di Romina Capone
Napoli. L’arresto di Meng Wanzhou, direttrice finanziaria del colosso telefonico cinese Huawei, lo scorso 1° dicembre all’aeroporto di Vancouver in Canada, rimarca i decennali ed ostili rapporti tra USA e Cina.
«Il grande trono americano non esiste più; assistiamo a un lento movimento di decadenza.
Lo conferma proprio lo spot del presidente Trump che recita: “Let’s make America great again”» così Atilio Borón, politologo e sociologo argentino, in una lectio magistralis sulle Nuove relazioni internazionali: America Latina nella difesa della sua democrazia e sovranità, ospite presso il Consolato Generale della Repubblica Bolivariana del Venezuela a Napoli. Borón analizza dettagliatamente la situazione mondiale a livello politico, economico, sociale e culturale partendo dall’America Latina, passando per Europa, Stati Uniti, fino all’Asia. «Nel corso del XXI secolo, conosciuto appunto come il Secolo Americano, l’irruzione della Cina come una super potenza ha sin da subito intimorito gli Stati Uniti dato l’avanzamento economico della crescita globale esponenziale – spiega Borón – basti pensare al semplice consumo di cemento nel solo triennio 2011-13: il 46% in più rispetto al consumo di un intero secolo negli Usa.
Dunque uno tsunami cinese che spaventa gli americani non solo nell’edilizia ma anche nel campo dell’Hi- tech. La Cina infatti ruba il primato toptrend dell’Hi-tech detenuto dagli Stati Uniti triplicando in pochi anni la produzione di tecnologia all’avanguardia».
Continua Borón la sua analisi sulla questione internazionale che affligge Cuba e i paesi dell’America Latina. Prende in esame ogni singolo caso attuale e spiega che da anni il capitalismo attende che Cuba crolli. Questo non è avvenuto né con la morte di Fidel Castro né con la successione al fratello Raúl Castro.
Parla del Venezuela e del suo “maledetto e benedetto” petrolio, delle risorse minerarie, dei preziosi
materiali. Borón sostiene che la manovra americana nei confronti del Venezuela mira ai prossimi 50 anni quando i giacimenti di petrolio andranno probabilmente a scarseggiare. Gli Stati Uniti non attaccheranno mai direttamente il Venezuela; non attaccheranno mai quei Paesi che possono difendersi, bensì quelli che non possono. Il politologo argentino afferma che con Trump al potere è difficile fare pronostici. Non dichiarerà guerra alla Corea del Nord: l’arsenale missilistico di Kim Jong-un è da qualche giorno stato ampliato ulteriormente. La guerra cede il posto all’offensiva diplomatica, favorendo così il contrabbando di carburante, di generi alimentari di prima necessità e medicinali, cercando di portare l’opinione pubblica contro il presidente Nicolás Maduro. La scuola di Chavez nel popolo venezuelano è ancora viva; forte è il suo insegnamento. Il Venezuela ha una forza armata molto preparata e motivata; questo spiega il motivo per cui le truppe americane non attaccano direttamente in territorio venezuelano ma preferiscono creare piccoli insediamenti all’interno dei paesi ad essa confinanti. L’America Latina è la regione del pianeta più desiderata. Si pensi ai Caraibi, al controllo di Cuba nel 1700 per la produzione di zucchero. Si pensi al microclima, alle biodiversità e a tutto ciò che più offrire quell’angolo di paradiso terrestre. La grandezza di quelle terre, di quella gente, sta nel sopportare e subire offensive diplomatiche, guerre economiche, commerciali e mediatiche.
C’è da considerare – termina Borón – che la popolazione mondiale è inconsapevolmente attratta e tende a crede alle fake news. Studi dimostrano come alcune notizie, generate consapevolmente per scatenare determinate reazioni nell’uomo, riescono a toccare le connessioni primordiali, istintive e primitive, tali da provocare una reazione di difesa, di chiusura e reazionaria. Se a questa manipolazione psicologica si somma anche il potere economico dei media, si può dedurre l’importanza e il ruolo che ha la comunicazione nel mondo.
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