Bolívar e Chávez: due epoche, due giganti, un progetto

di Luís René Velázquez 

Il 28 luglio di quest’anno, in uno degli atti commemorativi del 60° Anniversario della nascita dello scomparso Presidente Hugo Chávez, il Presidente Nicolás Maduro ha dichiarato:

«A volte mi domando, perché Dio ce lo ha tolto così precocemente? Ce lo ha tolto quando il mondo più ne aveva bisogno. Però la storia ha di- mostrato che i profeti quasi sempre muoiono giovani. Vengono, accendono la luce che illumina il cammino dei popoli, perché questi continuino nella propria direzione.»

Non c’è dubbio che il presidente Maduro si riferiva alle precoci scomparse del Libertador Simón Bolívar, avvenuta quando aveva appena 47 anni e del Presidente Chávez, che ci lascia fisicamente prima di compiere i 59. Le vite di entrambi i precursori si sono spente in seguito alle sofferenze dovute a penose malattie. I due personaggi avevano realizzato impareggiabili missioni storiche e credevano di andarsene senza aver consolidato e concluso il grande progetto rappresentato dalla creazione della grande patria latino-americana e caraibica, con nazioni pienamente indipendenti, sovrane e unificate tutte dai supremi valori della fratellanza, della pace, della cooperazione, della solidarietà, del rispetto, dell’autodeterminazione e del rifiuto di tutte le forme di dominio imperiale colonialista. Certamente i due giganti non hanno visto completata la grande opera che hanno sognato, però entrambi hanno lasciato aperto il cammino affinché le nuove generazioni la continuassero.

Nel caso di Bolívar, quando ormai la guerra di indipendenza conosceva la sua fase cruciale, cioè nel 1819, fallite ormai la I e la II Repubblica e mentre si stavano gettando le basi dell’unità gran-colombiana, nel suo celebre discorso di Angostura del 15 febbraio di quell’anno, dichiarò:

«In mezzo a questo mare di angosce non sono stato altro che un misero strumento, preda  dell’uragano rivoluzionario che mi trascinava come un’inerte filo di paglia.»

Il 13 gennaio 2011, 192 anni dopo, il Presidente Chávez nel suo ultimo discorso di fronte alla sovrana Assemblea Nazionale, tra tante premonizioni che ci faceva in questo intervento, ha segnalato:

«Noi siamo obbligati a consolidare in questa terra latino-americana e caraibica un mondo di pace, e a dare esempio a questo mondo di guerre, di miserie, di violenze e di invasioni, di come si costruisce un nuovo mondo con la democrazia…»

Le citazioni dai due personaggi mostrano che entrambi erano coscienti delle avversità che gli si sono presentate nelle distinte epoche in cui toccò loro di vivere. Entrambi accettarono nel proprio tempo la sfida di guidare la lotta di classe suscitata dalla Storia e che si rifletteva nel vortice di conflitti tra le forze politiche e sociali, quelle che cercavano di aprire alle trasformazioni richieste dai popoli e quelle che opponevano feroce resistenza, difendendo modelli politici e strutture  socio-economiche già superate nelle rispettive epoche storiche.

Ebbene, Bolívar e Chávez innalzarono le bandiere della rivoluzione, convinti che il mondo stava cambiando e che i modelli di società nei quali toccò loro di nascere e vivere dovessero essere sostituiti da altri che rispondessero alle aspirazioni di libertà, giustizia ed eguaglianza delle grandi maggioranze sociali storicamente sfruttate, escluse dai benefici del progresso e dimenticate dai regimi politici, i quali servivano con esclusività ristretti settori oligarchici e interessi di potenze straniere. Interessi rappresentati dalle forme del dominio politico, della distruzione culturale, del saccheggio e dell’espropriazione delle ricchezze dei nostri popoli, lasciando dietro di sé solo una disastrosa scia di ritardo economico e sociale.

Per stabilire una qualche relazione di continuità con l’opera che hanno promosso i nostri due personaggi, è pertinente segnalare il contesto storico nel quale è nato e ha vissuto fin dalla gioventù ognuno di loro. In quest’ottica, cominceremo con l’identificare la differenza tra le classi sociali alle quali hanno appartenuto.

Nel caso di Bolívar, ricordiamo che nacque il 24 luglio 1783 nel seno di una delle famiglie più ricche e integrate della società coloniale di Caracas. Vale a dire che godeva di tutti i privilegi della nobiltà creola. Era figlio di proprietari terrieri, padrone di schiavi, era stato formato nelle milizie del Re Fernando VII, ebbe l’opportunità di viaggiare e conoscere l’Europa, fu ospite e conobbe il lusso nel quale viveva il monarca. Perdette i suoi genitori in età molto precoce, però ricevette un’educazione moderna, trasmessa da personalità di riconosciuto spessore intellettuale come Andrés Bello, Simón Rodríguez, il padre Andújar, Miguel José Sanz. Condivise lunghe conversazioni con il barone Alexander von Humboldt e il marchese di Ustariz, tra gli altri. Apparentemente, non aveva ragioni di lottare per distruggere un sistema che favoriva tutti gli interessi della classe sociale alla quale apparteneva.

Eppure bisogna ricordare che 7 anni prima che nascesse il bambino Simón, venne portata a termine l’indipendenza degli Stati Uniti e 6 anni dopo, nel 1789, si ebbe la rivoluzione francese. Entrambi gli eventi furono ispirati alla letteratura e alla filosofia dell’Illuminismo, che si venivano diffondendo dalle prime decadi del secolo XVIII e che rappresentavano la rottura con il modello di Stato monarchico assolutista, colonialista e feudale, che si manteneva ancora in Europa, quando ormai il capitalismo nella sua fase mercantile aveva più di 200 anni. Cioè, il modello di governo assolutista feudale si presentava caduco, perché non favoriva il rapido avanzamento e lo sviluppo delle forze produttive promosse dal modo di produzione capitalista. Queste due rivoluzioni lo distrussero, tanto nelle colonie inglesi del Nord-america, che ruppero le relazioni di dominio coloniale col proclamare l’indipendenza dal trono di Giorgio III, che in Francia, quando la rivolta rivoluzionaria prese il Palazzo della Bastiglia e liquidò con la ghigliottina il monarca Luigi XVI. Entrambi gli eventi fondarono il nuovo Stato repubblicano, che veniva a rispondere agli interessi della borghesia, classe sociale che sostituiva come classe dominante le vecchie nobiltà e aristocrazie feudali, le quali finanziavano i loro lussi e le loro guerre con il frutto del lavoro delle masse contadine asservite feudalmente, ma che anche imponevano imposte abusive sulle crescenti attività produttive delle borghesie trattate come sudditi.

D’altro canto, già dalla seconda metà del secolo XVIII, il sistema coloniale feudale e schiavista affermato dalla Spagna e dalle altre potenze europee in America inizia a a mostrare segni del suo esaurimento, che si riflettevano nei numerosi sommovimenti e rivolte sociali contro il disumano trattamento che, da parte dei latifondisti e delle autorità coloniali, ricevevano le comunità schiave e contadine, ad esempio: la Ribellione di Andresote, tra il 1730 e il 1733; la Ribellione di San Felipe; la Ribellione di El Tocuyo del 11 maggio 1744 e la Ribellione dei Comuneros di Mérida nel maggio del 1781. Però è la colonia francese di Haiti la prima a dichiarare la sua indipendenza nel 1791. Quattro anni dopo, nel 1795, si produce la rivolta di José Leonardo Chirino nella Provincia di Coro, proprietà della Capitanía General de Venezuela, seguita dalla cospirazione che preparavano Picornell, Gual e España nel 1797.

Questi elementi indicavano che in distinti settori della società coloniale si annidava lo spirito indipendentista e che si era ormai perduta la paura verso la tirannia coloniale. Questa storia recente fu conosciuta e valutata con senso critico dal giovane Simón: da subito cominciò a evidenziarsi in lui lo spirito di lotta contro il sistema oppressore impiantato dalla Spagna attraverso i suoi propri antenati familiari. Di conseguenza, prima delle invasioni di Miranda nelle terre del Venezuela nel 1806 e dell’invasione di Napoleone in Spagna, con la conseguente  abdicazione di Fernando VII nel 1808, a soli 22 anni, dopo aver perso molto precocemente anche la sua sposa, il 15 agosto 1805,  il giovane Simón realizzò il suo celebre Giuramento di Monte Sacro (Italia), di fronte al suo più influente maestro, Simón Rodríguez, nel quale affermò:

«Giuro di fronte a Voi, giuro per il Dio dei miei padri, giuro su di loro, giuro sul mio onore e giuro sulla mia patria, che non darò riposo al mio braccio, né darò pace alla mia anima, fino a che non avrò rotto le catene che ci opprimono per volontà del potere spagnolo!»

Differente era l’origine sociale di Chávez, figlio di una famiglia contadina, il cui più grande privilegio fu che i suoi genitori erano stati maestri rurali e le loro maggiori virtù l’umiltà e l’amore per il lavoro. Però, allo stesso modo di Bolívar, la nascita del piccolo Hugo Rafael, ebbe luogo quando il mondo stava attraversando grandi trasformazioni e conflitti, che allo stesso modo ebbero il loro impatto sulla nostra America.

Ovviamente, era un’altra epoca. Lungo il percorso del sistema repubblicano capitalista e borghese, che aveva sostituito le monarchie feudali le quali si erano appropriate del continente americano, la storia aveva disseminato il cammino di altri “eretici”, che ormai non erano i classici dell’illuminismo, bensì i creatori del materialismo storico e del socialismo: Marx, Engels, Bakunin, Proudon, Blanqui, tra gli altri. Il nuovo pensiero politico rivoluzionario svelava con carattere scientifico che la miseria economica che avevano sofferto le società fino a quel momento era conseguenza delle terribili condizioni di sfruttamento cui storicamente erano state sottoposte le classi lavoratrici; prima dal sistema schiavista e feudale e nell’attualità dal perverso modo di accumulazione della ricchezza impiantato dal capitalismo. Di fronte a questa obbrobriosa realtà, Marx affermava: «… la filosofia si è dedicata solo a studiare l’origine del mondo. Ora, è necessario trasformarlo». Conseguentemente, nel 1848 fu lanciato al mondo Il Manifesto Comunista come strumento teorico, politico, ideologico e pratico per orientare la coscientizzazione, l’organizzazione e l’unità delle lotte operaie, in modo che assumessero il loro compito storico di affrontare le borghesie capitaliste sfruttatrici, fino a prendere il potere, fondare lo Stato socialista e trasferire i mezzi di produzione alla classe lavoratrice.

Le nuove idee della seconda metà del secolo XIX agitavano e sconvolgevano le società industrializzate. Sorgevano i sindacati, i partiti operai, socialisti, comunisti, anarchici e cominciarono a diventare popoli le parole d’ordine: «Proletari del mondo unitevi» e «Un fantasma s’aggira per il mondo: il comunismo». Queste idee rappresentarono la rinascita della speranza dell’emancipazione, della libertà, della giustizia sociale e dell’eguaglianza che erano state eluse da tutte le rivoluzioni anteriori: sulla loro base si provò in Francia nel 1871 la Comune di Parigi, esperienza che fallì, però che costituì già una grande lezione per i settori rivoluzionari socialisti.

Il secolo XX cominciò con un’ambiziosa corsa agli armamenti tra le potenze capitaliste europee che avevano bisogno di fonti di materie prime e mercati extra-nazionali per approfondire il loro sviluppo. Questa corsa condusse alla Prima Guerra Mondiale tra il 1914 e il 1918, però, mentre si sviluppava detto conflitto, all’interno della Russia Zarista avanzava la rivoluzione bolscevica guidata da Lenin, che il 18 ottobre 1917 prese il potere nel paese di maggiore estensione territoriale del mondo, per fondare lì il primo Stato Socialista della storia ispirato alla proposta «…tutto il potere ai soviet». I soviet erano i comitati dei lavoratori e dei contadini organizzati per esercitare il potere popolare. Questo evento era molto lontano dalla nascita del bambino Hugo Rafael avvenuta il 28 luglio 1954, però è fondamentale segnalare che la sua nascita ebbe luogo 9 anni dopo il termine della II Guerra Mondiale, conflitto che mise una contro le altre le stesse potenze militari europee della prima grande guerra, per gli stessi perversi interessi extra-territoriali del capitalismo, che aspirava ad avanzare su scala planetaria nella sua fase superiore: l’imperialismo. Il grande conflitto obbligò all’intervento lo Stato Socialista russo, che, offrì decine di milioni di vite per difendere il proprio territorio e sconfiggere definitivamente la versione più estremista e razzista del capitalismo, rappresentata dal nazifascismo, che arrivò quasi a dominare il mondo intero. Però, alla fine della guerra, la Russia risultò favorita nell’espandere il modello socialista a quasi tutti i paesi con lei confinanti. Inoltre, mentre si sviluppava la grande guerra, il governo rivoluzionario russo appoggiava con determinazione il movimento rivoluzionario guidato sapientemente da Mao Tse-tung, per cui, nel 1949, vale a dire, 5 anni prima della nascita dell’“arañero di Sabaneta”, la nazione con la maggiore popolazione del pianeta dichiarava al mondo la fondazione del secondo Stato Socialista della storia: La Repubblica Popolare Cinese.

Come conseguenza della fine della grande guerra (*) e dell’avanzamento del Socialismo, si creò l’ONU e si configurò Un Nuovo Ordine Politico ed Economico Mondiale rappresentato da due grandi blocchi di potere militare, economico e politico: il blocco capitalista, guidato dagli Stati Uniti con il loro braccio armato, la NATO e il blocco socialista, diretto dall’Unione Sovietica, con la loro alleanza difensiva, denominato Patto di Varsavia. Tra le super-potenze che guidavano questi due blocchi si generò un confronto continuo, riflesso in un linguaggio di accuse e minacce mutue sul piano diplomatico, in guerre istigate e appoggiate da entrambi i contendenti in altri paesi, nell’attività di spionaggio, contro-spionaggio e nel finanziamento e appoggio politico a movimenti politici da un capo all’altro del mondo. 

Per rafforzare la propria influenza ed evitare la penetrazione del socialismo in America in seguito alla grande guerra, nel 1946 gli Stati Uniti crearono a Panama la famigerata Scuola delle Americhe, la cui missione era di addestrare in materia di contro-insurrezione i militari delle nazioni latino-americane e caraibiche alleate, per affrontare e fermare l’avanzata dei movimenti rivoluzionari socialisti nella regione. Con lo stesso scopo, la CIA sviluppava una politica di cospirazioni, atti di sabotaggio, colpi di Stato e assassinii di presidenti non allineati ai propri interessi in tutta la nostra America. Nonostante l’interventismo degli USA, negli stessi anni emersero nella regione governi nazionalisti e progressisti, come quelli di J.D. Perón in Argentina (1947-1955) e, in Guatemala, di J. Arbens (1951-1954), entrambi abbattuti con aperto intervento del governo degli Stati Uniti. Nel 1959, cinque anni dopo la nascita del piccolo Hugo Rafael, entra trionfatrice a La Habana la rivoluzione socialista di Cuba guidata da Fidel e dal Che. Inoltre, devono essere ricordate le vittorie socialiste degli eroici popoli di Corea (1950-1953) e del Vietnam (1955-1975) nelle guerre che scatenò contro di loro l’impero degli USA ed i loro alleati europei. 

In mezzo a questa valanga di eventi politici internazionali che promossero in quel frangete l’avanzata del socialismo, sottraendo spazi al capitalismo, cominciò la vita del piccolo Hugo Rafael. Può affermarsi senza ombra di dubbio che, come le rivoluzioni borghesi degli USA e della Francia ispirarono settori politici e sociali delle colonie europee dell’America nell’affrontare il modello coloniale feudale e schiavista affermatosi dalla fine del secolo XV, il che portò nel secolo XIX alla fondazione di repubbliche oligarchiche dipendenti dal neo-colonialismo europeo e sebbene gli USA emergessero come potenza egemone nella regione agli inizi del secolo XX, imponendo alle nostre deboli nazioni terrificanti dittature militari durante quasi tutto il secolo, le rivoluzioni socialiste della Russia, della Cina, di Cuba, della Corea, del Vietnam costituirono i nuovi referenti per la continuazione della lotta emancipatrice dei popoli latino-americani.

Va ricordato che il primo sogno di Chávez fu quello di essere lanciatore di baseball di grandi leghe, però poi finì per entrare all’Accademia Militare dell’Esercito venezuelano nel 1971 a soli 17 anni. Lui stesso confessò che, quando entrò nella Casa dei Sogni Azzurri non aveva ancora inclinazione per la politica, però lì si impregnò fino al midollo degli ideali e dello spirito di grandezza di Bolívar, avendo come principale maestro e referente morale il suo Generale Jacinto Pérez Arcay. Dall’Accademia uscì laureato da Sottotenente nel 1975. A partire di lì, il giovane Chávez ricorse tutto il paese e riconobbe le qualità del popolo e gli orrori in cui vivevano le larghe masse in tutti gli angoli del paese.

Giovane, studioso critico della storia, leader inquieto e con l’alta sensibilità sociale che lo caratterizzava dalla sua infanzia, non doveva risultare strano che si allineasse con le cause e le lotte dei popoli oppressi della sua patria, che dichiarasse la sua simpatia per le rivoluzioni socialiste del mondo e per i governi progressisti dell’America. D’altro canto, denunciò sempre energicamente la frode del Patto di New York (qui chiamata Patto di Punto Fijo), firmato dai vecchi partiti AD-Copei-URD, con il beneplacito di Federcameras, la cupola dell’estinta Confederazione di Lavoratori del Venezuela (CTV) e della Chiesa Cattolica, per tradire le speranze di redenzione che il popolo aveva coltivato, in seguito all’abbattimento dell’ultima dittatura militare venezuelana nel secolo XX, il 23 gennaio 1958. Guardò con impotenza la feroce lotta che i sanguinari regimi militari imposti dalla CIA e dal Piano Cóndor – conosciuto come alleanza delle dittature del cono Sud – scatenava contro i movimenti liberatori che sorgevano nella nostra regione, che si ispiravano alla Rivoluzione cubana. Come corollario del tempo in cui trascorse la gioventù di Chávez, bisogna aggiungere le morti o assassini dei presidenti Salvador Allende del Cile nel 1973; di Jõao Goulart del Brasile nel 1976; di Jaime Roldós dell’Ecuador nel 1981; di Omar Torrijos di Panama nel 1981 e di Maurice Bishop di Grenada nel 1983, tutte morti inferte a coloro che non si sono piegati agli interessi degli Stati Uniti.

Quando ormai era un giovane Capitano, Chávez era convinto che stava servendo uno Stato dominato da élites politiche ed economiche, prostrate agli interessi del capitale transnazionale. Questo gli confermava che… l’indipendenza, secondo il Liberator… unico bene conquistato alle spese di tutti gli altri con la guerra contro la Spagna, era stata tradita in tutte le sue dimensioni. Ciò gli rafforzava lo spirito e la determinazione a impegnarsi integralmente per il riscatto della dignità e la sovranità del nostro popolo, che tanto sangue, tanti morti aveva offerto in numerose lotte, per conquistare una patria libera e per superare le pauperrime condizioni di vita alle quali era stato sottomesso durante 500 anni.

In conclusione, l’impegno e la dedizione totale di Chávez alla causa libertaria del Venezuela e di tutta la nostra America, allo stesso modo che in Bolívar, aveva i suoi motivi nella necessità reale di trasformare le ingiuste strutture politiche, economiche e sociali che in altre parti del mondo ormai erano state superate. Eppure, egli fu sempre cosciente della potente resistenza che avrebbe attivato la borghesia parassitaria, anti-nazionalista insieme al capitale transnazionale, come nemici storici di tutti i cambiamenti che avrebbero beneficiato le maggioranze sociali in qualsiasi luogo del mondo, dal momento che essi si considerano i legittimi padroni della ricchezza che produce il lavoro e di quella che si trova sul territorio di qualsiasi nazione.

È pertinente allora rimarcare che questa complessa realtà svelata alla coscienza di Hugo Chávez come tragica e immeritata dai nostri popoli, è equiparabile alle situazioni che si convertirono per Bolívar in un mare di angosce e con la stessa intensità trasformarono anche lui in  una semplice strumento dell’uragano rivoluzionario. Vale a dire, questa mescolanza di ammirazione per la grandezza di Bolívar, di passione per la reinterpretazione della storia e dello sviluppo degli eventi internazionali del suo tempo, con l’ira che gli provocava l’indolenza anti-nazionalista di quelli che avevano governato il paese per tanto tempo e al suo infinito amore per il popolo diseredato, sarà la forza che lo influenzerà e lo ispirerà, allo stesso modo in cui influirono su Bolívar, fin dalla sua precoce gioventù, le rivoluzioni borghesi degli USA, della Francia, l’indipendenza di Haiti e gli orrori del sistema feudale e schiavista, imposto dai suoi nonni spagnoli durante tre secoli nelle colonie d’America.

Indignato, inoltre, dalla svendita che i governi del Patto di Punto Fijo fecero della sovranità e delle ricchezze nazionali ai capitali stranieri, il Capitano Chávez motivò e convocò un gruppo di giovani compagni ufficiali con la loro abituale uniforme di campagna, per riprendere l’impegno giurato da Bolívar sul Monte Sacro nel 1805. Quest’atto simbolico fu realizzato il 17 dicembre 1982, quando si commemorava il 199° Anniversario della nascita del Libertador. In quel momento aveva 28 anni e all’ombra del Samán de Güere, nella città di Maracay, Stato Aragua, sigillò il suo fedele impegno con la Storia e a favore della continuità dell’opera incompiuta di Bolívar nella nostra America.

«Giuro sul Dio dei miei genitori, giuro sulla mia Patria, giuro sul mio onore, che non darò tranquillità alla mia anima, né riposo al mio braccio, finché non vedrò rotte le catene che opprimono il mio popolo per volontà dei potenti. Elezione Popolare, terre e uomini liberi. Orrore per l’oligarchia».

Giuramento del Samán de Güere, Maracay, 17-12-1982

Come si può osservare, la differenza dell’origine di classe non è di ostacolo a che il giovane Capitano dell’Esercito Chávez non si allinei con la stessa missione storica del Libertador Simón Bolívar, che non fu altra che quella di: «consolidare in questa terra latino-americana e caraibica un mondo di pace, e dare esempio a questo mondo di guerre e di miserie, di violenze e di invasioni, di come si costruisce un nuovo mondo in democrazia.»

L’attività politica del giovane Simón cominciò decisamente a partire dai fatti del 19 aprile 1810, quando, essendo la Spagna occupata da Napoleone Bonaparte, i suoi possedimenti coloniali d’America rimasero senza la guida dell’autorità imperiale. Questo fatto permise che si attivasse il processo costituente della Repubblica del Venezuela. Bolívar si impegnò attivamente nella Società Patriottica, che affrontò i difensori della monarchia destituita di Fernando VII. Incitò energicamente i membri del Congresso, affinché dichiarassero l’indipendenza assoluta dalla Spagna nel 1811 e si arruolò come ufficiale nell’Esercito della nascente Repubblica, che si dissolse nel 1812.

Indignato dall’infelice sorte della Prima Repubblica, si rifugiò nella vicina Nuova Granada, dove meditò e riconobbe nel Manifesto di Cartagena le cause di tanto deprecabile perdita. E da lì stesso, agli inizi del 1813, organizzò la Campagna Admirable che condusse con successo, fino ad arrivare a Caracas nel mese di agosto e a restaurare la Repubblica, che nuovamente fu liquidata dalle forze realiste nel 1814. Nuovamente in esilio, adesso a Kingston, Giamaica, fece una magistrale analisi della piega che prendeva il processo emancipatore in America e della mancanza di comprensione delle potenze europee di fronte a ciò che avveniva in questa regione del mondo. Riguardo la quale, considerò che la sua discendenza ormai non fosse india originaria, né bianca europea, bensì una nuova razza: l’americana, appunto, e che questa meritasse il diritto e la libertà di costruire il suo proprio destino.

Né le sconfitte, né le critiche contraddizioni di classe e le differenze politiche, che emergevano nel movimento patriottico venezuelano, servirono a fiaccare la sua profonda convinzione per continuare a lottare fino a raggiungere l’obiettivo di Monte Sacro. Nel 1819 diede vita al Sovrano Congresso di Angostura come base di legittimazione della III Repubblica e da lì realizzò l’unità con i fratelli patrioti neo-granadini, per unificare gli sforzi militari e politici e sconfiggere definitivamente le forze reali. In quest’occasione, nacque la Gran Colombia: nella cornice di questo grandioso progetto integrazionista, liberò la Nuova Granada nel 1819, il Venezuela nel 1821, la provincia di Quito nel 1822. Con queste tre regioni liberate dal dominio spagnolo formalizzò la costituzione della Colombia, della quale fu designato Presidente Costituzionale. Nel 1824 liberò il Perù e nel 1825 fondò la Repubblica di Bolivia.

Bolívar non dedicò la sua vita solo a liberare i nostri popoli dalla dominazione politica spagnola e a fondare delle repubbliche borghesi, la sua visione andava molto più in là. Nel 1816 decretò a Carupano la Libertà degli schiavi che si univano alla causa patriottica. Questa giusta misura, la propose nuovamente nel suo celebre Discorso di Angostura: in questo documento, inoltre, segnalò, per orientare il parlamento nella redazione della costituzione della nuova Repubblica che: 

«il sistema di Governo migliore è quello che produce la somma maggiore di felicità possibile, la somma maggiore di sicurezza sociale e la maggior somma di stabilità politica». Angostura, 15 febbraio 1819

Non a caso il più genuino, fedele e conseguente discepolo del suo sistema di idee, il Comandante Chávez, affermava che Bolívar, anche non conoscendo i postulati teorici del socialismo scientifico perché Marx, il suo fondatore, aveva appena un anno quando Bolívar stava lottando per l’indipendenza dell’America, fece tanto per costruire uno Stato che si orientasse verso un proposito così umanista. Per tale ragione, suggeriva che si dovesse interpretare e valorizzare Bolívar come uno dei precursori del socialismo, se solo gli intrighi delle oligarchie e l’interventismo diplomatico degli Stati Uniti nelle nascenti repubbliche non avessero sabotato la grandiosa opera liberatrice anti-schiavista, umanista, integrazionista e anti-imperialista del genio d’America. Tanto acuta fu la sua visione profetica  che già nel 1829 in una lettera a un colonnello amico, dichiarava:

«Gli Stati Uniti paiono destinati dalla Provvidenza ad infliggere all’America numerose  miserie in nome della libertà.» 
(Lettera al Colonnello Patricio Campbell, Guayaquil, 5 agosto 1829)

Disincantato a causa della meschinità dei suoi nemici, della disintegrazione dell’unità della sua amata Colombia, totalmente isolato dal potere politico-militare, che era arrivato a esercitare e afflitto da una penosa malattia, nel suo ultimo proclama dettato solo alcuni giorni prima della sua morte, Bolívar esclama, 

«Colombiani! I miei ultimi voti sono per la felicità della patria. Se la mia morte contribuirà a fare che cessino i partiti e si consolidi l’Unione, io scenderò tranquillo nel sepolcro.»                                                                       
Santa Marta, Colombia, 10 dicembre 1830

Nel caso di Chávez, la sua intensa attività politica cominciò in seguito al suo giuramento al Samán di Güere, quando creò in clandestinità, con un gruppo di ufficiali dell’Esercito, il Movimento Bolivariano 200 (MBR-200). Con quest’ultimo come piattaforma politico-militare, cominciò a elaborare il suo piano per la presa del potere. L’esaurimento del modello capitalista imposto dall’impero yanqui con il Patto di Punto Fijo, già afflitto da forti criticità, arrivò al suo punto finale con lo scoppio sociale del 27 febbraio 1989, che ebbe luogo in conseguenza dell’applicazione del pacchetto di misure neo-liberiste indicato dall’FMI e dalla Banca Mondiale all’inizio del secondo mandato di CAP (Carlos Andrés Pérez) e che si conosce come El caracazo. Il popolo, indignato dalle abusive misure economiche, si precipitò spontaneamente in strada a reclamare con la forza i beni e gli alimenti basici necessari alla propria esistenza, che il modello neo-liberista negava. Questa rivolta fu selvaggiamente repressa dalle forze di polizia dello Stato borghese, con un saldo di più di 5 mila morti, uomini e donne diseredati, ma questo accelerò e fu la ragione dell’insurrezione del MBR-200, guidato il 4 febbraio 1992 da Hugo Chávez, che allora aveva già ottenuto il grado di Tenente Colonnello o Comandante. Fu la prima apparizione pubblica del personaggio che avrebbe cambiato la direzione della Storia, non solo del Venezuela, ma anche della grande regione latino-americana e caraibica. 

La ribellione fallì e i protagonisti furono arrestati, però il volto del leader del movimento, con il suo breve intervento attraverso i mezzi di comunicazione, nel quale pronunciò quell’assertivo «… per adesso», accesero la fiamma della speranza dei settori oppressi e tante volte traditi nella storia patria. Tanto profonda era la crisi in seno alle Forze Armate del puntofijismo, che il 27 novembre dello stesso anno si realizzò anche il sollevamento di un importante numero di ufficiali della Forza Aerea Venezuelana, che egualmente fu controllato dai settori militari e politici favorevoli al governo di CAP. Il quale, però, subì un’indagine della Procura della Repubblica e del Congresso Nazionale per reati di corruzione, che terminò con la sua destituzione dalla presidenza: la Corte Suprema di Giustizia lo condannò agli arresti domiciliari. Il periodo di legislatura dovette essere portato a termine dal Dr. Ramón J. Velásquez.

Nella seguente legislatura (1994-1998) fu eletto presidente, ormai svincolato dal Patto di Punto Fijo,  per la seconda volta, Rafael Caldera. Questi decretò l’indulto e la libertà di tutti quelli che rimanevano in carcere per gli eventi insurrezionali del 1992.

Chávez decise di viaggiare in giro per il paese, in vista della decisione di correre per la presa del potere nella cornice delle regole del sistema puntofijista, sulla base delle quali creò il Partito V Repubblica. La sua principale offerta elettorale era di promuovere un processo costituente che fondasse daccapo le basi della Repubblica. Questo progetto, identificato come Rivoluzione Bolivariana, ottenne il suo primo sostegno popolare con la vittoria alle elezioni del 6 dicembre 1998. Nell’atto dell’investitura come Presidente agli inizi del 1999, senza alcuna titubanza, sollecitò la Corte Suprema di Giustizia ad attivare i meccanismi per la convocazione di un referendum: realizzato questo, conformemente a quanto stabilito dalla legge, l’Assemblea Nazionale Costituente ottenne uno schiacciante trionfo elettorale.

Quello che ebbe luogo in seguito fu una sequenza di trionfi sostenuti dall’appoggio popolare. Però, allo stesso modo che nella carriera politica di Bolívar, le forze reazionarie interne ed esterne non si risparmiarono nel tentare di fermare le trasformazioni promosse da Chávez e finirono per unirsi nel Coordinamento Democratico, organismo che attivò tutti i meccanismi di cospirazione e destabilizzazione con l’aperto sostegno del governo degli USA, in vista dell’abbattimento del potere legittimo che il popolo gli aveva attribuito in elezioni limpide e riconosciute nazionalmente e internazionalmente, legittimandolo nuovamente nella carica di presidente, dopo l’approvazione della Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela. 

            Testimonianze delle continue e disperate azioni dei nemici della rivoluzione bolivariana, volte a cacciare Chávez, furono:

1.- Il golpe fascista del’11 aprile 2002, organizzato da FEDECAMERAS, la Confederazione dei Lavoratori del Venezuela (CTV),  i mezzi di comunicazione privati, la cupola della Chiesa Cattolica e l’ex presidente Bush, golpe sventato da una mobilitazione popolare mai vista in Venezuela il 13 dello stesso mese;

2.- Lo sciopero petrolifero convocato dall’opposizione, tra il dicembre e il marzo 2002-2003. Neutralizzato dalla partecipazione del popolo;

3.- L’occupazione di piazza Altamira a est della Gran Caracas, per far credere al mondo che la maggioranza del popolo venezuelano fosse contro Chávez;

4.- La mobilitazione di paramilitari colombiani a Caracas per assassinare il presidente;

5.- L’operazione guarimba (barricate) contro il Referendum del 15 aprile 2004;

6.- Il ritiro dell’opposizione delle elezioni parlamentarie del 4 dicembre2005 con il proposito di delegittimare il Governo e forzare una crisi politica;

7.- La campagna di mobilitazioni nazionali e internazionali contro il termine della concessione al canale privato di Radio Caracas Televisione (RCTV);

8.- Le accuse false dell’ex presidente della Colombia Álvaro Uribe, in combutta con gli Stati Uniti, che il governo venezuelano favorisse il narco-traffico, con il proposito di dichiarare il Venezuela come uno Stato fuori-legge e di giustificare un intervento militare straniero.

Nessuna di queste azioni ha fermato la Rivoluzione bolivariana di Chávez. Inoltre, la sua coraggiosa opposizione alla creazione dell’Area del Libero Commercio dell’America (ALCA), proposta dal presidente Bush al Vertice di Mar del Plata, Argentina, nel novembre del 2005, è stata  appoggiata dalla grande maggioranza dei presidenti della regione, che la considerarono nociva per l’economia dei nostri popoli, così seppellendo il fatale meccanismo di saccheggio regionale preteso dall’impero. 

Senza dubbio alcuno, il Comandante Chávez ha dedicato tutte le sue forze a trasformare il Venezuela in base a un autentico progetto emancipatore, che in seguito ha identificato come il Socialismo del Secolo XXI, caratterizzato come: nazionalista, sovrano, anti-capitalista, anti-imperialista, nostro-americano, internazionalista, femminista, includente, solidario, produttivo, umanista ed ecologista. Chávez ha proposto che la costruzione del socialismo fosse un impegno di totale responsabilità con le future generazioni del Venezuela, dell’America e del mondo intero. Per lui, il socialismo era l’unica alternativa per salvare il mondo dalla sicura distruzione cui lo conduce la voracità capitalista. Questa proposta assume oggi molta più rilevanza, se si considera che dal 1989 il blocco socialista guidato dalla Russia, conosciuto come socialismo reale, era caduto per allinearsi al modello capitalista neoliberista e, conseguentemente, una valanga di politologi, sociologi, filosofi, analisti internazionali e perfino storici, che Chávez chiamava cerebrali analisti, arrivarono ad affermare che la sua sparizione equivaleva alla fine della storia, volendo dire con ciò che dopo del capitalismo la società non aveva più nulla da inventare.

La proposta di riproporre il socialismo come alternativa al capitalismo, non solo ha suscitato speranze di redenzione nel Venezuela di Bolívar, ma ha anche trasceso le frontiere patrie. Il Socialismo del Secolo XXI è stato assunto fermamente nelle repubbliche sorelle di Bolivia ed Ecuador, ha ispirato il ritorno della Rivoluzione sandinista in Nicaragua, il trionfo dell’FMLN (Farabundo Martí) nel El Salvador, ha immesso nuovo fiato nella Rivoluzione cubana e ha motivato l’avvento di governi progressisti in Brasile, Argentina, Uruguay e con minore fortuna in Honduras e Paraguay.

Dato l’impatto della Rivoluzione bolivariana in Latinoamerica e nei Caraibi, Chávez ha messo in campo sforzi energici per creare importanti istanze di integrazione regionale, come l’Alternativa Bolivariana per le Americhe (ALBA) nell’anno 2004, il Petrocaribe nel 2005, l’Unione delle Nazioni del Sud (UNASUR) nel 2008, la Comunità di Stati Latino-americani e dei Caraibi (CELAC) nel 2011 e ha fatto entrare il Venezuela nel Mercato Comune del Sud (MERCOSUR) nel 2012. Inoltre, ha riposizionato il Venezuela sul piano internazionale, aprendo relazioni di reciproca cooperazione col gruppo BRICS, costituito dalle potenze economiche emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, per rompere la dipendenza economica e politica che, in maniera  assoluta, durante tutto il secolo XX aveva sofferto da parte degli Stati Uniti.

Tutti questi progressi sono stati raggiunti contro i più spietati e continui attacchi dei nemici interni, il governo degli USA e dei suoi alleati internazionali. Come prova del sostegno che le maggioranze sociali venezuelane gli hanno offerto, Chávez ha vinto limpidamente tutte le elezioni in cui si giocava la Presidenza della Repubblica, incluse quelle del 7 ottobre 2012, nella cui campagna ha impegnato la sua stessa vita, conoscendo la grave malattia di cui soffriva. La sua unica ed essenziale missione è stata assicurare la continuità del progetto che ha convertito in realtà i sogni delle larghe masse popolari, rendendole visibili e includendole nei benefici che genera la rendita petrolifera, la quale durante il secolo scorso era di usufrutto esclusivo di piccole élites.

Il 5 marzo 2013 smette di essere fisicamente tra noi, per cui non ha potuto esercitare il suo terzo periodo di governo di sei anni. Però, diversamente dalla sorte dell’opera iniziata dal suo ammirato Liberatore d’America, la sua non è stata tradita e la Rivoluzione bolivariana-chavista continua ad affrontare e vincere  tutte le minacce e gli attacchi che naturalmente vengono da parte dei nemici storici del socialismo. E come indica il presidente Nicolás Maduro, nella citazione all’inizio di questo articolo, Chávez e Bolívar sono morti troppo giovani, però la loro colossale opera, che in entrambi casi è rimasta inconclusa, ha lasciato in distinte epoche della Storia il cammino aperto e fertile per i popoli che hanno continuato l’opera emancipatrice e integrazionista, imprescindibile per costruire uno stato di sovranità, giustizia ed eguaglianza per le grandi maggioranze storicamente dimenticate.

Guanare, agosto 2014

 

[Trad. per ALBAinformazione di Marco Nieli e Ciro Brescia – s ringrazia la coordinatrice della rivista diplomatica Amerindia, Emilia Saggiomo, per la segnalazione]

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