Siria, i media rivelano l’appoggio di Israele ai terroristi

da hispantv

Il canale 2 della TV del regime israeliano ha pubblicato, ieri, una relazione che documenta come un terrorista, ferito in Siria, abbia finito il processo di cura e riabilitazione in un ospedale nel nord dei territori occupati ed è tornato a combattere nel paese arabo.

«Preciso che i feriti (i terroristi) vanno in Siria dai territori palestinesi occupati per ricevere le cure e non in Giordania», ha spiegato alla televisione israeliana, Hisham, membro di un gruppo terroristico.

Secondo il presentatore del programma, l’equipe medica ha inventato un nuovo metodo, evitando di tagliare il piede ferito a Hisham.

D’altra parte, come ha documentato il canale di notizie in lingua araba Al-Alam, l’analista degli affari militari del Canale 1 israeliano, Amir Barshalom ha rivelato, nella sua relazione pubblicata lo stesso giorno, ha rivelato che l’esercito israeliano non ha risposto a un proiettile lanciato dalla Siria che ha colpito una regione a nord dei territori palestinesi occupati.

«L’esercito utilizza sistema di intercettazione che traccia il percorso da cui è stato lanciato il missile, si trattava di una zona sotto il controllo degli oppositori l governo siriano, per questa ragione si è preferito non rispondere», ha dichiarato Barshalom

Dall’inizio della crisi in Siria nel 2011, il regime di Tel Aviv, secondo la stampa israeliana, ha fornito assistenza medica a più di 1.400 terroristi nei loro ospedali nei territori palestinesi occupati, per un costo di circa 10 milioni di dollari.

Nel mese di settembre 2014, Il canale di notizie Vice News ha trasmesso un video in cui si vede come che i soldati danno assistenza medica per i terroristi feriti in Siria.

Il quotidiano israeliano Haaretz nel mese di gennaio ha confermato i rapporti sull’ampio sostegno del regime israeliano ai gruppi terroristici legati ad Al Qaeda sulle alture del Golan, che il regime di di Tel Aviv ha annesso nel 1981 ai territori occupati.

Il sostegno ai terroristi sionisti è stato evidenziato ancora una volta nel mese di marzo, quando il canale di notizie iraniano, in lingua inglese, Press Tv, ha rilasciato nuove immagini in merito.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformaizone di Francesco Guadagni]

(Video) Sempre più dura la protesta degli ebrei etiopi in Israele

da al manar

Pesanti scontri sono scoppiati, giovedì scorso, nel centro di Gerusalemme occupata fra la polizia israeliana e circa 2.000 ebrei di origine etiope che ha dimostrato contro il razzismo della polizia, come ha riportato un reporter dell’AFP.

I manifestanti hanno percorso la principale arteria commerciale della città e si sono avvicinati alla residenza del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, dopo aver bloccato una strada che partiva dal quartier generale della polizia.

La polizia si è schierata in massa per bloccare i manifestanti con l’aiuto dei cannoni ad acqua.

Le forze di sicurezza hanno anche sparato gas lacrimogeni, come ha indicato un portavoce della polizia, aggiungendo che tre poliziotti sono stati feriti dal lancio di pietre e bottiglie. Due manifestanti sono stati arrestati.

La radio pubblica ha riferito, nel frattempo, che 10 manifestanti sono stati leggermente feriti.

I manifestanti hanno voluto, con la loro protesta, mostrare gli incidenti che coinvolgono la polizia e i membri della comunità.

«Stop alla violenza della polizia contro gli ebrei neri», lo slogan dei dimostranti.

«A quanto pare, per le strade di Israele, dobbiamo essere bruciati, come a Baltimora, così qualcuno si sveglia finalmente. Il regime dell’ apartheid è tornato, questa volta nel XXI secolo in Israele», ha dichiarato Gadi Yevarkan, capo del Congresso per l’Uguaglianza degli etiopi ebrei.

Un video pubblicato sul web di recente mostra due poliziotti che picchiano un soldato di origine etiope, Damas Pakada, in uniforme militare a Holon, vicino Tel Aviv. Il video è stato ampiamente riportato nei siti web israeliani. Ciò ha portato alle accuse degli ebrei etiopi, i quali denunciano come la polizia israeliana ha diritto di picchiare un nero senza essere ritenuta responsabile.

Più di 120.000 ebrei di origine etiope vivono nella Palestina occupata.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

 

Pappé: «Israele una democrazia? Una grossa bugia»

di Paola Di Lullo

La Rassegna Femminile palestinese curata da Maria Rosaria Greco, ha ospitato, ieri, nella Sala dei Marmi del Palazzo di Città di Salerno, lo storico israeliano Ilan Pappé. Nato ad Haifa, da genitori sopravvissuti all’olocausto, Pappé è Ordinario del Dipartimento di Storia dell’Università di Exter, Gran Bretagna e cofondatore della Nuova storiografia israeliana, che si ripromette di riesaminare la nascita dello Stato d’Israele e del sionismo. La responsabilità della creazione di Israele è attribuita dallo storico all’Europa, in particolare alla Gran Bretagna, che aveva il protettorato sulla Palestina ai tempi, ed alla Germania nazista, che causò la morte e l’esodo di milioni di ebrei.


Non esenti da colpe gli altri Stati europei, compresa l’Unione Sovietica, che, al finire della II guerra mondiale, non agevolarono il rientro degli ebrei nei loro paesi d’origine, anzi furono ben lieti di lasciarli andare in Palestina. Agli USA, Pappé riconosce la non volontà di risolvere diplomaticamente il problema. La stessa non volontà che rimprovera a tutti i leader israeliani, dopo circa 20 anni di colloqui di pace con i Palestinesi. Gli Accordi di Oslo, firmati da Rabin in consapevole malafede, sono stati un inganno, secondo Pappé, considerando che, dal quel momento in poi, la Cisgiordania è stata divisa in tre zone, favorendo l’avanzata del sionismo: ZONA A, 17% del territorio della Cisgiordania, con il 55% di Palestinesi, sotto totale controllo dell’AP; ZONA B, 24% del territorio, con il 41% di Palestinesi, a controllo misto; ZONA C, 49% del territorio, con solo il 4% di Palestinesi, sotto totale controllo israeliano. Ad oggi, Israele si è impadronito di circa l’80% (rispetto al 56,4% attribuitogli dalla risoluzione 181 del 29 novembre 1947 dell’ONU) del territorio della Palestina storica, cui sono rimaste zone, frammentate da muro e checkpoint, in Cisgiordania, e la Striscia di Gaza. Israele conta, ad aprile 2015, una popolazione di 8.345.000 abitanti, di cui il 74,9% sono ebrei, contro i circa 4.400.000 di Palestinesi, divisi tra la Cisgiordania e Gaza. Circa 1.500.000 i Palestinesi d’Israele, più o meno il 20% della popolazione israeliana, che, seppur considerati cittadini di serie B, hanno passaporto israeliano e quindi meno limitazioni negli spostamenti e possono eleggere i loro rappresentanti alla Knesset. Da sottolineare, secondo lo storico, anche le connivenze del Governo di Ramallah con Israele, connivenze che portano la situazione ad un peggioramento quotidiano. Eppure, non esistendo al momento, un’alternativa all’AP, è impossibile pensare di soppiantarla. Esistono, tuttora, alcuni Palestinesi che continuano a resistere, così come molti altri hanno smesso, accettando di fatto, l’attuale status quo.

La lotta è ancora lunga, purtroppo. Sebbene il sionismo, così come l’esodo degli ebrei verso la Palestina, fosse iniziato ben prima del 1947, è da quell’anno in poi che cominciò la vera pulizia etnica della Palestina, complice il genocidio subito dagli ebrei, certi che nessuno li avrebbe accusati di commettere i medesimi crimini contro i Palestinesi. Per pulizia etnica, non s’intende solo l’espulsione dei Palestinesi dal loro paese, dalle loro città, dalle loro case, ma la sistematica opera di cancellazione della memoria, favorita dalla distruzione di interi villaggi, al posto dei quali sono sorte città o insediamenti israeliani. Anche i cibi, così come le piante, molte importate dall’Europa, i vitigni, non conservano il loro nome arabo. Israele non può definirsi una democrazia, nemmeno una democrazia militarizzata, ma uno stato che continua, incessantemente, la sua opera di colonizzazione ed apartheid. Ha imposto un embargo totale, da ormai 8 anni, sulla Striscia di Gaza, e non consente il libero spostamento dei Palestinesi, nemmeno per motivi di salute. Ha chiuso industrie, confiscato terreni coltivabili, reso impossibile, di fatto, anche la pesca. Israele non ha confini universalmente riconosciuti, proprio allo scopo di poter continuare, indisturbato, l’annessione dei territori Palestinesi e l’espulsione degli abitanti. Perché se Israele vuole la terra, l’acqua e tutte le risorse palestinesi, di contro, non vuole Palestinesi nel suo stato (ad eccezione di coloro che risiedono nei territori del 1948, i cosiddetti “Palestinesi d’Israele”). Se riconoscesse i suoi confini, dovrebbe rientrare in quelli stabiliti nel 1967, come richiesto da molti governi europei ed, in ogni caso, non potrebbe continuare ad espandersi. Così come non ha una costituzione, proprio per potersi ritenere libero di violare quotidianamente i diritti civili di una popolazione calpestata da oltre 70 anni. Quale può essere allora il ruolo degli intellettuali, degli storici, soprattutto, in questo caso? Pappé ritiene che la conoscenza delle fonti e la rivisitazione della storia della nascita di Israele e del sionismo siano di fondamentale importanza. Dopo aver studiato a lungo la documentazione (compresi gli archivi militari desecretati nel 1998) esistente sulla storia del suo paese è giunto ad una visione chiara di quanto fosse accaduto nel ’48, drammaticamente in contrasto con la versione tramandata dalla storiografia ufficiale: già negli anni Trenta, la leadership del futuro Stato d’Israele (in particolare sotto la direzione del padre del sionismo, David Ben Gurion) aveva ideato e programmato in modo sistematico un piano di pulizia etnica della Palestina. Pappé ricorda come, qualche mese fa, il 16 febbraio, l’Università di Roma Tre gli negò l’uso del suo prestigioso Centro di Studi italo-francesi dove si doveva svolgere una sua conferenza. Gli storici hanno un ruolo importante e difficilissimo: restare, o cercare di restare, oggettivi, cosa non semplice quando si scrive di vicende ancora in corso, quando si scrive di un susseguirsi di eventi che mutano, spesso, velocemente.

Fino a circa 20 anni fa, gli storici, quasi tutti, scrivevano in favore di Israele. Oggi, la situazione si è completamente ribaltata. Ed è opinione diffusa che nessun conflitto in medio Oriente potrà risolversi senza la risoluzione del conflitto arabo – israeliano. In una serata quasi perfetta, unico “scivolone”, quello sulla Siria di Assad, definita “regime”, quindi dittatura. Nulla di nuovo sotto il sole, Pappé era uno dei firmatari di una lettera firmata da intellettuali, accademici, attivisti, artisti, cittadini interessati, e movimenti sociali in solidarietà con il popolo siriano, per sottolineare la dimensione rivoluzionaria della loro lotta e prevenire le battaglie geopolitiche e le guerre per procura in corso nel loro paese.

Arens: Israele non può affrontare la potenza missilistica di Hezbollah

da al manar

L’ex ministro della Difesa israeliano, Moshe Arens, ha spiegato che l’arma nucleare iraniana non è l’unico pericolo che può minacciare l’entità sionista, in quanto l’aumento della potenza missilistica di Hezbollah pone un pericolo maggiore.

«Anche se l’arma nucleare iraniana influenzerà la situazione geo-strategica in Medio Oriente, la possibilità di un suo utilizzo è. Tuttavia, è più probabile che Hezbollah lanci i suoi razzi pesanti in Israele», ha affermato Arenz citato nel suo articolo pubblicato dal giornale israeliano Haaretz.

Egli ha aggiunto che «Israele non è in grado di scoraggiare gli attacchi missilistici di Hezbollah e che tutte le pretese sioniste in questo senso sono prive di forza».

Arens ha sottolineato che tutti gli israeliani devono preoccuparsi di come la potenza missilistica Hezbollah sia aumentata, notando che l’esercito sionista non è riuscito a evitare che il partito rafforzasse il suo arsenale.

L’ex ministro della Difesa sionista ha affermato che Hezbollah possiede ora più di 100 mila razzi, tra cui quelli pesanti e quelli da individuare.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

Israele preoccupato: cosa nasconde Hezbollah?

da al mayadeen

Il sito web israeliano, “agenzia di stampa Walla”, ha pubblicato un rapporto che elenca le potenzialità di Hezbollah con dettagli e analisi;  inoltre, si afferma che l’esercito pone la guerra contro Hezbollah tra le sue priorità e che il prossimo scontro militare sarà totalmente diverso.

Cosa nasconde Hezbollah? Missili con potenziale maggiore che possono raggiungere Israele e il Ministero della sicurezza con grande precisione? Possiede combattenti addestrati che sanno infilarsi nelle gallerie e l’aviazione israeliana potrà affrontare queste difficoltà? Sulla base di queste domande si può dire, la prossima guerra con Hezbollah potrebbe essere completamente differente, in quanto, le forze armate sioniste sono consapevoli che un nuovo conflitto con il Movimento di resistenza libanese- che ha sviluppato un potenziale significativo in tutti i settori – sarà molto più difficile.

Per quanto riguarda le forze di terra, si sostiene che i combattenti di Hezbollah sono ben addestrati, hanno un’ottima esperienza di combattimento e un alto grado di autocontrollo; inoltre, il movimento ha una tecnologia avanzata per raccogliere informazioni.

In merito alle forze aeree, Hezbollah ha missili anti-aereo, tra cui missili “stinger” di fabbricazione americana, lancia razzi a spalla “Strela”,  missili Igla che costituiscono una vera minaccia per gli elicotteri israeliani e oltre centinaia di droni.

Nel rapporto non si trascura la capacità marina di Hezbollah, oltre ad avere missili di tipo C-802, possiede gli Yakhont, mentre un ufficiale della marina israeliana stima che Hezbollah abbia messo in cantiere l’utilizzo di tunnel sottomarini. Per quanto riguarda la potenza missilistica, Israele ipotizza che Hezbollah possieda 700 missili a lungo raggio, 5.500 a medio raggio, 100.000 a corto raggio e vi è la possibilità che disponga dei missili Fateh 110.

Secondo i calcoli dell’esercito israeliano, Hezbollah in una giornata può lanciare:

1000 missili a corto raggio

50 missili con un raggio di 250 km

10 missili che possono raggiungere Dimona.

Infine, in aggiunta a tutto questo, la relazione si sofferma nell’analisi e nelle caratteristiche del segretario generale di Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, che è riuscito, secondo un esponente militare di alto livello, a trasformare il partito in una delle organizzazioni più potenti al mondo. Non solo, si sottolinea come Nasrallah sia un esperto, non solo della realtà islamica e della sicurezza, ma anche in molti altri settori, tra cui la sua conoscenza delle paure della società israeliana, i suoi componenti e la personalità dei suoi leader.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

FPLP: le elezioni riflettono razzismo e fascismo del sionismo

da http://pflp.ps/

Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ha dichiarato che i risultati delle elezioni israeliane riflettono semplicemente la natura e la struttura razzista e fascista della società sionista che ha prodotto questi risultati e ha eletto il partito Likud e i suoi alleati di destra, che si sono impegnati in tutta la campagna elettorale in più attacchi estremi contro i palestinesi alle nostre persone ed ai nostri diritti.

La palese crescita dell’estremismo e dell razzismo nella società sionista e il clima di fascismo è alimentato solo dal fallimento della burocrazia palestinese e araba per affrontare lo stato di occupazione, così come le potenze imperialiste internazionali che forniscono copertura ai suoi crimini e alle sue violazioni lampanti del diritto internazionale, preservandfo la sua immunità e impunità dalle responsabilità o dalle azioni penali.

Il Fronte sottolinea che affrontare l’estremismo sionista e rispondere a queste elezioni richiede una politica palestinese chiara e decisa che metta da parte le illusioni e l’affidamento a trattative inutili, costruendo, invece, una strategia nazionale unitaria per affrontare il nemico e lottare per i pieni diritti delle persone, sulla base della nostra percorso strategico di resistenza per costruire i nostri successi.

Il Fronte chiede l’immediata attuazione delle risoluzioni del Consiglio centrale palestinese passate nella sua ultima sessione, per disattivare  lo stato di occupazione e i suoi funzionari, prima di tutto, mettendo fine al coordinamento della sicurezza e rifiutando la strada degli accordi di Oslo, che sono stati distruttivi per il popolo palestinese, ponendo fine alla divisione interna palestinese attraverso un serio progetto di unità nazionale sulla base di un programma unitario e di ricostruzione dell’OLP attraverso elezioni, istituzioni democratiche che abbraccino tutte le forze palestinesi, e così facendo fino a cercare il perseguimento dei capi dell’entità sionista alla Corte penale internazionale.

[Trad. dall’inglese per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

(VIDEO) Palestinesi a Yarmouk protestano contro i terroristi

di Francesco Guadagni

Gli abitanti di Yarmouk, quartiere palestinese di Damasco, ieri, hanno manifestato contro la presenza dei terroristi nel campo che da 13 settimane impediscono l’arrivo degli aiuti umanitari sparando sui convogli dell’UNWRA, struttura dell’Onu per i rifugiati palestinesi.

Da quando la Siria è sotto attacco congiunto della NATO, israele, Turchia e Monarchie del Golfo, Yarmouk, grazie anche alla complicità di alcune fazioni palestinesi come Hamas, che hanno permesso l’ingresso dei terroristi nel campo, il quartiere simbolo dell’accoglienza e integrazione dei palestinesi nella Repubblica araba siriana, vive una terribile situazione umanitaria. Tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, per 200 giorni, si è consumato lo stesso scenario, quando le bande armate hanno impedito l’ingresso degli aiuti umanitari e dei medici. Grazie ad un accordo tra le fazioni, si riuscì a consegnare cibo e medicinali ed a permettere che i più bisognosi di cure fossero ricoverati negli ospedali di Damasco.

In virtù del fatto che questa circostanza si è ripetuta, non per l’assedio dell’esercito siriano, la popolazione di Yarmouk, esasperata, è scesa in piazza.

Centinaia di manifestanti hanno protestato all’ingresso del quartiere per chiedere l’immediata uscita dei gruppi terroristici.

I partecipanti al raduno hanno condannato i crimini commessi da queste bande, sostenendo che i terroristi sono uno strumento per eseguire i piani del progetto americano-sionista in Siria e nella regione araba.

«Questo incontro ha lo scopo di accelerare il ritorno dei figli del campo, palestinesi e siriani, nelle loro case», ha dichiarato il presidente della commissione riconciliazione nel campo, Mohammad Oumari.

Sono utili alcune precisazioni su Yarmouk. Dai massacri della Nakba ad opera dei sionisti contro i palestinesi nel 1948 e che continuano fino ai giorni nostri, la Siria ha ricevuto milioni di rifugiati palestinesi a braccia aperte. Il paese ha ospitato la più grande popolazione palestinese in esilio in tutto il territorio.

Una delle più grandi comunità palestinesi in Siria è al campo profughi di Yarmouk, vicino Damasco, dove oggi vivono circa 20.000 palestinesi. Ma, come sottolinea l’analista politico Christof Lehmann, il termine “campo profughi” è fuorviante. Questo perché ai residenti palestinesi sono sempre stati concessi la cittadinanza siriana piena e i diritti civili. «Yarmouk è più di un sobborgo ordinario di Damasco, osserva Lehmann», ma ha uno status tecnico del campo profughi ai sensi del diritto siriano e internazionale. Questa è una misura della tradizionale ospitalità concessa sulla diaspora palestinese all’interno della Siria.

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14 Febbraio 1982. Golan siriano: l’eroico sciopero contro Israele

da sana.sy

Sono passati 33 anni da quell’Intifada, quando iniziò una grande mobilitazione, segno di grande dignità e fermezza degli abitanti del Golan siriano occupato da Israele.

Il 14 febbraio 1982, i golanesi espressero con tutta la franchezza e il loro coraggio il rifiuto della decisione israeliana, ingiusta e illegale, di annettere il Golan, e proclamarono uno sciopero generale per affrontare i tentativi di imporre, con la forza, la falsa nazionalità di Israele, ribadendo il loro attaccamento e fedeltà alla Repubblica araba di Siria e alla sua terra.

Un documento rilasciato dalle autorità di occupazione, il 14 febbraio 1982, contenente le risoluzioni della Knesset di annettere il Golan siriano, provocò una rabbia generale e un rifiuto categorico degli abitanti del Golan occupato a queste misure che, immediatamente,  annunciarono uno sciopero generale in tutte le aree e luoghi.

Lo sciopero organizzato dai golanesi durò più di cinque mesi, fu lanciato un messaggio chiaro e fermo all’occupazione sionista e al mondo: Gli abitanti del Golan Siriano resteranno sempre fedeli e legati ai loro territori e alla loro identità araba siriana.

Il rifiuto dei cittadini del Golan siriano alle misure israeliane ebbe un epilogo positivo, in quanto, fu confermata dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza internazionale che giudicò la decisione israeliana dall’effetto giuridico nullo secondo la Carta delle Nazioni Unite.

La risoluzione del Consiglio di sicurezza internazionale rimane in vigore fino a quando, nel frattempo, Israele è sempre più riluttante e si rifiuta di ritirarsi dai territori siriani.

Lo sciopero evitò che l’entità sionista imponesse la cittadinanza israeliana agli abitanti del Golan e, quindi, di conseguenza l’arruolamento di giovani del Golan nell’esercito di occupazione, allo stesso tempo, liberati i prigionieri, gli israeliani furono costretti a lasciare le loro tattiche che solitamente usavano contro i giovani del Golan.

I residenti del Golan ottennero il successo e la vittoria, nonostante le condizioni alle quali furono sottoposti durante il lungo sciopero, dove gli israeliani limitarono cibo e medicine e le condizioni di vita raggiunsero un livello deplorevole in tutte le città e i villaggi il Golan. La maggior parte dei bambini scrissero un poema epico di eroismo e di resistenza che continua fino ad oggi, una lotta che non è mai stata separata dal quella condotta dalla madre patria siriana per la libertà e il ritorno del suo amato Golan.

Quest’anno, per commemorare il loro sciopero eroico, gli abitanti del Golan hanno espresso ancora più fiducia nella capacità delle forze armate siriane nel raggiungere la vittoria contro i gruppi terroristici armati che hanno cominciato a crollare a Deraa e Quneitra.

 [Trad. dal francese per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

Israele continua ad arrestare gli sportivi palestinesi

da http://capjpo-europalestine.com/

La Squadra di calcio palestinese, da alcuni mesi, ha perso sette dei suoi principali giocatori, rapiti e imprigionati dall’occupazione israeliana. L’ultimo in ordine di tempo è Mohamed Akhlil, arrestato mercoledì scorso all’alba.

Il direttore del Club giovanile di Beit Ummar, Akhlil Ahmed, ha dichiarato che Israele ha arrestato sette giocatori della sua squadra di calcio, che milita nel campionato della Premiere League palestinese ed ha, quindi, perso i suoi elementi principali, impedendogli di organizzare le partite.

Akhlil ha attirato l’attenzione sugli arresti nella sua intervista all’agenzia “Quds Press”.

Tre giocatori di talento sono stati rapiti il mese scorso, mentre il primo portiere Mohamed Awadh e il difensore Ahmed Awadh, sono ancora detenuti nelle prigioni israeliane.

Celebre il caso di Mahmoud Sarsak, la cui carriera si annunciava brillante, invece, è stata spezzata da una prigionia di tre anni, torturato e senza indennizzi. Il suo rilascio è stato possibile solo dopo uno sciopero della fame durato tre mesi, che lo ha indebolito nel fisico, impedendogli di riprendere la carriera calcistica.

Ma Mahmoud Sarska è solo uno dei molti atleti palestinesi ai quali Israele riserva tale sorte. Non si riesce quasi mai sapere i nomi di tutti coloro che sono in una situazione simile.

Queste pratiche dovrebbero portare alla espulsione di Israele, ipso facto, da tutte le competizioni sportive internazionali. Cosa aspettano UEFA e FIFA?

[Trad. dal francese per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

Turchia-Israele legami commerciali sempre più fiorenti

da press.tv

Nuovi dati dimostrano che la Turchia ha rafforzato i suoi legami commerciali con Israele negli ultimi anni, nonostante la dura retorica anti-israeliana usata dal presidente Recep Tayyip Erdogan.

 I dati dell’Istituto turco di Statistica, TurkStat, ha dimostrato che il volume degli scambi reciproci tra la Turchia e Israele ha superato i 5,6 miliardi di dollari nel 2014, con un incremento di quasi il 50% dal 2009.

Secondo TurkStat, la Turchia ha esportato più di 2,9 miliardi di dollari, il valore dei beni in Israele nel 2014, mentre le importazioni sono state 2,7 miliardi di dollari nello stesso anno.

Il volume degli scambi tra Ankara e Tel Aviv si è attestato a 2,6 miliardi di dollari nel 2009.

 Mentre i rapporti commerciali bilaterale si rafforzano, Erdogan attacca duramente  Israele e lo critica per le sue politiche brutali e repressive contro i palestinesi a Gaza.

 La Turchia ha declassato i suoi legami con Israele, quando il regime di Tel Aviv ha ucciso nove turchi attivisti filo-palestinesi in una flottiglia che si stava dirigendo verso Gaza nel 2010. Un altro attivista turco morì in seguito per le ferite dall’attacco. Ankara ha reagito duramente e, mentre gli israeliani in seguito hanno chiesto scusa per le uccisioni, i legami degli ex alleati devono ancora essere normalizzati.

Dal momento dell’attacco alla flottiglia 2010, i funzionari turchi hanno preso una retorica più esplicita su crimini di Israele contro i Palestinesi.

Ora l’opposizione turca accusa Erdogan e il suo Partito al governo, l’ AKP, di populismo e ipocrisia. Faruk Logoglu, membro storico dell’opposizione del Partito, CHP, ha criticato il governo che persegue una politica di “basso profilo e disonesta” rispetto a Israele e l’Occidente.

«Il Partito AK agisce pragmaticamente con Israele, Stati Uniti e l’Unione europea», ha affermato Logoglu.

Durante la guerra israeliana dell’estate scorsa sulla Striscia di Gaza, che ha lasciato più di 2.140 Palestinesi morti, i gruppi di opposizione turca hanno esortato il governo di Ankara a riconsiderare i legami commerciali con Israele per esprimere solidarietà con gli abitanti di Gaza, una richiesta ignorata da Ankara.

[Trad. dall’inglese per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

Nasrallah: Beirut, Damasco e Teheran unite contro il sionismo

da Spondasud

«L’attacco al convoglio israeliano, lanciato come rappresaglia, rappresenta l’unità tra Beirut, Damasco e Teheran». Lo ha detto il segretario generale di Hezbollah, Hasan Nasrallah, in un discorso televisivo per la commemorazione delle vittime dell’attacco “dell’entità sionista” a Quneitra.
Parlando del raid che ha ucciso miliziani sciiti libanesi e iraniani, Nasrallah ha dichiarato che la motivazione era chiara: «Israele ha pianificato, calcolato e premeditato l’uccisione di uccidere» gli uomini di Hezbollah. Nasrallah ha poi aggiunto che Israele offre copertura ad Al-Qaeda nelle Alture del Golan, facendo riferimento alla presenza di militanti del Fronte al-Nusra in Siria al confine israeliano.

«Una delle prime conseguenze dell’uccisione di questi martiri è che Israele è adesso in allerta, e la paura è aumentata proprio in attesa della risposta di Hezbollah. Israele deve sapere che non può colpire ed andare a dormire sonni tranquilli, come se avesse ammazzato degli insetti».

«Dal primo momento in cui siamo stati certi della vendetta, non abbiamo avuto alcun dubbio su di esso neanche per lo 0,01%. Israele doveva essere punito e questo valeva il sacrificio. L’operazione è stata avviata e si è conclusa senza che Israele avesse la minima idea di quello che stava accadendo. Questo è un messaggio per gli amici di fronte al nemico».

Nasrallah ha denunciato la Lega Araba per il suo mancato appoggio ai palestinesi durante i periodi di guerra, dicendo che Israele trae più benefici dalla Lega che i palestinesi. Nasrallah ha sostenuto che la Lega “non è assente”, ma che piuttosto “non esiste affatto”.

Quanto al coinvolgimento dell’Iran, Nasrallah ha dichiarato che né le elezioni presidenziali in Libano né la rappresaglia di Hezbollah hanno a che fare con i negoziati sul nucleare iraniano.

In merito a un possibile conflitto con Israele, Nasrallah ha ribadito che «Israele deve capire che Hezbollah è saggio, ma non ha paura ed è sempre pronto alla guerra», aggiungendo che il motivo per cui non scatena una guerra non è la paura, ma la responsabilità nazionale.

Il Rabbino Feldman: «Esistenza di Israele viola la legge ebraica»

da hispan.tv

Un alto membro del movimento antisionista “Neturei Karta” ha dichiarato che il premier israeliano Benjamin Netanyahu è un “criminale di guerra”, e ha aggiunto che la creazione di uno stato per conto del popolo ebraico è contro i principi dell’ebraismo.

«Secondo la Torah, la creazione di un governo in nome del popolo ebraico è in contrasto con i precetti del giudaismo, e quindi, i veri ebrei non hanno mai riconosciuto niente che possa essere “governo israeliano”», ha spiegato il rabbino, David Feldman.

Inoltre, ha anche sottolineato che la maggior parte degli ebrei di tutto il mondo ritengono che il regime di Israele non debba esistere. «L’unica soluzione per porre fine al dolore, alla sofferenza del popolo palestinese e alla vergogna dei veri ebrei del mondo, è la scomparsa di questo regime», ha ribadito.

Citato dalla agenzia iraniana di stampa Irna, Feldman ha insistito sul fatto che la pace e la stabilità torneranno a regnare in Medio Oriente solo quando “l’odiato” regime di Tel Aviv sarà rovesciato.

Secondo questo rabbino, tutti i profughi palestinesi devono tornare alla loro terra e gli ebrei devono tornare nei paesi dove risiedevano prima di emigrare nei territori occupati.

«Quando gli abitanti originali di questi territori, vale a dire i Palestinesi, avranno il diritto di decidere del loro destino e formare il governo che vogliono, i seguaci dell’ebraismo, senza dubbio, saranno disposti a vivere con fiducia sotto qualsiasi governo, sia esso religioso o no», ha precisato.

Riferendosi all’invito del Congresso degli Stati Uniti a Netanyahu per tenere un discorso, lo ha definito un “errore grave” considerarlo come «il rappresentante del mondo ebraico».

Il rabbino ha annunciato che «Neturei Karta, con la celebrazione di una protesta di massa, vi mostrerà il suo rifiuto di questo evento», per poi evidenziare che tutto questo «è una vergogna, sia per il popolo statunitense che per tutti gli ebrei mondo».

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

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