L’arresto in Italia di un giornalista dissidente turco che lavora in Belgio e conosce troppi segreti sulla Siria.
Galera italiana per Bahar Kimyongur giornalista turco-belga. La guerra siriana diventata semi clandestina dopo il non intervento deciso dagli Stati Uniti si combatte sotto traccia. In Italia arriva il cronista turco-belga che denuncia le brame di guerra del governo di Ankara e lo accoglie la Digos
Dalla sala arrivi dell’aeroporto di Milano direttamente all’ufficio matricola del carcere di Bergamo. Operazione Digos nei confronti di un presunto sovversivo, il cittadino turco Bahar Kimyongur, giornalista per mestiere in Belgio e dissidente per coerenza nella sua Turchia di origine. Bahar collabora col gruppo di giornalisti del sito belga Investig’action del giornalista di Michel Collon, ed è da tempo bersaglio del governo di Ankara. Ordini di cattura via Interpol trasmessi da quella magistratura. Kimyongur era stato già arrestato tempo fa in Belgio e poi in Spagna e portato in giudizio con l’accusa mossa da Ankara di far parte di un gruppo terrorista. Questa volta l’accusa parla di minaccia a un ministro e fiancheggiamento del terrorismo, in particolare dell’ organizzazione turca Dhkpc. Per la stessa accusa Kimyongür era stato già assolto in Belgio e nei Paesi bassi.
Ma chi è Bahar Kimyongür, e cosa gli viene contestato? Certamente è un amico della Siria e scopertamente avversario della politica statunitense nell’area confinante col suo Paese d’origine. Nel 2000, durante una visita dell’allora ministro degli Esteri turco al Parlamento europeo, Bahar lo interrompe pubblicamente denunciando violenze e persecuzioni, e lanciando volantini. L’indomani la stampa turca lo descrive come amico di terroristi e nemico della nazione. In seguito la Turchia ne chiede l’estradizione accusandolo anche di far parte di un’associazione terroristica. Arrestato e poi assolto sia dalla giustizia olandese che da quella belga. Rimane però in piedi purtroppo il mandato di cattura internazionale. Nel 2012, Bahar si attira nuovamente le ire turche denunciando il ruolo diretto del governo Erdogan nell’addestramento, nel finanziamento e nel transito delle formazioni jihadiste attive in Siria.
La campagna Usa e turca anti siriana il bersaglio mirato delle critiche del giornalista e pacifista turco. «Se siete ancora scettici sulla questione del ruolo centrale degli Stati Uniti nel caos siriano, vi invitiamo a gettare uno sguardo più attento sulle operazioni in corso sul fronte nord-occidentale della Siria. Nella provincia turca di Hatay, cioè ai piedi della roccaforte siriana, gli jihadisti di Al Qaida o dell’Esercito siriano di Liberazione ASL, operano a stretto contatto con i soldati dell’esercito turco di Erdogan e con le truppe statunitensi. A qualche chilometro dalla frontiera siriana esiste una base radar della NATO, quella di Kisecik, situata sulla sommità della catena montuosa dell’Amanus. Gli abitanti del paese di Antiochia denominano questo sito come “il radar”». Infine il segreto del «Punto O della frontiera siriana sulla cima del Djebel El Aqrà, il monte Cassius».
Secondo le rivelazioni del giornalista detenuto a Bergamo, la Nato sarebbe impegnata a costruire sul monte Cassius – 1700 metri di altitudine – una nuova base-osservatorio sopra il villaggio siriano di Kassab. L’installazione militare dominerebbe la provincia siriana di Lattaia consentendo il controllo di tutta la Siria, per cielo, terra e mare. Nell’area, va ricordato che, situata a meno di 150 chilometri dalla frontiera siriana, c’è la base militare d’Incirlik. Secondo le rivelazioni del reporter incarcerato, da quella base aerea transiterebbero gli armamenti provenienti dalla Libia destinati agli insorti siriani. Ultima rivelazione, nel Golfo di Alessandretta (Iskenderun), a meno di un miglio dalle coste siriane, navi da guerra Nato fornirebbero agli insorgenti siriani informazioni e rilevamenti di natura militare. Nelle province di Hatay e di Adana la Cia disporrebbe di centri di addestramento ribelli.