(VIDEO) La Siria a Roma con il M5S e il monsignor Tobij

di Danilo Della Valle

“Una mezza verità non è una verità ma è una bugia”. Queste le parole d’accusa dell’arcivescovo cristiano-maronita di Aleppo Monsignor Joseph Tobji che rimbombano nella sala stampa della Camera dei Deputati durante la conferenza sulla Siria organizzata dalla Commissione Esteri del Movimento 5 Stelle con la partecipazione del deputato Manlio Di Stefano e del giornalista Alberto Negri.
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Una nuova puntata di ciò che Di Stefano chiama “un punto di vista alternativo a ciò che il mainstream ci dice” e che stavolta ha fatto scalo ad Aleppo, città martoriata da una guerra che in pochi vedono, che in pochi raccontano, ma della quale tutti parlano. Aleppo era la seconda città della Siria, la città degli scambi commerciali, dove vivevano quattro milioni di persone di diverse etnie e diverse confessioni. Oggi ad Aleppo vive poco meno della metà degli abitanti di un tempo, da quattro anni a questa parte la città è una nuova Berlino, divisa in 2 blocchi: quello est sotto il controllo dei “ribelli” e dei terroristi e quello ovest sotto il controllo dei lealisti al governo siriano. “Purtroppo i media Occidentali parlano solo della sofferenza di una parte della città, quella est sotto il controllo dei “ribelli” -asserisce Monsignor Tobji- “dimenticando che la guerra causa morte e distruzione anche nella parte Ovest. I terroristi si divertono a sparare sui civili, viviamo con la morte negli occhi, solo in questa settimana sono morte 85 persone, è stata bombardata l’Università Statale di Aleppo. Sono ormai anni che non abbiamo la corrente elettrica, la rete è stata danneggiata dai terroristi. E quando ad ucciderci non sono le bombe ci pensano le sanzioni economiche che i governi Occidentali, tra cui quello Italiano, infliggono alla Siria. Con le sanzioni economiche quasi tutta la popolazione vive sotto o poco sopra la soglia di povertà, è come una condanna a morte. Inoltre c’è il fenomeno dell’immigrazione che per noi è un grave problema. Le persone, soprattutto i giovani, scappano dagli orrori della guerra e questo fenomeno lascerà la Siria senza una generazione di giovani, senza futuro”.
Le parole del vescovo Maronita, sebbene molto dure, hanno lasciato anche un briciolo di speranza attraverso la proposta ripetuta in sala stampa dopo averla riferita al Senato. “L’unico modo per porre fine a questa guerra è smettere di vendere armi ai ‘ribelli’ e fermare i flussi di terroristi che attraverso la Turchia giungono in Siria. I governi stranieri dovrebbero favorire accordi politici, conciliazioni tra le religioni ed incoraggiare il commercio e la ricostruzione per far sì che il popolo siriano possa tornare a vivere una vita normale”.
A fare eco alle parole del vescovo è stato il giornalista Alberto Negri che ha raccontato in maniera molto chiara la sua lunga esperienza in Medio-Oriente. Il giornalista ha raccontato di come la città di Aleppo fosse il “crocevia dell’umanità” dove si incrociavano migliaia di iracheni, palestinesi, libanesi che vivevano in pace in Siria; di come la Siria fosse l’unico Paese che consentiva ai Palestinesi di vivere in pace e studiare senza alcun documento particolare. Secondo il reporter italiano infatti la Siria potrebbe esser paragonata alla Yugoslavia, un Paese multiculturale e multiconfessionale distrutto dalle ingerenze straniere che hanno fatto leva su alcune contraddizioni interne. Solo che oggi la Russia di Putin sembra esser più decisa a difendere l’alleato Siriano di quanto il governo russo dell’epoca lo fosse nei confronti della Yugoslavia.

“Ci sono tanti pezzi di questa storia, ognuno di essi è importante. Tutti gli Stati della regione sono stati disgregati e ridotti in polvere. Io sono stato ad Hama quando c’era una legittima protesta popolare contro il governo. Questa protesta che era senza dubbio pacifica si è trasformata in poco tempo in un conflitto. Il 6 Luglio 2011 l’ambasciatore Usa in Siria passeggiava in mezzo ai ribelli, per giunta in un Paese Arabo ostile, il giorno dopo si vide l’ambasciatore francese. Avete mai visto un Ambasciatore Usa passeggiare sul lungotevere?” -ha dichiarato poi Negri- “Da quel momento in poi sono cominciati ad arrivare mercenari dalla Tunisia, Libia, e molti atri paesi, passavano attraverso la Turchia. I feriti erano curati in una struttura privata, pagata dal Qatar, li abbiamo anche intervistati. Al ritorno dalla Siria era chiaro l’obiettivo: quello di trasformare il Paese in un nuovo Afganistan degli anni 80, quello che osteggiò l’Urss. Questa è una guerra caldissima, che ogni giorno lascia sul campo tantissimi morti, nonostante i media parlino di una guerra fredda. Da un lato c’è l’asse della Resistenza, formato da Russia, Iran, Libano ed esercito Siriano, e dall’altro c’è l’asse formato dai “ribelli”, dagli islamisti e dagli Usa che si appoggiano sia ai Curdi, acerrimi nemici dell’Isis e con un progetto politico ben definito, sia ai ‘ribelli’ che combattono direttamente con i terroristi”.

Parole forti quelle di Alberto Negro che hanno riscosso abbastanza consensi tra gli addetti ai lavori. Al termine delle testimonianze dirette è toccato al deputato Manlio Di Stefano concludere dicendo che è necessario che le forze politiche Italiane ed Europee che hanno a cuore la pace si facciano sentire nelle istituzioni nazionali ed Europee con iniziative pratiche atte a chiedere l’immediata cessazione dei commerci di armi con i terroristi e la cancellazione delle sanzioni economiche che affamano la popolazione.

Di Stefano, senza peli sulla lingua, ha accusato il governo Renzi di piangere per i morti della guerra in Siria ma allo stesso tempo di continuare a vendere armi ad una delle parti in causa in questa guerra che uccide ogni giorno centinaia di persone. Inoltre il deputato del M5S ha ribadito che in Occidente dovremmo smettere di fare delle ingerenze atte a sovvertire i governi di altri Paesi per scopi economici, come accade oggi in Siria e come accade in vari Paesi del Continente Latinoamericano.
Non sono mancate neanche le stoccate ad una certa stampa rea di raccontare solo “mezze verità” e di demonizzare una delle parti in causa di questa guerra e tacendo su ciò che realmente accade lontano dall’Italia.
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https://www.youtube.com/watch?v=GCKDdVFcuwg

Roma 3set2016: in piazza per il Venezuela bolivariano!

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L’Italia si unisce al dolore per la scomparsa del Mo. Alirio Díaz

di Prensa Embaveneit – Roma

6lug2016.- L’Ambasciata della Repubblica Bolivariana del Venezuela, la comunità venezuelana e il mondo culturale italiano si uniscono al lutto che affligge i figli, la famiglia e il popolo venezuelano, a seguito della scomparsa fisica del maestro Alirio Díaz, che lascia un immenso patrimonio musicale e culturale per il nostro paese, l’Italia e il mondo intero.

Il maestro Díaz ci ha lasciati durante la notte del 5 luglio, nello stesso giorno in cui il figlio e maestro Senio Díaz, avrebbe dedicato dalla città di Roma un concerto per celebrare l’indipendenza della patria di Bolívar.

Con estrema costernazione, l’ambasciatore Julián Isaías Rodríguez ha dichiararto che “all’apprendere la triste notizia il Presidente Nicolás Maduro, tramite il Ministero del Potere Popolare per la Cultura, ha disposto che venissero effettuate tutte le procedure per eseguire le ultime volontà del maestro Alirio Díaz ovvero ritornare nella sua terra natale”.

Il diplomatico venezuelano ha evidenziato il proficuo lavoro e costante appoggio esistente tra il governo venezuelano e la Fondazione Alirio Díaz grazie all’intermediazione della Missione Diplomatica a Roma per la diffusione della cultura popolare: “Poter divulgare l’opera del maestro Díaz in Italia è una grande gioia. Per noi era un orgoglio vederci rappresentati al di fuori dei nostri confini da un così insigne artista. L’amore che riservava per il Venezuela e l’Italia ha permesso di formare intere generazioni di musicisiti e artisti della chitarra”.

“L’Italia ha rappresentato un momento chiave nella sua formazione musicale. Nella celebre Accademia Musicale Chigiana di Siena frequentò un corso con il maestro Andrés Segovia, che lo acclamava come il migliore studente dell’Accademia. Dobbiamo al Maestro il grande lavoro di recupero e diffusione della musica popolare venezuelana attraverso le numerose adattazioni per chitarra”, ha sottolineato Isaías Rodríguez.

Il maestro Díaz ha scritto un’importante pagina della storia musciale, considerato come il maestro della chitarra latinoamericana e una tra le figure più importanti del panorama chitarristico mondiale. Díaz viveva tra Venezuela e Italia. Ogni anno dava un corso di perfezionamento presso la città di Alessandria (Torino) di cui era stato anche nominato Cittadino Onorario.

La sua traiettoria musicale in Italia segna una tappa fondamentale nella carriera artistica del Maestro. Lo scorso 9 giugno, la Fondazione Alirio Díaz insieme alla Missione Diplomatica a Roma, gli hanno reso un sentito e partecipato omaggio presso l’Istituto Italo Latinoamericano (IILA), in occasione del Quinto Concorso Internazionale di Chitarra che portava il nome del Maestro venezuelano.

Due anni fa, la prima università italiana Sapienza, ha omaggiato il Maestro con un concerto realizzato presso l’Aula Magna. Durante l’evento Senio Díaz e Angelo Colone hanno dato vita a un recital durante il quale venne anche presentata la prima biografia dedicata a Alirio Díaz, a cura di Alejandro Bruzual.

Il prossimo sabato 09 luglio alle 10.30 del mattino (ora italiana), si terrà una Messa in memoria del maestro Alirio Díaz presso la Chiesa degli Artisti, Basilica di Santa Maria in Montensano nella città di Roma, per stringersi intorno ai familiari, amici e personalità del mondo culturale latinoamericano, italiano ed europeo. La Missione Diplomatica e la comunità venezuelana parteciperanno al saluto del Maestro venezuelano.

(VIDEO) I democratici genuini in piazza per il Venezuela bolivariano

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L’aggressività dell’imperialismo a trazione statunitense mostra sempre più il suo vero volto di guerra, depredazione, bestialità e manipolazione terroristica dell’informazione.

L’esempio della resistenza dei popoli latinoamericani e dei loro governi democratici, progressisti e rivoluzionari, in primis quelli di Cuba e del Venezuela bolivariano, è un esempio fecondo anche per i popoli europei e per i lavoratori e le lavoratrici migranti provenienti dall’Africa, dall’Asia, dall’Oceania, dalla stessa America latina, che con le loro attività contribuiscono, e non poco, a mandare avanti le economie nei paesi cosiddetti “sviluppati”. 

Urge far sentire la nostra voce, qui in Italia, come abbiamo fatto il 7 giugno 2016 in piazza Vidoni a Roma, insieme ai popoli del mondo, ai migranti, mandare segnali di incoraggiamento al popolo venezuelano vittima, come accadde in Cile con il governo socialista del presidente Salvador Allende nei primi anni ’70, prima che i fascisti lo assassinassero e instaurassero la dittatura militare filo-imperialista, di una guerra economica senza pietà scatenata dagli speculatori della parassitaria borghesia imperialista.

Una guerra contro il popolo e che in forme, tempi e modi diversi è diretta contro tutti i popoli del mondo e che senza dubbio gli stessi popoli troveranno il modo, quanto prima, di sconfiggere, di vincere. 

Dobbiamo liberarci in Europa, in Italia, come nel mondo, dalla cappa oppressiva del sionismo, come quella del Vaticano, che continua a razzolare peggio, mentre alza la cortina di fumo della predica delle belle parole.

Le lunghe marce cominciamo sempre facendo i primi passi, ed ogni volta che sarà necessario, ricominceremo daccapo insieme a tutta l’umanità in lotta, come diceva Lenin, fino alla vittoria finale.

Questi passi li abbiamo fatti insieme con tutti e tutte coloro che sono scese in piazza il 7 giugno 2016 a Roma e tanti altri si aggiungeranno:

Rete “Caracas ChiAma”
Rifondazione Comunista
Collettivo Militant
Rete No War
Alianza País
Red de Amigos de la Revolución Ciudadana
Comitato Immigrati Italia
JVP Sri Lanka
REDCAN
UMANGAT
-Rivista LatinoAmerica di Gianni Minà
-Associazione di Amicizia Italia/Cuba
-PCdI
-CARC
-CSOA Terra Rossa / Lecce
-Albainformazione
-ANROS Italia
-Circolo Bolivariano J C Mariàtegui / Napoli
-Red por ti America / Italia
-Associazione Donne della Regione Mediterranea
-Associazione di Amicizia Italia/Nicaragua
-Circolo Bolivariano Hugo Chàvez / Ostia
-Galleri@rt / Napoli
-Lega Internazionale delle Donne per la Pace e la Libertà
-Donne in Rosso, blog delle donne del PcdI
-Comitato per non dimenticare Sabra e Chatila
-Centro Gramsci di Educazione
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Roma 7giu2016: Con la Rivoluzione bolivariana!

da lantidiplomatico.it

La battaglia è comune. La difesa del Venezuela bolivariano è la difesa anche dei nostri diritti!

Il Venezuela subisce in queste ore un tremendo attacco da parte delle oligarchie finanziarie per la destituzione di un governo democratico e sovrano. L’inizio dell’ultima offensiva destituente è datato 12 aprile, con un editoriale del Washington Post: “il Venezuela ha disperatamente bisogno di un intervento politico dei suoi vicini, che per questo dispongono di un meccanismo appropriato nella Carta Democratica Interamericana dell’Organizzazione degli Stati Americani, la OSA, un trattato che contempla l’azione collettiva quando un regime violi le norme costituzionali”. Il piano enunciato dal giornale del Pentagono è chiaro: ottenere un pretesto per un intervento armato che trasformi il Venezuela nella nuova Siria e l’America Latina in un nuovo Medio Oriente.
 
Da allora, guerra economica e mediatica contro il Venezuela si sono intensificati ogni giorno di più. I vari Uribe, Rajoy, Almagro si sono presto trasformati in marionette di questo disegno golpista. La vittoria che il Venezuela ha ottenuto nel Consiglio Permanente dell’Osa giovedì 2 giugno, impedendo l’applicazione della  cosiddetta “Carta democratica” – quindi il pretesto dell’intervento armato – e supportando il dialogo con l’opposizione iniziato dall’Unasur, è significativa ma va supportata a livello internazionale.
 
L’imperialismo predatorio di risorse naturali e diritti delle popolazioni cercherà, infatti, presto una nuova via per appropriarsi delle maggiori risorse petrolifere del mondo.
 
Oggi è il momento della mobilitazione.
 
Oggi tutti i democratici, quelli veri, devono stringersi attorno al Venezuela, paese sotto tremendo attacco di quelle oligarchie finanziarie internazionali che hanno imposto recentemente un golpe morbido al Brasile, annullando 50 milioni di voti e destituendo senza alcuna ragione un Presidente eletto. E quelle stesse oligarchie, per fare un altro esempio, che in Europa vogliono imporre il TTIP, la “Nato economica”.
 

Martedì 7 giugno 2016
dalle ore 18.00
Piazza Vidoni (Corso Vittorio Emanuele) – Roma

Partiti, movimenti e sindacati si mobilitano per sostenere la rivoluzione venezuelana. Non ci saranno bandiere di appartenenza, ma sventoleranno solo quelle dei popoli. Tutti coloro che aspirano ad un futuro di pace, sovranità, multilateralismo, autodeterminazione e libertà dei popoli sono invitati a partecipare.

ORGANIZZATORI:
 
-Rete “Caracas ChiAma”
-USB
-Rete dei Comunisti
-Rifondazione Comunista
Capitolo Italiano in Difesa dell’umanità
-Collettivo Militant
-Rete No War
-Alianza País
-Red de Amigos de la Revolución Ciudadana
-Comitato Immigrati Italia
JVP~ Sri Lanka
-REDCAN
-UMANGAT
 
RESPONSABILI DELLA COMUNICAZIONE:
 
-L’AntiDiplomatico
-Contropiano
-Cestes
-Nuestra America
 


 

Roma 13mag2016: Resistenza e Rivoluzione al femminile

di ANAIC – Roma

La GENERALESSA DELLE FORZE ARMATE CUBANE sarà a Roma!
Per la prima volta in Italia, il generale delle Forze Armate Rivoluzionarie, Eroe della Repubblica di Cuba, DELSA ESTHER PUEBLA VILTRE – TETE’ ci parlerà della Rivoluzione cubana al femminile. Interverrà per l’occasione la staffetta partigiana LUCIANA ROMOLI. Interverrà l’Ambasciatrice di Cuba Alba Soto Pimentel.

Saranno intervistate dalla giornalista e scrittrice GERALDINA COLOTTI.
Introdurrà CATIA FUNARI del Circolo di Roma dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba.

La Rivoluzione è Donna!

di Maria Elena Uzzo*

13 marzo 2016.- Atto in Commemorazione della Giornata Internazionale della Donna
 
Il Comandante Eterno, nelle “Líneas de Chávez” pubblicate l’8 marzo 2009, sette anni fa, è stato contundente nell’esprimere “Senza la vera liberazione della donna, sarebbe impossibile la liberazione piena dei popoli” già che aveva la piena convinzione che “Un autentico socialista deve essere un’autentico femminista”.

Io sono qui, vi porto il saluto del compagno Nicolás Maduro, primo presidente chavista della nostra storia, della Ministra del Potere Popolare per gli Affari Esteri, compagna Delcy Rodríguez, del compagno Isaías Rodríguez, nostro ambasciatore in Italia e della moltitudine di uomini e donne venezuelane che, grazie alla rivoluzione bolivariana, sono diventati figure chiave del processo di cambio iniziato da Chávez.

E sono qui per esprimere in questo atto in omaggio alla donna che anche se sono molto orgogliosa del mio genere, di essere donna, questo sentimento si moltiplica di fronte a voi per dirvi che sono orgogliosissima di essere una donna chavista. Come non esserlo di fronte a un uomo che ha avuto il coraggio di affermare che

“L’amore che alberga nel cuore di una donna è forza sublime per salvare la Causa Umana. Voi siete l’avanguardia della battaglia! Rendo omaggio alle donne del mondo e alle donne della mia patria. Avanti! Viva le donne!”.

Perché nella vita e nell’opera del Comandante Eterno, teoria e prassi andavano mano nella mano e oltre la retorica, il femminismo di Hugo Chávez si è espresso in fatti concreti che il tempo previsto per il mio intervento non permetterà di raccontare con i dettagli che merita.

La totalità dell’iniziative governative nella rivoluzione bolivariana si sono rafforzate nell’uguaglianza di genere dallo stesso discorso in cui il Comandante ha cominciato a parlare di Tutte e Tutti, dando a la donna venezuelana il posto che le spettava negli spazi pubblici della nazione.

Sempre è stato questo il desiderio e l’agire di Hugo Chávez, che oggi rimane nell’eterna eredita lasciata al presidente Nicolás Maduro.

Gli aspetti principali dell’opera femminista nella gestione rivoluzionaria bolivariana, in grande sintesi sono:

  • Creazione e consolidamento del Ministero del Potere Popolare per la Donna e l’uguaglianza di genere, istituzionalizzando il progresso della donna e alle sue lotte e aspirazioni per l’uguaglianza e l’equità di genere.
  • Creazione e consolidamento dell’Istituto Nazionale della Donna, per riconoscere il suo ruolo di motore e fulcro delle trasformazioni sociali; sostenere il processo di legittimazione delle idee femministe nella sua lotta contro il patriarcato e la promozione della legge per uscire dalla violenza contro le donne.
  • Creazione e consolidamento del Banco della Donna, per dare sostegno economico alle donne più povere, cancellando cosi il viso femminile della miseria. In questo senso, i micro-crediti Banmujer hanno dato sostegno alle donne imprenditrici in tutto il territorio nazionale.
  • Approfondimento della partecipazione femminile in tutti gli ambiti della vita del paese:

–          Ampliando le opportunità di formazione con le Missioni Educative e le nuove università (Bolivariana, delle arti, della sicurezza, militare, ecc.) si è incrementata cosi la partecipazione delle donne nel sistema educativo venezuelano.

–          In un momento cruciale per la donna, all’interno della rivoluzione bolivariana, 4 poteri su un totale di 5 che formano la struttura governativa venezuelana sono stati in mani femminili.

–          La partecipazione della donna venezuelana agli incarichi pubblici è cresciuta come mai prima si era visto in nessuna gestione presidenziale prima della rivoluzione.

–          Nell’ambito elettorale, le liste del governo bolivariano sono arrivate ad avere la stessa partecipazione di uomini e donne, segnando la fine della “tradizionale e sacrosanta” iniquità che caratterizza la società maschilista mondiale.

–          Il sostegno solidale alle madri che crescono da sole i propri figli liberando una generazione dalla povertà, grazie alla missione “Madres del Barrio”.

–          Il riconoscimento al valore del lavoro della donna casalinga garantiscono la sicurezza sociale delle nostre madri e nonne, cosi come stabilito nella nostra costituzione bolivariana.

E sì… confermo la mia soddisfazione e il mio orgoglio di essere chavista, cioè combattente, socialista, coraggiosa, solidale, bolivariana, ma allo stesso tempo donna sensibile e creativa.

Per questo motivo non ci sarà guerra economica, mediatica, psicologica, politica o militare che ci fermerà.

La “Rivoluzione” è Donna!

La Rivoluzione Bolivariana continuerà ad avanzare!

Continueremo a resistere, senza dare riposo alle nostre braccia, tutto il tempo che sarà necessario… come hanno fatto le coraggiose venezuelane vittime de las Guarimbas organizzate dalla destra fascista venezuelana, o come l’ha fatto, fino a dare la vita per questo nobile obbiettivo, l’infaticabile leader indigena dell’Honduras Berta Cáceres, alla quale dedico la mia partecipazione e l’applauso di tutte e tutti voi. Grazie mille.

* Ministra Consejero della Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia

[Trad. dal castigliano di Patricia Vargas]

Intervista a Gianni Minà: Chávez e l’America Latina 3 anni dopo

di Alessandro Bianchi –l’Antidiplomatico

A tre anni dalla scomparsa del leader della rivoluzione bolivariana, l’omaggio al Teatro Vittoria a Testaccio (Roma) sabato 5 marzo con la proiezione di un’intervista inedita e profetica di Gianni Minà

Gianni Minà presenterà sabato 5 marzo al Teatro Vittoria, nello storico quartiere romano di Testaccio, un’intervista inedita all’ex Presidente del Venezuela e leader della rivoluzione bolivariana, Hugo Chávez. 
Era il 2003 e di ritorno dal Social Forum di Porto Alegre, in Brasile, Hugo Chávez “a cuore aperto” delinea a Minà tutti i segreti della rivoluzione bolivariana, i progetti e i programmi che nel tempo hanno trasformato e stanno trasformando il Venezuela e l’America Latina, offrendo un seme di speranza possibile per salvarsi dai crimini del neo-liberismo.
“Hugo Chávez – sottolinea Gianni Minà all’Antidiplomatico – è stato esempio d’indiscutibile democrazia che in 15 anni ha prevalso in 18 consultazioni elettorali o referendarie su 19, nel frattempo ha lasciato prematuramente questo mondo, ma senza dubbio il cambiamento sociale nel suo paese e l’influenza che il suo modello politico ha esercitato sul resto del continente, ispirandosi spesso alla rivoluzione cubana, hanno lasciato una traccia indelebile nei destini prossimi dell’America Latina” .
 
L’intervista
 
In America Latina, dopo anni di speranza, si vive un momento di difficoltà oggettiva. Quanto manca la figura di Chávez in questo momento storico?
 
Drammaticamente, manca molto. Non solo per l’America Latina, ma se vi capita di rivedere i suoi discorsi su Libia e Siria nel 2011, è straordinaria la capacità di sintesi politica che il Comandante aveva su molte dinamiche internazionali. Uno statista, uno dei più lucidi dei nostri tempi. Insieme ad altri dell’America Latina (penso a Lula e Kirchner in particolare) ha creato dei pilastri indelebili di progresso come la Celac, l’Unasur, Telesur, Banco del Sur.
Pilastri che hanno reso l’America Latina un continente di pace e speranza per l’umanità, non più cortile di casa degli Stati Uniti e il Venezuela un paese che ha provato a riscattarsi. Gran parte di questo fenomeno si deve incontestabilmente alla lungimiranza e al coraggio, purtroppo irripetibili, proprio di Hugo Chávez Frías.
 
Oggi il Venezuela è tornato protagonista sulla stampa italiana, ma come un paese allo sbando e in crisi. 
 

Gli Stati Uniti hanno investito miliardi di dollari per destabilizzare il paese, punto di riferimento di quella che era l’evoluzione progressista dell’America Latina. Dalla nascita delle Guarimbas, proteste organizzate nei quartieri residenziali venezuelani, alla guerra economica frutto anche del crollo mondiale del prezzo del petrolio sotto i 30 dollari, i colpi sono stati durissimi.

Il momento di difficoltà e di crisi è oggettivo. Ma dove si percepisce tutta la malafede e l’ignoranza complice di questa informazione occidentale è nel fatto che quasi tutti questi critici hanno dimenticato che Chávez aveva ereditato un paese devastato che la rivoluzione bolivariana fin dall’inizio ha dovuto pensare a puntellare, a ricostruire.


Non si ricorda mai perché è iniziata la rivoluzione bolivariana. Il paese che Chávez ereditò da quei due lestofanti di Carlos Andrés Pérez e Rafaél Caldera era un paese con milioni di analfabeti, milioni di persone i cui figli non andavano nemmeno a scuola perché i padri non erano registrati neanche all’anagrafe. Milioni di persone che semplicemente non esistevano. Oggi è in crisi? La situazione è fuori controllo? Intanto milioni di persone grazie alla rivoluzione bolivariana oggi sono esseri umani, hanno accesso all’istruzione, alla sanità e hanno una casa. Questo può essere l’unico punto di partenza per ogni discussione se si vuole essere seri quando si parla di Venezuela e delle difficoltà che Maduro, il successore di Chávez, deve affrontare.

 
 
E il ruolo di Cuba resta centrale in questa fase?
 
La realtà è che Fidel Castro e Chávez hanno effettivamente rappresentato un ostacolo al neo-liberismo degli Stati Uniti. E il più inaspettato miracolo politico di Fidel Castro è stato proprio Chávez. Lo scelse come continuatore del suo progetto rivoluzionario quando ancora non lo conosceva nessuno. E nell’affermazione di questo processo di cambiamento che ha liberato l’America Latina, il ruolo di Cuba è stato incontestabilmente notevole e lo sarà anche in futuro, malgrado le attuali difficoltà.
 
Secondo lei dunque quello che si legge in Italia sull’America Latina non è uno spettacolo che fa molto onore alla professione che lei ama così tanto…
 
I  media occidentali non perdono occasione di accumulare brutte figure su brutte figure quando si parla del centro e del sud America. Basta pensare a cosa è diventata oggi Cuba, pure in mezzo a varie difficoltà e all’esigenza di trovare un metodo per gli inevitabili cambiamenti,che salvi il paese però da esagerate tentazioni liberiste. Papa Francesco, che a sua volta sta chiedendo al mondo di fare scelte più umane è andato a trovare Fidel a casa. Se Fidel fosse stato il terrorista descritto in quest’ultimo mezzo secolo da molti media occidentali, certo questo non sarebbe successo. E nemmeno che il Patriarca ortodosso Kiril e il Papa si incontrassero per una riappacificazione fra le loro Chiese dopo mille anni, proprio a La Habana e con la mediazione di Raul Castro. Chi poteva pensare a un simile cambiamento, soltanto un paio di anni fa?

Per fare un altro esempio, ai funerali di Chávez a Caracas erano presenti due milioni di persone e 33 tra Capi di stato e Premier da tutto il mondo. Stavano onorando un “terrorista” come l’aveva descritto la stampa occidentale fino ad allora?
Ma i servitori del nostro giornalismo vivono evidentemente in un universo tutto loro, incuranti del ridicolo che i loro clamorosi errori di valutazione suggeriscono.

A chi si riferisce in particolare?

Ho letto su La Repubblica, per esempio, un articolo su Evo Morales che secondo Omero Ciai, sarebbe un “uomo alla deriva”. Ora, ognuno ha il diritto di vedere le cose come gli pare, ma sarebbe facile ricordare a Omero Ciai che cos’era fino a un quarto di secolo fa la Bolivia governata da militari assassini e ladri, magari, istruiti dalla famosa Escuela de las Americas, dove si sono educati tutti i “mostri” che hanno insanguinato il paese fino a ieri.


Il fatto è che Evo Morales le cose non le manda a dire e quando ha fatto il suo memorabile discorso alla Comunità Europea ha ricordato tutte le incancellabili prepotenze che il nord del mondo ha fatto ai popoli autoctoni o del sud del globo: “Quando avete intenzione di restituirci tutte le ricchezze che ci avete rubato fino ad oggi?”. 

Il dispetto per questa sfacciataggine è stato quello di vietare al boeing su cui viaggiava nel ritorno a casa lo spazio aereo di mezza Europa, con la scusa che il Presidente boliviano avrebbe dato “un passaggio” a Edward Snowden, funzionario che aveva rivelato al mondo alcuni segreti dell’intelligence nordamericana.

Ovviamente era una “bufala”, ma in questo caso Evo Morales si è confermato un politico accorto e capace, mentre il collega di Repubblica dovrebbe fare una verifica più attenta delle sue fonti.

Scrivere sotto dettatura è sempre un rischio. Non molto tempo fa, per esempio, l’ex Presidentessa dell’Argentina, la signora Kirchner, ha vinto una causa con il Corriere della Sera che, in occasione di un suo viaggio in Italia per un summit della Fao, aveva disertato, secondo il più venduto giornale italiano, la conferenza sulla povertà a vantaggio di una giornata di shopping a via Condotti. 

Cristina Kirchner è riuscita a dimostrare, con i timbri sul passaporto, che quel giorno non era nemmeno in Italia. Il quotidiano è stato condannato a 40 mila euro di risarcimento e all’inevitabile smentita da pubblicare con adeguato risalto. Tutto questo perché Cristina Kirchner rappresenta, a torto o a ragione, quel tipo di politico sudamericano che disturba i progetti degli Stati Uniti nel continente. Strano che gli altri giornali italiani, sempre attenti alla linea del Corriere, non se ne siano accorti.

L’onestà intellettuale, evidentemente, non è di casa sui nostri giornali, per questo l’ex Presidente Chávez nel momento in cui se ne è andato, 3 anni fa, da questo mondo, aveva vinto 18 consultazioni elettorali o referendarie su 19 affrontate, e l’ex responsabile della Fondazione Carter, Jennifer McCoy, che ho intervistato per il film-documentario “Papa Francesco, Cuba e Fidel”, mi ha intimato: “E non si azzardino a parlare di brogli. Quando siamo stati là, abbiamo controllato tutto il processo elettorale e referendario e l’Occidente dovrebbe solo rispettarlo”.
 
Ma la domanda che oggi si pongono molti è: il processo di emancipazione e liberazione iniziato da Chávez in America Latina resisterà?
 
Con la morte di Chávez, le difficoltà di Dilma Rousseff in Brasile e dello stesso Maduro in Venezuela e l’elezione in Argentina dell’ex governatore di Buenos Aires, Macri, la situazione si è fatta complicata. Nell’intervista del 2003 che presenteremo al Teatro Vittoria sabato 5 marzo, nella valutazione del leader della rivoluzione bolivariana era chiara la consapevolezza che gli Stati Uniti avrebbero fatto di tutto in qualunque momento per tornare in Venezuela. Ma io resto ottimista, perché la stessa rivoluzione bolivariana ha emancipato intere popolazioni e creato meccanismi di solidarietà e cooperazione. Penso, ad esempio, ai maestri cubani saliti in Venezuela a completare lo sforzo di alfabetizzazione del paese. Un miracolo di umanità che dovrebbe essere preso a modello nell’Europa dei tecnocrati che cacciano gli esseri umani sfuggiti a una guerra. Resisterà? Sarà una provocazione, forse, ma il leader del Sud del mondo a cui oggi aggrapparsi in questo momento è Papa Francesco che queste esigenze le afferma quasi ogni giorno.
 
Che si sarebbero detti Chávez e Papa Francesco se si fossero incontrati in questi tempi di drammatica crisi per l’umanità?
 
Difficile dirlo con esattezza. Sicuramente avrebbero costruito un rapporto di fiducia franco e costruttivo. Chávez poi avrebbe avuto un alleato importante, forse decisivo, nella madre di tutte le sue battaglie cercando di garantire i diritti umani fondamentali a tutti gli esseri umani contro un neo-liberismo allo sbando arrivato alla sua ultima farsesca produzione di nome Donald Trump.
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A Roma seminario sugli sviluppi dei Paesi dell’ALBA

5af601a1-9290-4e75-8022-e4e1f34af4c3da Prensa Embaveneit

Roma, 5feb2016.- L’Ambasciata della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la Repubblica Italiana ha organizzato, insieme alla Sapienza di Roma, il Seminario Internazionale “Missioni Sociali e prospettive culturali dei paesi dell’Alba per l’amicizia dei popoli”, per ricordare l’insurrezione civico-militare avvenuta nel paese il 4 febbraio del 1992 (conosciuto come “4F”), condotta dal Comandante Hugo Rafael Chávez Frías, il quale con valore, impegno e amore per la sua Patria assunse personalmente la responsabilità di quell’evento davanti ai mezzi di comunicazione e ad un popolo che, più avanti, avrebbe riposto in lui tutta la speranza di ricostruzione di una patria nuova.

Al Seminario sono intervenuti l’Incaricato d’Affari della Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia, Maria Elena Uzzo Giannattasio, il Prorettore agli Affari Generali, Antonello Biagini, il Delegato del Rettore per le Relazioni Internazionali con i paesi dell’America Latina e dei Caraibi, Luciano Vasapollo, l’ambasciatore dell’Ecuador in Italia, Juan Fernando Holguín, l’ambasciatore del Venezuela presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione (FAO), Elias Eljuri, l’Incaricato d’Affari dell’Ambasciata della Bolivia, Luís Sánchez e il Consigliere agli Affari Politici dell’Ambasciata di Cuba, Roger López García: con la loro presenza, i rappresentanti dei paesi dell’Alba hanno non solo reso omaggio alle gesta del Presidente Chávez ma hanno ribadito il forte legame di cooperazione e amicizia che esiste tra i popoli latinoamericani, sui cui poggiano pilastri fondamentali per lo sviluppo di una diplomazia multi e pluri-polare, come il rispetto, la giustizia e la solidarietà. 

E’ importante sottolineare che il Seminario si è svolto in una delle Università più prestigiose e importanti d’Europa e ha accolto la presenza di numerosi docenti, studenti e ricercatori, interessati a conoscere gli attuali sviluppi in corso in America Latina e la loro incidenza nella trasformazione del continente.

María Elena Uzzo, rappresentante della Missione Diplomatica venezuelana in Italia, ha ricordato che la Patria di Bolívar celebra la “Giornata della Dignità Nazionale” proprio in memoria di quel 4 febbraio 1992, che permise di lanciare “il seme di quell’alleanza tra il mondo civile e il mondo militare, che diede i suoi primi frutti sei anni più tardi e si consolidò, dopo dieci anni, con i fatti dell’aprile 2002”.  

La diplomatica venezuelana ha poi dichiarato: “Oggi, 24 anni dopo, nonostante siamo vittime più che mai degli attacchi del sistema di dominazione mondiale e siamo definiti una minaccia per gli imperi sanguinari, guerrafondai e sfruttatori, rivendichiamo lo spirito di quel 4 febbraio e diciamo al mondo intero che nessuno potrà mai toglierci questa nostra dignità, e che per lei siamo disposti, se necessario, a dare la vita”.

Da parte sua, il Professor Vasapollo ha ricordato che “Il 4F rappresenta per la Sapienza un giorno di rottura, di sviluppo delle potenzialità democratiche di un popolo, di rivoluzione democratica e resistenza”. Quel giorno ci fu “Una rivolta importante, contro un governo legato agli interessi delle multinazionali, degli oligarchi e degli USA”.

“Quel giorno il Comandante Chávez iniziò un percorso che marcò una svolta nella storia del Venezuela, che permise di dare voce agli emarginati e costruire un sistema più giusto, più equo, basato sul rispetto, e che contribuisce al consolidamento del grande sogno di Bolivar: il consolidamento dell’integrazione dei popoli della nostra America”. Vasapollo ha concluso affermando che “Le rivoluzioni acquistano un significato quando si costruiscono col cuore, con lo spirito e la cultura”.

ALBA: costruzione di un mondo più umano e spirituale  

Il Professor Luciano Vasapollo ha ricordato che una delle grandi conquiste del Comandante Chávez è stato l’impulso alla creazione dell’Alleanza Bolivariana per i Paesi della Nostra America – Trattato del Commercio dei Popoli (ALBA – TCP), basata non solo sull’integrazione politica, economica e sociale ma anche su un altro obiettivo fondamentale: una complementarietà che si fonda sulla giustizia, la sovranità e il rispetto dei popoli. “Tale modello contribuisce a promuovere una più equa distribuzione delle risorse e del capitale umano e, allo stesso tempo, costruisce un mondo più umano e spirituale”.

L’ambasciatore dell’Ecuador in Italia, Juan Fernando Holguin, nel suo intervento ha ribadito che “Hugo Chávez è riuscito a prevedere la geopolitica del futuro, dove non sono solo le elites a comandare ma anche i nostri popoli”. Poi ha affermato che: “Oggi l’utopia chavista si sta facendo realtà, passo dopo passo. Con l’Alba, camminiamo verso un’America Latina più libera e sovrana”.

A seguire, il Consigliere Politico della Missione Diplomatica di Cuba in Italia, Roger López García, ha sottolineato che la creazione dell’ALBA è il risultato dei vincoli e dell’amicizia incondizionata tra i popoli e governi latinoamericani e che i risultati più significativi dell’Alba si vedono nel settore sociale. “Siamo sicuri che il popolo venezuelano non permetterà che vengano smantellate le conquiste ottenute con la Rivoluzione Bolivariana… il primo compito dei popoli è costruire la Patria Grande”, ha concluso.

L’Incaricato d’Affari della Bolivia, Luís Sánchez Gómez, nel suo intervento ha voluto ricordare che senza l’insegnamento di Hugo Chávez, nel suo paese non ci sarebbe potuta essere una rivoluzione. “Il Venezuela è un paese fratello per noi, siamo tutti figli di Bolívar, siamo fratelli di Hugo Chávez”.

Il Venezuela: una patria più giusta ed equa

Secondo l’Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la FAO, Elias Eljuri, il 4F iniziò come un processo che non aveva solo un motore economico e politico, ma anche umanista e sociale, in cui l’essere umano era divenuto l’asse centrale.  

Eljuri, nel suo intervento, ha passato in rassegna le principali conquiste di una rivoluzione che ha restituito potere al popolo e consolidato un paese più giusto, equo, partecipativo e protagonista. “Nonostante  gli attacchi della borghesia venezuelana e internazionale” ha spiegato il diplomatico, “Il Venezuela risulta come uno dei paesi più equi dell’America Latina, grazie a tutte le politiche sviluppate dal Governo di Chávez e proseguite dall’attuale presidente operaio, Nicolás Maduro”.

“In Venezuela il governo bolivariano ha compiuto grandi sforzi per restituire al popolo lavoro, istruzione, salute e benessere sociale. Le Missioni sono solo un modo per conseguire tale obiettivo. Inoltre, sono state avviate azioni per soddisfare esigenze specifiche, con la partecipazione e l’organizzazione popolare in forma diretta e immediata, senza intermediari”, ha spiegato Eljuri.

Infine, i rappresentanti dei paesi dell’Alba che hanno preso parte all’evento, hanno espresso profonda gratitudine alla Sapienza di Roma e, in particolare, al professor Luciano Vasapollo, per aver aperto le porte dell’Ateneo al dibattito ed alla diffusione di un evento che forma parte della storia contemporanea delle Americhe, in particolare al ricordo del simbolico “per ora” del Comandante Eterno, che diede una svolta a tutta la geopolitica internazionale.

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Verso il IV Incontro Italiano di Solidarietà con la

Rivoluzione Bolivariana 

Lecce, 15-16-17 aprile 2016

caracaschiama.noblogs.org

 

Roma: l’incontro con l’Ambasciatore Isaías Rodríguez al CSOA Spartaco

di Davide Angelilli – Rete Caracas ChiAma

Lo scorso 16 di dicembre, come Rete Caracas ChiAma, abbiamo organizzato un importante confronto tra l’ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Julián Isaías Rodríguez Díaz, e le realtà sociali e politiche che sostengono il processo socialista nel paese caraibico. Ovviamente, l’incontro pubblico era incentrato sulle ultime elezioni che hanno sancito la prima vera sconfitta elettorale del fronte rivoluzionario chavista, dopo il referendum del 2007 perso di misura.

Oltre alla grande partecipazione al dibattito, bisogna evidenziare che l’incontro si è svolto al Centro Sociale Spartaco, nel quartiere Quadraro, periferia Sud della capitale. La borgata ribelle del Quadraro rappresenta il “centro storico della periferia romana”, barricata popolare ai tempi del fascismo, fu chiamato il “nido di vespe” dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale che non riuscivano a domare l’opposizione del quartiere, nonostante vi organizzarono uno dei loro più crudeli e infami rastrellamenti.

Al di là della storia del quartiere, il Centro Sociale Spartaco continua ad essere uno dei punti di riferimenti del movimento popolare romano. Molto di più che quattro mura e una stanza, Spartaco è oggi un’importante risorsa per tutta la periferia meridionale della città, per i lavoratori, le lavoratrici, le persone migranti, per tutti e tutte quelle che nel territorio non s’arrendono all’individualismo e la rassegnazione, costruendo invece spazi di dignità e orgoglio popolare.

In un momento così delicato per il processo, è allora significativo che l’ambasciatore di un paese come la Repubblica Bolivariana del Venezuela: tra i più importanti nell’economia latinoamericana, abbia scelto un contesto come il Centro Sociale Spartaco per confrontarsi con le realtà solidali alla Rivoluzione Bolivariana.

Significa, in primo luogo, che il governo e la diplomazia venezuelana hanno le idee chiare su quali sono i suoi veri alleati politici in questa strana globalizzazione neoliberista: i subalterni, i movimenti popolari, le forze anticapitaliste e antifasciste, nonostante queste non siano attualmente egemoni nel nostro paese.

Inoltre, conferma che i paesi dell’ALBA, e in particolare il Venezuela, stanno rivoluzionando il senso stesso della diplomazia: smarcandosi da una visione stato-centrica e puntando su una diplomazia dal basso, dei popoli, basata e costruita attorno alla solidarietà internazionalista.

Chiarito questo, ed entrando nel merito del dibattito, il discorso dell’Ambasciatore – figlio di operai, luchador instancabile e attore chiave nella Rivoluzione Bolivariana, oltre che avvocato costituzionalista – s’è concentrato su due questioni d’importanza cruciale.

Nella prima parte del suo intervento, il compagno Isaías ha chiarito che la sconfitta elettorale del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) ha dato alle forze controrivoluzionarie la maggioranza al parlamento, ma questo non vuol dire che il potere politico è passato nelle mani dell’opposizione. Al contrario, il modello presidenzialista della Repubblica Bolivariana, e in generale la sua costituzione prodotta dal potere costituente messo in moto da Hugo Chávez, continuano a garantire al fronte chavista una forte agibilità politica, anche sul piano istituzionale.

La Costituzione stessa – ha spiegato l’Ambasciatore – non potrà essere facilmente modificata dalle oligarchie, nonostante la maggioranza dei partiti d’opposizione. Infatti, la Costituzione del Venezuela, oltre ad essere un corpo di leggi che protegge il popolo dall’assalto neoliberista, può essere modificata e riscritta solamente a seguito di un processo sociale potente, capace di generare un potere costituente incisivo e popolare, come quello chavista e bolivariano che l’ha prodotta. E, ovviamente, la controrivoluzione non è minimamente in grado di poter generare un processo popolare ampio e determinato politicamente. D’altronde, la sconfitta del PSUV alle ultime elezioni non è altro che il risultato del malcontento generato dalla guerra economica e dai limiti e le contraddizioni interne al processo rivoluzionario.

Nella seconda parte del suo intervento, e specialmente nel dibattito con le realtà presenti, Isaías ha invece stimolato una riflessione collettiva sulla necessità di pensare al processo socialista in Venezuela e in generale alla primavera che sta vivendo il continente latinoamericano come un doppio movimento liberatorio. Una transizione dal capitalismo al socialismo che si articola dialetticamente con una ricerca dell’identità rubata ai popoli del continente dal colonialismo e dall’imperialismo.

La ricerca di un’identità popolare propria è un baluardo del progetto socialista in Venezuela e dei movimenti sociali in America Latina, ma molto spesso non impedisce alle realtà europee di guardare erroneamente ai processi latinoamericani con le lenti dell’eurocentrismo. Como ha spiegato Isaías, non si può interpretare il voto venezuelano come lo si fa in un paese europeo.

La sociologia dei popoli è chiaramente distinta in ogni paese, ma lo è ancora di più se si paragonano i movimenti delle società latinoamericane e di quelle del resto dell’Occidente. Quindi, anche un esercizio politico, che pare non avere molto di rivoluzionario, come il voto elettorale nella cornice di una democrazia borghese, non dev’essere letto e interpretato in un’ottica eurocentrica. La sconfitta elettorale del PSUV non vuol dire un allontanamento reale delle basi sociali che hanno rappresentato il vero motore della trasformazione sociale, ma indica sicuramente un malcontento tutto interno al chavismo.

Chi si è astenuto dal votare i candidati chavisti non ha votato per l’opposizione, e non accetterebbe mai di partecipare a un eventuale (perché ancora non esiste) programma politico dell’opposizione volto a modificare la Costituzione rivoluzionaria.

In chiusura, il dibattito si è spostato più nettamente sulla strategia del potere popolare per affrontare la nuova congiuntura aperta dall’elezioni. Isaías ha chiarito che continuerà ancora a lungo il conflitto tra il potere politico – gestito dalle forze popolari – e la struttura economica nelle mani delle vecchie oligarchie, che ancora gestiscono in buona misura la sfera commerciale della società venezuelana.

Ovviamente, la complessità del tema e il poco tempo a disposizione non hanno permesso di sviscerare in profondità la questione. L’Ambasciatore ha comunque avuto il tempo di spiegare come il Partito sta vivendo un vivace e costruttivo dibattito interno per correggere gli errori commessi.

L’organizzazione di meccanismi democratici alternativi alle logiche alienanti dello Stato capitalista e coloniale, lo sviluppo di ulteriori strategie popolari di comunicazione dal basso e la partecipazione sempre più da protagonisti dei movimenti sociali, sono alcuni tra i punti nevralgici su cui si stanno concentrando le assemblee popolari.

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