L’alleanza America Latina, Asia e Africa è fondamentale per i popoli

Arreaza-Cumbre-Asia-África-en-Indonesiada portalalba.org

Invitato al Vertice Asia-Africa, tenutosi nella città di Bandung in Indonesia, il Vicepresidente Esecutivo del Venezuela, Jorge Arreaza, ha ribadito quanto sia necessaria e indispensabile tra Asia, Africa e i paesi dell’America Latina, al fine di rovesciare l’imperialismo e porre fine al sistema unipolare.

«L’alleanza tra Asia, Africa e America Latina, oggi, non è solo necessaria, è indispensabile. Dal Sud, noi determineremo il futuro, in libertà, dei popoli del mondo. Dal Sud, con i popoli del Sud, dai popoli del Sud e per i popoli del Sud e di tutto il mondo. Oggi, dobbiamo unirci più che mai», ha spiegato ai microfoni dell’emittente di stato Venezolana de Televisión.

Il Vicepresidente Esecutivo ha evidenziato che il Comandante Hugo Chávez sin dal suo arrivo al potere, nel 1999, si pose come obiettivo il consolidamento dell’alleanza dei paesi asiatici e africani con l’America Latina, per combattere le battaglie imposte dall’imperialismo.

«Oggi non si tratta, come allora, solamente di non essere allineati ad una potenza e nel suo ambito di influenza. Oggi la sfida è molto più grande (…). Si tratta di non allinearsi all’ingiustizia, non allinearsi alle guerre, al mancato rispetto del diritto internazionale, di non essere allineati e combattere il neocolonialismo, in tutte le sue forme, combattere la fame, si tratta di non allinearsi alla discriminazione e al dominio in tutte le sue forme», ha spiegato Arreaza.

Al contempo, ha fatto appello ad utilizzare la giustizia come uno strumento fondamentale per combattere il nuovo colonialismo e l’imperialismo, che tentano di utilizzare l’attuale sistema politico ed economico per mantenere il dominio sui popoli e i governi progressisti.

DI fronte a queste potenze imperialiste, i paesi e i popoli devono essere «coscienti dei loro doveri, (dei) pericoli insiti in questa situazione, dei sacrifici economici e politici che non possono mai marciare separati, devono formare un grande blocco compatto, che a sua volta possa aiutare nuovi paesi a liberarsi dal potere politico ed economico imperialista», ha affermato Arreaza, citando il Comandante della Rivoluzione cubana Ernesto ‘Che’ Guevara.

In una trasmissione di VTV, Arreaza ha ribadito la solidarietà del Venezuela con la Palestina, che si trova ad affrontare le politiche espansionistiche del governo israeliano, che ha costretto all’esilio forzato almeno due milioni di palestinesi, il cui paese è stato ridotto al 12% del suo territorio storico, che oggi comprende la Striscia di Gaza e la Cisgiordania.

Il Vicepresidente Esecutivo ha infine invitato i capi di Stato del Movimento dei Paesi Non Allineati a la Isla de Margarita, tra il 27 di settembre e il 2 di ottobre, per partecipare al prossimo Vertice dell’organizzazione, che si terrà per la prima volta in Venezuela.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]

Dinucci: «Con il vuoto politico il problema è l’informazione»

carri_colonnada marx21.it

Comitato promotore della campagna #NO GUERRA #NO NATO

24 apr 2015 — All’interno della cornice della conferenza stampa #No Guerra #No Nato, Sputnik Italia ha intervistato il giornalista Manlio Dinucci

(a cura) di Sputnik Italia

– Lei ritiene che tra le attuali forze politiche ci sia l’opportunità di aprire un dibattito sull’adesione dell’Italia alla Nato, a fronte del protratto silenzio degli scorsi decenni?

Nell’ambiente politico non è assolutamente in discussione che la Nato serva a proteggere la nostra democrazia, come non è in dubbio che la più grande democrazia del mondo sia quella degli Stati Uniti d’America. La cosa ancora peggiore è che queste idee, in una sorta di rovesciamento di fronte, hanno trovato molto più spazio in quella che noi abbiamo finora definito la sinistra, che non nella destra.

Ricordiamo che quando si preparava la guerra alla Libia, Berlusconi cercava di frenare e poi fu sicuramente posto sotto pressione anche attraverso minacce a Mediaset. Berlusconi frenava sulla base non di uomo pacifista, ma di uomo d’affari che comprendeva che sarebbe stato un danno per il nostro paese rompere il patto d’amicizia e non aggressione con Gheddafi. Non dimentichiamoci che i portabandiera dell’attacco alla Libia furono Bersani e il PD, sotto l’egida del presidente Napolitano. Bersani, addirittura, accolse la partenza dei cacciabombardieri con la storica frase: “Alla buon’ora”. Porteremo avanti questa battaglia trasversale, però senza scoraggiamenti né facili ottimismi, perché agiamo all’interno di un vuoto politico, comprendente anche i vertici del M5S. Invece, tra gli aderenti e i militanti del Movimento potrebbe esserci spazio per creare una coalizione trasversale.

– Negli anni ’60 e ’70 era in corso un dibattito sull’Alleanza Atlantica nell’opinione pubblica e nel parlamento. Berlinguer disse che l’ombrello difensivo della Nato era più importante dell’ex Patto di Varsavia. Lei considera che questa dichiarazione possa aver in qualche modo bloccato il dibattito politico?

Sì, sicuramente, anche se qualcuno dei berlingueriani odierni nega che dovesse avere quel significato. Da un partito, il PCI, che aveva guidato una grande mobilitazione contro la NATO si passava a un partito che accettava la NATO come forma di ombrello di protezione. Fu sicuramente un tornante. La direzione del PCI allora era ancora nella fase di transizione, mantenendo ancora qualcosa delle sue radici. Ora quel filone storico non esiste più, ora abbiamo Renzi. In ogni caso, nella prima guerra del golfo, milioni e milioni d’italiani scesero in piazza. Ci fu una ribellione, e non fu guidata da nessun partito. Da allora a oggi noi abbiamo visto purtroppo una decrescita della capacità di mobilitazione e d’indignazione. Quando vedo i bombardamenti nello Yemen, donne e bambini che stanno morendo, oppure quando vedo foto del NYT di ieri, con la foto dell’inaugurazione del corso di tre battaglioni della guardia nazionale ucraina, da parte dei parà della 173esima brigata giunta da Vicenza con armi ed equipaggiamenti, e vedo la bandiera statunitense e ucraina sfilare davanti alle truppe col volto mascherato, elemento di chiara fede nazista perché destinati – una volta addestrati – a compiere stragi, io mi indigno davanti a tutto questo. Purtroppo questa capacità si è persa nel nostro paese. Noi ci troviamo a dover ricostruire livelli estremamente bassi e addirittura in un ambiente fondamentalmente ostile, e non solo del governo.

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Rouhani: «Inaccettabili interferenze negli affari interni del Venezuela»

foto-IranInjerenciaVzlada Prensa Bolivariana

Il presidente iraniano Hassan Rouhani ha ricevuto a Teheran il Ministro degli Esteri venezuelano Delcy Rodriguez

L’Iran è un paese amico e alleato strategico per il Venezuela, ha affermato il ministro degli Esteri del paese sudamericano, Delcy Rodríguez, ricevuta dal Presidente Hassan Rouhani, che ha qualificato come inaccettabili le ingerenze negli affari interni di Caracas.

Poco prima di concludere una breve visita ufficiale, il ministro degli Esteri venezuelano ha incontrato Rouhani e definito di centrale importanza il rafforzamento delle relazioni e l’incremento della cooperazione tra i due paesi membri del Movimento dei Paesi Non Allineati.

Rodriguez ha assicurato che il governo guidato dal Presidente Nicolás Maduro sarà sempre dalla parte della nazione e delle autorità iraniane per promuovere i legami politici, economici e commerciali.

Mentre Rouhani ha evidenziato la fine dell’era in cui le grandi potenze potevano interferire negli affari interni delle altre nazioni: «L’ingerenza di alcune potenze negli affari interni di Stati indipendenti come il Venezuela, è assolutamente inaccettabile».Venezuela-Delcy-Rodriguez-Teheran-EFE_NACIMA20150420_0103_6

Il Capo di Stato iraniano ha espresso il suo apprezzamento riguardo la politica estera di Caracas, in particolare verso Teheran e in campo economico, chiedendo al contempo che venga sviluppata in modo tale che apporti benefici a entrambi i paesi.

Inoltre, Rouhani ha manifestato l’interesse del paese persiano a espandere i legami con la nazione sudamericana e appronfondire – ha rimarcato – la cooperazione, in particolare nel settore degli idrocarburi dove i due paesi hanno un notevole peso a livello internazionale.

Il presidente ha infine elogiato il lavoro del Venezuela rivolto alla ricerca di una maggiore equità nel mercato mondiale e ribadito che l’Iran «spera sinceramente» che gli sforzi compiuti in questa direzione conducano al risultato desiderato.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]

Obama: «Via Cuba dalla lista nera»

di Geraldina Colotti – il manifesto

Aprile, in Vene­zuela, è il più cru­dele dei mesi, si potrebbe dire para­fra­sando il titolo di un cele­bre noir di Derek Ray­mond. Aprile, però, è anche mese di rimonta e riscossa. E così, i cha­vi­sti, hanno coniato lo slo­gan: «ogni 11 porta il suo 13». Il rife­ri­mento è al colpo di stato inten­tato con­tro l’allora pre­si­dente Hugo Cha­vez, l’11 aprile del 2002. Un golpe a guida Cia che portò al potere il capo della locale Con­fin­du­stria, Pedro Car­mona Estanga: detto «Car­mona il Breve» per­ché la popo­la­zione infu­riata lo lasciò gover­nare solo due giorni, prima di ripor­tare al suo posto il pre­si­dente che aveva eletto. Il 14 aprile di 2 anni fa, dopo la morte di Cha­vez (il 5 marzo), fu lau­reato dalle urne l’attuale capo di stato Nico­las Maduro: con un mar­gine certo, ma scarso sul rap­pre­sen­tante della destra, Hen­ri­que Capri­les. Il giorno dopo, quest’ultimo — reduce da due scon­fitte subite in cin­que mesi, prima con­tro Cha­vez poi con­tro Maduro — chiamò le piazze «a sfo­gare l’incazzatura». Vio­lenze e deva­sta­zioni pro­vo­ca­rono la morte di 9 chavisti.

Per ricor­dare l’aprile della riscossa, le orga­niz­za­zioni popo­lari hanno costruito la ban­diera più lunga della sto­ria del Vene­zuela, 1.200 metri. Dal 10 all’11, si è svolto il VII ver­tice delle Ame­ri­che, che ha visto il Vene­zuela in primo piano. Maduro ha con­se­gnato a Obama 14 milioni di firme, e ha pro­cla­mato il 9 marzo «giorno dell’antimperialismo boli­va­riano». In quella data, il pre­si­dente Usa ha emesso un decreto di san­zioni con­tro Cara­cas, defi­nendo il Vene­zuela «una minac­cia inu­suale e straor­di­na­ria per la sicu­rezza nazio­nale degli Stati uniti». La rac­colta di firme, pro­lun­gata fino alla fine di aprile, ha costi­tuito un forte coa­gulo nella società vene­zue­lana e ha visto anche il con­senso di una parte dell’opposizione. Il 19 sarà la «gior­nata mon­diale della soli­da­rietà con la rivo­lu­zione boli­va­riana». Entrambi gli schie­ra­menti poli­tici — Psuv e suoi alleati, e Mud — si pre­pa­rano alle reci­pro­che pri­ma­rie, in vista delle cru­ciali ele­zioni che si ter­ranno a dicem­bre. La Mesa de la uni­dad demo­cra­tica è attra­ver­sata da forti con­flitti interni e da accuse di bro­gli e ver­ti­ci­smo pro­ve­nienti dalle pro­prie fila, poi­ché ha deciso di blin­dare alcuni col­legi e di non sot­to­porli a votazione.

Maduro, che a Panama ha inta­scato il con­senso di tutti e 33 paesi pre­senti tranne Usa e Canada è tor­nato in patria deciso ad «appro­fon­dire la rivo­lu­zione»: per disin­ne­scare le cri­ti­che delle sue ali più radi­cali che, come Marea socia­li­sta, stanno rac­co­gliendo lo scon­tento da sini­stra. «Il con­flitto in Vene­zuela è un con­flitto per l’egemonia tra la fazione neoliberista-proimperialista (Lopez, Capri­les) e quella social­de­mo­cra­tica (Maduro, Cabello) della classe poli­tica nazio­nale per il con­trollo dei ricavi delle ren­dita petro­li­fera», scrive il poli­to­logo Heinz Die­trich — un tempo vicino a Cha­vez, ora con­si­de­rato un guastatore.

Intanto, con­ti­nua la bat­ta­glia con­tro «la guerra eco­no­mica» e la fuga di capi­tali all’estero e il mer­cato nero del dol­laro. Nono­stante le dif­fi­coltà insorte dopo il crollo dei prezzi del petro­lio, il bilan­cio desti­nato ai pro­getti sociali non è stato toc­cato. I salari e le pen­sioni sono stati aumen­tati, i prezzi riman­gono cal­mie­rati. La Fao ha rico­no­sciuto un’altra volta i risul­tati rag­giunti dal cha­vi­smo nella lotta con­tro la fame, che situano il paese nella fascia più bassa delle sta­ti­sti­che in Ame­rica latina. E ha con­fe­rito a Maduro un nuovo rico­no­sci­mento. Il Vene­zuela — dove il 94% delle per­sone man­gia almeno 3 volte al giorno — è anche il paese con meno disu­gua­glianze sociali del continente.

Ma intanto con­ti­nua l’attacco media­tico e poli­tico delle destre, dall’Europa all’America latina. Una ven­tina di ex pre­si­denti ha fir­mato un docu­mento con­tro Maduro, pre­sen­tato al ver­tice di Panama. Ieri è scop­piata una crisi diplo­ma­tica tra Cara­cas e Madrid. Il governo spa­gnolo ha pre­sen­tato una nota di pro­te­sta for­male con­tro quello vene­zue­lano per le «offese» rivolte da Maduro al pre­mier Mariano Rajoy, defi­nito «raz­zi­sta» e accu­sato di «essere die­tro tutte le mano­vre con­tro il Vene­zuela». Maduro ha rea­gito così dopo che il par­la­mento di Madrid ha appro­vato una mozione per la libe­ra­zione dei gol­pi­sti, arre­stati dopo le vio­lenze dell’opposizione oltran­zi­sta, scop­piate l’anno scorso.

L’America Latina afferma la sua sovranità di fronte agli Stati Uniti

Panama_cumbre_2015Editoriale diVermelho, portale web del Partito Comunista del Brasile (PCdoB)

Traduzione di Marx21.it

La lotta per l’emancipazione dei popoli e delle nazioni delle Americhe ha vissuto negli ultimi giorni un episodio di trascendenza storica. Si è svolto, il 10-11 aprile, nella Città di Panama, il 7° Vertice delle Americhe, che si è trasformato nello scenario di una nuova battaglia per l’affermazione della sovranità e dell’indipendenza nazionale dei paesi della regione.

L’ideale del Liberatore Simon Bolivar della creazione di una “grande Patria Americana” che ha ispirato innumerevoli lotte e battaglie per l’indipendenza nel corso di due secoli, è stato presente nella riunione di Panama, sia nell’incontro dei movimenti sociali, che ha mobilitato centinaia di attivisti e dirigenti, che nel Vertice dei capi di Stato e di governo.

L’incontro di Panama è stato segnato da due avvenimenti inediti. E’ stata la prima volta che i 35 paesi delle Americhe si sono seduti attorno allo stesso tavolo, con un invito formulato a Cuba dal governo del paese ospitante, dopo molti anni durante i quali i governi progressisti avevano chiesto la presenza dell’isola socialista che era esclusa da questo tipo di conferenza inaugurata nel 1994 dagli Stati Uniti. E’ stato anche il momento in cui i presidenti di Cuba e degli Stati Uniti si sono incontrati per la prima volta dopo più di cinque decenni, dando corso a intese per l’allacciamento di relazioni diplomatiche e per la fine dell’odioso blocco imposto dall’imperialismo alla maggiore delle Antille.

In forma peculiare, il Vertice delle Americhe ha confermato la tendenza inesorabile nell’evoluzione della lotta politica nella regione latinoamericana e caraibica, con l’affermazione del diritto delle nazioni che ne fanno parte ad essere padrone del proprio destino. A essere precisi, tale tendenza si era rivelata irreversibile quando, il due e tre dicembre 2011, fu creata la Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (Celac), evento che ha inaugurato una nuova fase nella storia della Nostra America.

Allora, Fidel e Raul Castro lo avevano definito il più importante evento istituzionale in due secoli di lotta dei popoli latinoamericani, essendosi resa evidente la scelta patriottica di questi popoli per la pace, lo sviluppo, l’integrazione, la cooperazione, la solidarietà, l’indipendenza, la sovranità, l’identità e il diritto a scegliere proprie strade per elevare la propria vita politica e sociale.

Nel Vertice di Panama, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, non si è più incontrato, a differenza della maggioranza dei suoi predecessori, con dittatori o governanti civili reazionari, fantocci dell’impero, compiacenti con le politiche delle “cannoniere”, del “buon vicinato”, dell’ “Alleanza per il Progresso”, dell’ “allineamento automatico” e dell’Alleanza del Libero Commercio delle Americhe (Alca). Questa volta, il capo di turno della Casa Bianca si è trovato con i leader che dialogano su un piano di parità e fanno sentire la loro voce alta di rappresentanti di popoli dignitosi.

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Correa: «L’America Latina non sarà mai più il cortile di nessuno»

da Correo del Orinoco

«Oggi è stato certamente un giorno storico compagni, senza dubbio, il settimo Vertice delle Americhe rimarrà nella storia, finalmente e per la prima volta siamo stati tutti più uniti che mai»

Il Presidente della Repubblica dell’Ecuador, Rafael Correa, ha sottolineato che l’America Latina ha ribadito chiaramente il suo carattere sovrano e degno, che non tollererà più nessun tipo d’ingerenza e che «non tornerà mai più ad essere il cortile di nessuno».

«Oggi è stato certamente un giorno storico compagni, senza dubbio, il settimo Vertice delle Americhe rimarrà nella storia, finalmente e per la prima volta siamo stati tutti più uniti che mai», ha dichiarato il capo dello stato ecuadoriano durante la sua partecipazione al Vertice dei Popoli dell’America Latina ‘Una patria per tutti, in pace, solidarietà e con giustizia sociale’, tenutosi a Panama.

Correa ha evidenziato che per la prima volta al vertice vi è stata la presenza della Repubblica di Cuba e si è complimentato per l’avvicinamento del suo governo con gli Stati Uniti. «Questo dovrebbe colmarci tutti di felicità, spingerciad avanzare verso un continente di pace».

Il Presidente ecuadoriano ha poi deplorato il tentativo statunitense di far passare l’avvicinamento diplomatico come una concessione a Cuba, una specie di favore. «Qui non si tratta di favori signori, è la giustizia, che si è guadagnata il popolo cubano con decenni di lotta, dignità, non sottomettendosi al più potente impero della storia».

Invece di offrire trattative e concessioni – ha spiegato Correa – gli Stati Uniti avrebbero dovuto chiedere scusa, risarcire Cuba per tutti i danni arrecati e riconoscere l’ingiustizia.

«Devono rispettare la sovranità dei paesi, devono rispettare il Diritto Internazionale, devono rispettare l’autodeterminazione dei popoli, devono rispettare la carta dell’OSA che invocano solo quando gli conviene» ha denunciato il Presidente Correa.

Infine, Rafael Correa ha chiesto che una volta per tutte si proceda all’eliminazione di «questo criminale bloqueo, che non ha fondamento giuridico, non ha alcuna legittimità, non ha ragione d’essere, che rappresenta il più grande attacco al diritto internazionale e ai diritti umani nel continente e probabilmente nell’intero pianeta».

Solidarietà con Nicolás Maduro

In riferimento al decreto di Obama che bolla il Venezuela come una minaccia contro la sicurezza degli Stati Uniti, ha sottolineato che l’abrogazione di questo documento non è da intendersi come la richiesta di un favore, ma bensì di tratta di «iniziare a rispettare il Diritto Internazionale e i rapporti di reciproco rispetto tra i paesi».

«Tutta la nostra solidarietà a Nicolás (Maduro), dobbiamo stare molto attenti», perché il ritiro dell’ordine imperiale non è l’aspetto più importante, ma solo la punta dell’iceberg di una macchina letale e di un sistema in cui vige una logica propria, che va oltre la buona volontà del presidente di turno».

«Si tratta di un piano per destabilizzare il nostro amato Venezuela», ha denunciato Correa.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]

Venezuela: oltre 8 milioni di firme contro il decreto di Obama

obama-deroga-el-decreto-ya-700x352da Telesur

C’è stata un’ondata di opposizione in Venezuela e nel mondo contro l’ultima aggressione degli Stati Uniti

La petizione lanciata in opposizione alle ultime sanzioni comminate dal presidente Barack Obama e contro l’etichettatura del Venezuela come una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha superato le 8 milioni di firme, secondo quanto è stato reso noto nella giornata di domenica.

Il presidente Obama ha emesso un ordine esecutivo il 9 di marzo definendo “un’emergenza nazionale, la minaccia inusuale e straordinaria per la sicurezza nazionale e la politica estera degli Stati Uniti derivante dalla situazione in Venezuela”.

Il presidente venezuelano Nicolas Maduro, attraverso il proprio account Twitter, ha ringraziato tutti i sostenitori della campagna volta a richiedere ad Obama di “abrogare il decreto”.

Le firme saranno consegnate nel corso del Vertice delle Americhe che avrà inizio questa settimana a Panama, e vedrà la partecipazione di tutte le nazioni dell’emisfero.

Il montare delle ostilità degli Stati Uniti verso il Venezuela sarà con ogni probabilità uno dei temi più caldi di dibattito durante il Vertice, dove è prevista la partecipazione del presidente Obama.

Inoltre, milioni di persone hanno espresso tramite Twitter la loro opposizione all’aggressione degli Stati Uniti. Secondo quanto reso noto, la scorsa settimana oltre 5 milioni di tweet inviati da 105 paesi hanno richiesto l’abrogazione delle misure.

Il governo venezuelano ha anche incassato un forte sostegno a in campo internazionale.

Molte personalità latinoamericane di alto profilo, come l’ex presidente uruguayano Pepe Mujica e il Nobel per la Pace Rigoberta Menchu, hanno pubblicamente espresso il proprio sostegno al governo democraticamente eletto del presidente Maduro.

Nel mese di marzo, tutti i 33 membri della Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC) hanno espresso la loro opposizione alla mossa del governo degli Stati Uniti, così come gli altri organismi regionali, tra cui le Nazioni Unite del Sud America (UNASUR) che ha preso una posizione analoga.

In precedenza, il gruppo G77 + Cina, che comprende 134 paesi, aveva rilasciato una dichiarazione di rigetto dell’ordine esecutivo del presidente Obama contro il Venezuela.

La scorsa settimana, in relazione a queste nette prese di posizione, il Sottosegretario per l’America Latina degli Stati Uniti Roberta Jacobson si è detta ‘delusa’ dal livello di supporto ottenuto dal Venezuela dopo le ultime sanzioni.

[Trad. dall’inglese per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]

Decreto degli Stati Uniti contro il Venezuela: 5 punti per capire

VENEZUELA--Maduro-llam--a-un---8220-tuitazo-mundial--8221--contra-Obama----8220-A-Venezuela-no-la-toca-nadie--8221-di Jesùs Silva/Aporrea.org

Condivido con voi un’intervista recentemente concessa a Venevisión su una questione delicata che irresponsabilmente è stata oggetto di scherno da parte della MUD.

Link al video: http://t.co/Gjg29zYQlp

5 punti per comprendere il decreto di Obama:

  • Secondo la nostra ottica del Diritto Costituzionale, il decreto del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama dove si definisce il Venezuela una minaccia per la sicurezza del paese, crea la pericolosa possibilità che qualsiasi cittadino venezuelano sia catturato e arrestato, se ritenuto dagli Stati Uniti irrispettoso dei diritti umani. Questo perché il decreto si basa sul cosiddetto “International Emergency Economic Powers Act“, applicabile nel territorio statunitense così come sul suolo di tutti i paesi alleati agli Stati Uniti che obbediscono alla legge del cosiddetto “Impero”.

 

  • Paesi come l’ex Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Panama, tra gli altri, furono dapprima sanzionati con lo stesso decreto e poi attaccati militarmente dagli Stati Uniti. Sia ben chiaro, non stiamo dicendo che l’Impero invaderà domani il Venezuela, ma con molta responsabilità stiamo evidenziando che gli Stati Uniti stanno compiendo tutti i passaggi giuridici che storicamente hanno preceduto le invasioni militari; per questo è importante comprendere la gravità del decreto di Obama.

 

  • La qualifica di violatore dei diritti umani si espande quotidianamente in base al capriccio di Washington, in modo tale che un funzionario pubblico così come qualunque venezuelano può essere incluso nella lista nera del regime imperialista. Può essere arrestato il sospetto comunista, socialista o chavista che “viola i diritti umani” e dopo la cattura rendere pubblica la sua inclusione nella lista. Il decreto di Obama ha carattere extraterritoriale per i suoi alleati, questo apre le porte all’arbitraria cattura per gli avversari politici degli Stati Uniti o per chi semplicemente è portatore di un’ideologia proibita per la borghesia statunitense e i suoi scagnozzi venezuelani.

 

  • Mai prima d’ora la possibilità di un embargo commerciale o blocco economico generale contro il Venezuela è sembrato così vicino, soprattutto quando l’infausto e nefasto decreto coincide con una sentenza dell’ICSID (Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti) che condanna il nostro paese a pagare milioni di dollari alla società Owens Illinois per un presunto esproprio illecito che avrebbe danneggiato questa multinazionale. Ciò si prospetta come l’inizio di un’ondata di attacchi economici contro il Venezuela mediante condanne e sequestri in ambito internazionale.

 

  • In questo contestola legge antimperialista proposta dal Presidente Nicolás Maduro è assolutamente corretta e necessaria in base al Principio di Reciprocità che nella cultura yankee è conosciuto come “Tit for Tat”, vale a dire, se mi attacchi io ti attacco. Per la lobby pro-yankee dell’opposizione venezuelana, questo decreto è motivo di gioia e festa perché risultato del lavoro che a Washington hanno svolto gli oppositori radicali contro la Rivoluzione Bolivariana.

 

Ribadiamo che “ingerenza” significa intervenire negli affari interni di un paese con la forza, non c’è dubbio che con la complicità dell’opposizione venezuelana, gli Stati Uniti intendono imporre un cambio di governo in Venezuela. Cinesi, russi o cubani non hanno mai attaccato la nostra patria. La borghesia yankee, invece, lo ha fatto. Non siamo anti-statunitensi, ma antimperialisti e vicini al popolo degli Stati Uniti, ma ripudiamo gli infami abusi del suo governo espansionista.

Contro la minaccia imperialista, unità rivoluzionaria e alleanza antimperialista. Serriamo le fila contro l’aggressione.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]

Siria, Università solidali con il Venezuela

da sana.sy

“Obama Deroga el Decreto Ya” è lo slogan con il quale è stata avviata la campagna di solidarietà internazionale per affrontare l’egemonia statunitense e i suoi tentativi continui di ingerenza negli affari interni del  Venezuela.

A tal fine, l’Università di Damasco ha ospitato un dibattitio per spiegare la gravità del decreto statunitense che vuole intervenire negli affari interni di questo paese sovrano.

L’evento ha messo in luce gli obiettivi del piano statunitense, e le similitudini tra le cospirazioni pianificate contro la Siria e il Venezuela.

I partecipanti alla tavola rotonda hanno sottolineato comela Siria e il Venezuela affrontano lo stesso destino, evidenziando la necessità di adottare misure per sostenere l’asse della solidarietà nel mondo contro il progetto statunitense che cerca di imporre la propria volontà su popoli sovrani.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

Milano 9apr2015: Fronte Intercontinentale Antimperialista

Verso il II Incontro Italiano di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana 

Napoli – 10-11-12 Aprile 2015

caracaschiama.noblogs.org

Imad Saeb: «La Siria è un esempio per il Venezuela»

da sana.sy

In segno di solidarietà con il popolo venezuelano che affronta le minacce e i complotti degli Stati Uniti, l’Unione degli Scrittori Arabi ha tenuto, oggi, presso la sede dell’Unione a Damasco una conferenza di solidarietà con il popolo venezuelano.

L’ambasciatore del Venezuela a Damasco, Imad Saeb, ha dichiarato nel suo intervento che la fermezza della Siria è un esempio per il popolo venezuelano che, da parte sua, deve affrontare da 16 anni i piani imperialisti in Venezuela e in tutto il mondo.

Saeb ha aggiunto che il suo paese è ancora sotto la minaccia di un intervento militare diretto degli Stati Uniti che hanno imposto una serie di sanzioni economiche contro il Venezuela.

Da parte sua, il capo della Unione degli Scrittori Arabi, Hussein Jumaa, ha sottolineato le posizioni posizioni del Venezuela nei confronti della Siria, rendendo noto che  i due paesi sono entrambi sotto l’embargo USA.

Infine, Jumaa ha ribadito che le sanzioni economiche imposte ai popoli liberi non li spingeranno a subire i diktat degli Stati Uniti.

[Trad. dal francese per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

Il Venezuela denuncerà alle Nazioni Unite l’ordine esecutivo Usa

Venezuela ONUda venezuelanalysis.com

Il governo venezuelano ha annunciato che denuncerà alle Nazioni Unite l’ordine esecutivo del governo degli Stati Uniti d’America, approvato dal presidente Barack Obama, che definisce il paese sudamericano una minaccia alla sicurezza nazionale.

“Organizzeremo un’ampia sessione per denunciare l’aggressione che il nostro paese sta subendo”, ha spiegato Rafael Ramirez, Ambasciatore del Venezuela presso l’ONU.

Ramirez ha aggiunto che la delegazione venezuelana utilizzerà le dichiarazioni ufficiali rilasciate da CELAC, UNASUR e dal gruppo di nazioni riunite nell’ALBA per rafforzare la denuncia.

“Tutte queste dichiarazioni convergono sulla richiesta al presidente Obama di abrogare l’ordine esecutivo da lui illegalmente promosso e che viola ogni principio stabilito dalla Carta delle Nazioni Unite e dal diritto internazionale”, ha spiegato l’Ambasciatore.

Il Presidente venezuelano Nicolas Maduro ha riunito lo scorso martedì il suo governo per discutere la risposta diplomatica da mettere in campo, in vista del Vertice delle Americhe che si terrà a Panama la prossima settimana.

Ufficialmente istituita la giornata “antimperialista”

Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro, ha annunciato ufficialmente l’istituzione della “Giornata Bolivariana dell’Antimperialismo”, che si celebrerà ogni anno il 9 di marzo.

La giornata sarà in commemorazione della reazione del popolo venezuelano all’ordine esecutivo firmato dall’amministrazione statunitense guidata da Obama, all’inizio del mese di marzo di quest’anno.

L’ordine esecutivo, dove il Venezuela viene dichiarato una “minaccia alla sicurezza nazionale” e che prepara il terreno per ulteriori sanzioni, ha trovato una forte risposta popolare con cortei di massa e imponenti manifestazioni in tutto il Venezuela per la difesa della sovranità nazionale, in aggiunta alle già oltre 6 milioni firme raccolte in una petizione nazionale dove viene richiesto a Obama di revocare l’ordine esecutivo.

“I libri di storia ricorderanno Obama come il presidente che ha cercato di intimidire un intero popolo con questo tentativo, ma che ha trovato sulla sua strada lo spirito patriottico e bolivariano di questo popolo”, ha spiegato Maduro ai microfoni del canale nazionale della televisione di stato, VTV.

[Trad. dall’inglese per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]

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