a cura di Rafael Tatemoto, San Paolo, Brasile
15lug2016.- Per Reginaldo Nasser, della PUC-SP (università di San Paolo, Brasile), l’intervento delle grandi potenze in Medio Oriente è la principale causa del terrorismo. Francia e Stati Uniti, in contrasto con il governo siriano, hanno incoraggiato la nascita del gruppo terroristico. Dal gennaio 2015, la Francia ha subito tre grandi attacchi terroristici. L’ultimo si è verificato Giovedì 14 nella città di Nizza, durante le celebrazioni della Rivoluzione Francese e ha ucciso almeno 84 persone, ferendone centinaia.
Per analizzare gli eventi degli ultimi giorni, Brasil de Fato ha intervistato il professore della PUC di San Paolo Reginaldo Nasser. Secondo lui, la causa principale della nascita del terrorismo contemporaneo è l’ingerenza delle grandi potenze occidentali in Medio Oriente. “Gli Stati Uniti, la Francia e la Gran Bretagna sono coinvolte nella creazione dello Stato Islamico”, afferma.
Un altro punto sollevato da Nasser è il fatto che, in contrasto con quanto riportato nei notiziari ufficiali, la maggior parte delle vittime degli attacchi sono Musulmani. “Quando accade un attacco in alcuni paesi richiama l’attenzione, ma in altri è normale, è la vita quotidiana.”
Qui di seguito l’intervista completa:
Brasil de Fato: Perché la Francia è diventata un obiettivo prioritario del terrorismo?
Reginaldo Nasser: Le organizzazioni terroristiche, qualunque esse siano, hanno i loro scopi politici. Per quanto crudele sia il metodo, i morti sono un messaggio a qualcuno. Dal governo Sarkozy, continuando con Hollande, la Francia ha iniziato a intervenire molto di più nei conflitti internazionali, a differenza di quanto avvenuto in epoca Chirac, che si è opposto soprattutto all’intervento in Iraq. La Francia, intervenendo, ha cominciato a scegliersi i propri nemici. Uno di questi nemici – cui il governo francese ha dichiarato guerra – è lo Stato Islamico. A partire da questo momento, la Francia è diventata un obiettivo per il terrorismo.
B.d.F.: La composizione etnica della società francese non influenza tutto ciò?
R.N.: Per niente. Ci sono 4,5 milioni di Musulmani in Francia, quanti partecipano a organizzazioni terroristiche? Il numero di 100 sarebbe già sovra-estimato. La Germania ne ha anche più della Francia. Questa è una falsa correlazione. Se questo fosse vero, perché avviene ora, negli ultimi anni, e non prima? Questo problema è chiaramente collegato con gli aspetti politici. Negli attentati dell’11 settembre, la Francia non è stata coinvolta – lo sono stati invece gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Spagna, che furono il bersaglio di attacchi. La Francia ha poi guidato l’intervento in Libia. È intervenuta in Mali. Tra i paesi europei, era quello che più chiedeva di intervenire in Siria. Direi che l’unica ragione è politica. Il terrore ha obiettivi politici.
B.d.F.: Qual è il messaggio e l’obiettivo quindi? Allontanare l’Occidente dal Medio Oriente?
R.N.: Ecco. Qualunque sia l’attacco, quando è contro i civili, dà un altro messaggio, sottolineando che il governo non è in grado di proteggere i propri cittadini. Si tratta di un messaggio di “trattativa”. “Fermate gli interventi e noi fermiamo gli attacchi.” A ogni attentato, la Francia reagisce dicendo che agirà più intensamente, inasprisce le sue leggi. È inutile, ottiene solo di peggiorare la situazione, aumentando la tensione del contesto – è quello che il terrorismo vuole.
B.d.F.: Da questo punto di vista, come trattare con lo Stato islamico?
R.N.: La prima cosa è l’origine dello Stato Islamico. Non si può ignorare la questione. Come tutti sanno, l’Arabia Saudita e, indirettamente, gli Stati Uniti, così come la Francia e l’Inghilterra, sono stati coinvolti nella creazione dello Stato Islamico. Era un piccolo gruppo all’interno di Al Qaeda e ha cominciato a essere rifornito di armi e intelligence da molto tempo in qua. Il libro del giornalista Patrick Cockburn cita fonti e documenti che lo dimostrano. I servizi segreti delle grandi potenze sono stati presenti fin dall’inizio nel conflitto in Siria, e prima ancora in Iraq. Sia con servizi di intelligence che di fornitura di armi. Gli Stati Uniti e la Francia hanno detto che lo stavano facendo. Hanno detto che stavano inviando armi ai ribelli. Le armi ai ribelli, in un contesto di guerra civile, non si sa dove vanno a finire. C’è una complicità.
C’è poi un’altra domanda, semplice e obiettiva. Gli Stati Uniti e la Francia, che hanno a che fare con il conflitto in Siria e in Iraq? Le grandi potenze si assumono la responsabilità per una serie di conflitti nel mondo. Assumendola, intervengono e diventano bersagli. Smettere di essere un obiettivo è conseguente allo smettere di interferire.
Prendiamo il caso della Turchia. Il paese, inizialmente, sosteneva lo Stato Islamico, dal momento che era conveniente che per loro che questo combatesse, da un lato, contro i Curdi e, dall’altro, contro Assad. Da un anno a questa parte, la Turchia ha cambiato il suo atteggiamento verso lo Stato Islamico, su pressione degli Stati Uniti. Che cosa è successo? E’ diventata un bersaglio per il terrorismo.
Tutti questi attori sono coinvolti. Purtroppo, il terrore, invece di attaccare le forze militari e di governo, hanno attaccato i civili di quei paesi, che sono le principali vittime.
B.d.F.: C’è una certa ambiguità per quanto riguarda lo Stato Islamico, allora? Così è stato in grado di espandersi?
R.N.: I giornalisti più affidabili dicono che la Turchia e Israele comprano il petrolio dallo Stato Islamico. Questa è un’altra questione: come si finanzia? Come acquista armi, mantiene un´estensione di territorio grande quanto la Giordania, amministra circa sei milioni di persone? Queste cose devono essere indagate, ma nessuno vi presta attenzione.
B.d.F.: Perché le potenze hanno cambiato posizione riguardo al gruppo?
R.N.: È la tipica questione: li sostieni quando sono piccoli, quando crescono e diventano potenti come te, diventano il nemico. Lo Stato Islamico ha acquisito notorietà in un anno e mezzo. Agli Stati Uniti interessava destabilizzare il governo siriano. Dal momento in cui ha iniziato a minacciare i suoi alleati e interessi, si è trasformato in nemico. Questo è il caso dei Talebani [in Afghanistan], che gli Stati Uniti hanno sostenuto contro l’Unione Sovietica e poi si sono trasformati in nemici.
Gli Stati Uniti continuano a intervenire con le armi lì. Se lo Stato Islamico scompare, si può essere sicuri, che, ecco, ne arriva un altro dopo qualche anno. Si diceva che Al Qaeda era la cosa peggiore del mondo. Ora è lo Stato Islamico. Ben presto, ce ne sarà un altro che li supererà.
B.d.F: Riassumendo, è la stessa guerra al terrore che intensifica il terrorismo?
R.N.: Senza dubbio. Nel 2002, sono state uccise circa 2.500 persone in tutto il mondo dal terrorismo. L’anno scorso, ce ne sono state circa 37.000. Durante questo periodo di 13 anni, che cosa è successo? Le grandi potenze in cosa hanno investito? Finirla col terrorismo.
Intervenendo in Afghanistan, in Iraq, in mezzo mondo e uccidendo persone innocenti. Il risultato? Aumento del terrorismo.
L’80% delle morti, vittime del terrorismo, sono Musulmani e sono in cinque paesi: Siria, Iraq, Pakistan, Nigeria e Afghanistan. Prendiamo la storia della Francia: se non sbaglio, dagli anni ’50 fino ad oggi, 1.800 persone sono morte in attacchi terroristici. In questi paesi, è il numero che muore in un mese.
Quando ha luogo un attentato in alcuni paesi, richiama l’attenzione, ma è regolare e di routine in questi altri posti.
Saddam era un dittatore, uno dei peggiori mai esistiti. Tuttavia, fino al 2002, non vi era mai stato un attentato in Iraq. In Afghanistan, idem: c´erano guerriglieri, non attentati. Dopo l’invasione, sono cominciati gli attentati. E la Francia continua ad alimentare tutto ciò, dichiarando guerra. Il giorno prima, sulla copertina del [quotidiano] Le Monde c´era una dichiarazione di [François] Hollande [presidente francese], che diceva che avrebbe mandato la portaerei Charles de Gaulle in Iraq. Ovviamente, ci sarà una reazione.
B.d.F.: A causa delle Olimpiadi, si è aperto il dibattito sul terrorismo in Brasile, e abbiamo già una legge specifica in materia. Stiamo adottando il modello delle grandi potenze?
R.N.: Non solo il Brasile, il mondo intero sta seguendo il modello delle grandi potenze, il modello nordamericano. Così, le leggi si moltiplicano: il Brasile ha una legge anti-terrorismo, senza avere terrorismo. La cosa più interessante è che il progetto è venuto dal Ministero delle Finanze, perché è arrivato attraverso il canale del G7. Il G7 ha finito per diffondere questo sistema, non per porre fine al terrorismo, ma per reprimere i movimenti sociali.
C’è anche una esagerazione della minaccia del terrorismo. In Brasile, vengono assassinate 55.000 persone in un anno e si discute di Stato Islamico. Ci sono le Olimpiadi a Rio e ci si preocupa con il terrorismo, con lo stato di calamità che c´è, con le morti, gli arresti … Il terrorismo è un buon motivo per distogliere l’attenzione da altre questioni.
Negli Stati Uniti, muoiono da 45 a 50 persone l’anno a causa del terrorismo, il 65% sono vittime di gruppi di estrema destra. D’altra parte, vi è la violenza contro i neri, l’incarcerazione di massa, ma questo non si discute. Il terrorismo è molto conveniente per distogliere l´attenzione dai problemi reali.
Edizione: Camila Rodrigues da Silva
[Traduzione dal portoghese per Albainformazione di Marco Nieli]