di Ciro Brescia
A fine febbraio del 2014 sono stati i 120 Paesi del Movimento dei Non Allineati, dopodiché è toccato all’Organizzazione degli Stati Americani, che, quasi sorprendentemente, ha messo in un angolo, isolandoli, il governo USA e quello del Canada, con la sola eccezione del governo panamense, da sempre totalmente asservito al potente padrone del nord. L’OSA espelle dal suo seno Cuba nel 1961 per aver sovranamente deciso di dichiarasi “marxista-leninista”.
Successivamente è toccato alle più che ovvie dichiarazioni dell’UNASUR e dell’ALBA-TCP, riconoscere la linea politica e d’azione del governo bolivariano di Maduro. L’eredità del Comandante Chávez – avrà poi modo di affermare l’Ambasciatore venezuelano Roy Chaderton, rappresentante del Venezuela presso la OSA – si esprime con quest’anello di protezione internazionale costruito con grande cura e determinazione dal Comandante Eterno della Rivoluzione bolivariana.
La CELAC, Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici, rappresenta l’articolazione internazionale stimolata dal Venezuela bolivariano, più imponente, in termini di grandezza, poiché coinvolge tutti i 33 Paesi sovrani dell’America latina e dei Caraibi, contribuendo in maniera determinante a sottrarli alla nefasta dominazione dell’imperialismo.
Di certo non è di poco conto il riconoscimento come “zona di pace e contro la guerra” di tutta l’America Latina e dei Caraibi, come concordato a La Habana – Cuba, nell’ultimo vertice della CELAC.
Da questo quadro continentale bisogna partire e rilanciare la Resistenza mediatica contro la guerra dell’informazione che si va facendo giorno dopo giorno più perversa e pervasiva.
L’intossicazione mediatica si fa strada a 360 gradi e a tutti i livelli, coscienti ma anche, e soprattutto, subliminali. È un aspetto della guerra non dichiarata che l’imperialismo porta avanti globalmente.
È difficile pensare che le linee generali di queste aggressioni siano casuali. Le oligarchie internazionali non sono certo capaci di controllare ogni aspetto, ma ciò non ci autorizza a pensare che si muovano senza sapere cosa stanno facendo.
Di fronte a questo quadro, chi resiste ha l’obbligo di prendere le misure adeguate, di assumersi le proprie responsabilità organizzative, di rilanciare, di proporre e stimolare, in due parole: prendere l’iniziativa.
Da settimane il Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, sta reiterando i sui appelli al dialogo funzionale al coinvolgimento di tutti i settori della società venezuelana. Le manifestazioni eversive e violente della reazione fascista nel paese sono assai isolate e minoritarie, non si può altrettanto dire dei danni economici e fisici che hanno causato; decine di milioni di dollari e soprattutto decine di morti, direttamente o indirettamente ascrivibili alle guarimbas, e diverse centinaia di feriti. Oltre ai casi di vero e proprio “ecocidio” contro la natura, vegetale ed animale, con interi boschi incendiati, migliaia di alberi abbattuti, sradicati e dati alle fiamme, utilizzati nei blocchi stradali e casi in cui sono stati persino utilizzati cani e gatti di strada, torturati e dati alle fiamme. Clamorosa la denuncia del direttore dell’Orchestra di Maracaibo, Havid Sánchez, preso a pietrate dai guarimberos, dopo aver tentato di bruciare vivo il suo cane.
Secondo i dati di inchiesta, quasi il 90% della popolazione vuole la fine dei blocchi stradali incendiari che in alcuni, pochi, municipi continuano a disturbare i vicini (dei quartieri bene).
Il Centro della protesta nel paese sembra essersi concentrato ora nella Piazza Altamira, roccaforte storica a Caracas di quelli che si oppongono alla Rivoluzione e non a caso una delle zone dove il metro quadro delle proprietà immobiliari è il più costoso di tutto il continente latinoamericano.
Le guarimbas, in questa fase sono diminuite di numero e al contempo, sono aumentate in intensità, in termini di violenza ed aggressività. C’è chi, in maniera esplicita o meno, teme che il piano della Grande Missione “Vivienda Venezuela”, che prevede la costruzione di tre milioni di alloggi entro il 2019, per rispondere alla necessità di vivere in una casa degna per la maggioranza della popolazione, faccia calare il valore delle case delle classi più agiate.
È innegabilmente la manifestazione di un conflitto di classe che le oligarchie stanno scatenando nel timore, spesso con manifestazioni persino paranoidi, di perdere privilegi.
Un paradosso nel paradosso, almeno apparentemente, se si considera che in questi almeno ultimi dieci anni, il benessere generale – includendo quello dei più benestanti – non ha fatto altro che aumentare.
Di fronte a questo scenario, la proposta del governo bolivariano di organizzare Dialoghi di Pace, in tutti i 24 Stati del Paese, non è per nulla peregrina. La democrazia si costruisce con il dibattito aperto e franco, con il dialogo tra i diversi settori della società, ovunque e diversamente collocati, di tutti coloro che hanno a cuore il bene del Paese, di coloro che seriamente tengono alla sicurezza e alla verità, che non vogliono occultare la verità relativa alle cause scatenanti della violenza, del sabotaggio e del vero e proprio terrorismo che si è andato delineando.
Studenti, lavoratori dei trasporti pubblici urbani, indigeni, afro-discendenti, casalinghe, operai, professionisti, commercianti, medici, insegnanti, educatori, imprenditori, edili, motociclisti, moto tassisti, comuneros, pobladores, reti ed organizzazioni sociali e politiche, movimenti e mondo associativo; sono tutti chiamati al protagonismo popolare, ad ascoltarsi, a prendere parte ed esprimersi, al fine di individuare problemi, cause, effetti, soluzioni e soprattutto le relazioni che tra questi aspetti insistono ed intercorrono.
Tutto questo in Venezuela sta avvenendo. A noi la responsabilità di alimentarlo, sostenerlo ed amplificarlo. Anche internazionalmente. È una buona occasione per rispondere alla manipolazione mediatica globale in atto.
In Italia la comunità venezuelana è presente, in primis quella italo-venezuelana, e con ogni probabilità anche questa comunità ha bisogno come il pane di dialogare, confrontarsi, ascoltarsi, comunicare e discutere.
La minaccia degli organismi internazionali del neoliberismo, del FMI, della BM, dei circoli informali delle oligarchie transnazionali, dal gruppo Bildenberg alla Trilaterale, lavora incessantemente per minare le conquiste che in questi anni hanno caratterizzato il Venezuela e l’America latina.
A ben vedere non sono, infondo, i guarimberos il pericolo per il popolo venezuelano; le menti che sono dietro le manifestazioni più direttamente visibili, oggi operano al di fuori dei confini venezuelani, ‘giocano’ con le informazioni, e con i loro terminali, come i vari Moisés Naím, i vari Omero Ciai, Pierluigi Battista e i loro diversi accoliti.
Dopo il colpo di Stato in Ucraina, sostenuto dall’imperialismo – USA in prima linea – che ha rigenerato pulsioni di chiara matrice neo-nazista, già si affacciano i fantasmi di nuove misure neo-liberiste caldeggiate dal FMI e dalla BM che vanno ulteriormente a colpire i settori popolari più deboli ed esposti alle intemperie della crisi capitalistica in corso.
Riuscire ad internazionalizzare i dialoghi, per la pace e la giustizia sociale, per la verità e la riconciliazione è un passo imprescindibile da dare per sbarrare la strada alle oligarchie, ai fascisti e ai golpisti che vogliono scatenare la guerra civile, oggi in Venezuela, e mettere, poi, popoli contro altri popoli nel mondo.
Riuscire anche in Italia a coinvolgere, oltre ai Venezuelani e alla Venezuelane, i lavoratori latinoamericani immigrati che vivono nel nostro paese, tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’America latina e del mondo, nella proposta di dialogo di pace, per la giustizia sociale, per la verità, per il Buen Vivir dei popoli, per il Vivir Bien dell’Umanità, stimolare le reti e le organizzazioni sociali italo-venezuelane, l’associazionismo, le organizzazioni operaie e popolari, gli accademici, gli studenti, gli intellettuali, gli studiosi in genere, gli attivisti del mondo pacifista, ecologisti, le associazioni che denunciano la proliferazione nucleare, a cominciare da quella militare, sarebbe un risultato non di poco conto.