regione di Sadaa, nel nord-ovest del Paese, e apparteniamo ad una variante minoritaria dello sciismo, gli Zaydi, nome che discende da Zayd bin Ali, pronipote di Maometto, a cui riconoscono il titolo di quinto Imam. Dopo un decennio di prevalente attività religiosa e culturale, noi gli Houthi siamo passati all’attivismo politico schierandosi contro il governo centrale,ancora dominato da Saleh”.

Houthi deriva dal nome del leader Hussein al-Houthi, ucciso nel 2004. Una morte che ha dato vita a una lunga fase di conflitto con il governo centrale, causando decine di migliaia di morti e oltre 340mila sfollati. La successione di Hussein come leader del gruppo cadde sul fratello Abdulmalik al-Houthi. Oggi la loro guida è Abdul Malik al-Houthi.

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