di Vincenzo Paglione
Per la prima volta nella storia del sistema-mondo, iniziato nel XV secolo con la scoperta di nuovi spazi geografici, si assiste alla costruzione di Stati continentali con un potere politico, economico, scientifico-tecnologico, militare e culturale con una territorialità geografica, per l’appunto, di tipo continentale.
È ormai assodato che il processo di globalizzazione capitalistica lo stanno regolando Stati continentali come USA, Cina, Federazione Russa, India e Unione Europea. L’America latina si trova di fronte alla sfida del passaggio dallo Stato-nazione, come prodotto della frammentazione della prima indipendenza che condussero i libertadores Simón Bolívar, José Artigas e San Martín, allo Stato continentale. Ma l’unità politica latinoamericana non sarà possibile se prima non s’inizia con la reintegrazione dell’America del Sud.
Questo processo di unificazione territoriale ha un significato storico, poiché incarna un nuovo ideale. Ma per quale nuovo ideale politico e civile è perseguita l’unificazione dell’America meridionale?
Non è difficile rispondere a questa domanda, o meglio, se si evita l’errore commesso dalla nuova Europa del mercato comune (che ha dato origine a un sistema normativo e a un apparato tecnocratico sovranazionale finalizzati a promuovere il completo dominio dell’economia finanziaria globalizzata sulla società), quest’unità continentale sarà in grado di dare maggiore forza al Messico, all’America Centrale e alle isole caraibiche, poiché sono spazi che conformano la frontiera geoculturale che confina con gli Stati Uniti.
Nondimeno ciò richiede una nuova prospettiva di controllo storica e la ricerca di nuovi itinerari cooperativi che evitino lo spossessamento di ogni indipendenza politica e culturale che la standardizzazione del modello unipolare americano vuole spianare. Un simile mondo unipolare e standardizzato esige solo dei vassalli.
Prendendo il via da questa prospettiva il Venezuela, il Brasile e l’Argentina se sono risoluti a evitare che gli altri paesi dell’America del Sud sottoscrivano ulteriori trattati di libero commercio con gli Stati Uniti (come è già avvenuto con la firma del TPP da parte del Cile e del Perù), spostandosi su piani sempre più lontani e più difficilmente contrastabili a livello politico e finanziario. Sono, quindi, obbligati e responsabilizzati a incentivarli verso la scelta unitaria ed elargire l’aiuto necessario come aveva già preconizzato il Comandante Hugo Chávez. Altrimenti senza la creazione di uno Stato continentale, gli Stati frammentati che conformano il continente latinoamericano eserciteranno il ruolo di protagonisti e non quello di attori della storia.
Che cosa fare allora? A livello continentale occorre combattere le esigenze sovranazionali che appoggiano le politiche neoliberistiche e di smantellamento di ogni forma di protezione sociale. Occorre infine iniziare con il realizzare una profonda riforma che si snodi attraverso una sudamericanizzazzione dei contenuti culturali della propria popolazione. “O inventiamo o sbagliamo”, sono le parole che proferì il maestro del Libertador Simón Bolívar.
Difatti con queste parole Simón Rodríguez prospettò la necessità di stabilire che solo con l’indipendenza culturale può esistere l’indipendenza politica per cominciare a costruire una società affrancata dalla barbarie liberista. In caso contrario diverrà molto difficile dotare di capacità strategica e operativa lo Stato continentale latinoamericano sognato dal Comandante Chávez.
[Scritto per ALBAinformazione di Vincenzo Paglione]