di Fiorangela Altamura
I giorni 11 e il 12 novembre, al Parlamento europeo, si sono tenute due giornate sulla Palestina promosse dalla coalizione dello stato spagnolo Izquierda Unida, e precisamente dai deputati europei Javier Couso e Angela Vallina, appartenenti a GUE/NGL, membri della Delegazione per le relazioni con la Palestina.
Tale delegazione, dopo l’ultimo attacco a Gaza, tentò di entrare nella Striscia ma le fu negato l’accesso dal governo israeliano.
Negli incontri si è discusso dell’attuale situazione in Palestina e si è espressa la necessità di una sospensione da parte dell’UE degli accordi con Israele, dato che con le sue politiche avalla le continue violazioni dei diritti umani e che le risoluzioni approvate possono essere interpretate come una carta bianca. «Il comportamento della Comunità internazionale, dagli USA all’UE, è vergognoso e passerà alla storia come complice della pulizia etnica in Palestina», afferma Vallina.
Non solo l’UE non pone in essere misure adeguate per porre fine al massacro del popolo palestinese, ma addirittura, l’accordo associativo UE-Israele, in vigore dal 2000, rende Israele partner preferenziale dell’UE in ambito commerciale. Ciò vuol dire che Israele può partecipare in molti progetti europei e di più di altri Stati non membri.
Sono molti i campi in cui vi sono strettissimi legami tra UE e Israele e altrettanti gli esempi di complicità.
Israele partecipa al progetto di cooperazione UE nei sistemi dell’industria aerospaziale e che nel precedente progetto ha investito 244 mln di euro. Imprese che fabbricano droni, quegli stessi droni che sganciano le bombe sulla popolazione inerme. Ed anche i singoli stati, come Spagna, Germania, Italia hanno accordi in materia di armamenti con Israele. Si consideri, altresì, che la polizia israeliana ha meccanismi di cooperazione con l’Europol, la polizia europea, per molti milioni, ed è quella stessa polizia che consente la realizzazione del progetto sionista attraverso atti di forza.
L’articolo 2 dello stesso Accordo Associativo prevede che «le relazioni tra le parti devono essere basate sul rispetto dei diritti umani e i principi democratici che guidano le loro politiche interne e internazionali», tuttavia la collaborazione è sempre maggiore. La contraddizione è chiaro messaggio allo Stato israeliano circa la tollerabilità delle sue violazioni.
Hanno partecipato alla due giorni diversi gruppi di tutto lo Stato spagnolo attivi nella causa palestinese: il coordinatore di Unadikum International Brigades e rappresentanti e membri dell’associazione, Manuel Pineda, la deputata di ICV-EUiA del Parlamento catalano Sara Vilà Galàn, la parlamentare europea Marina A.Guzman, Juan Idalgo (piattaforma Cordoba con la Palestina), Santiago Gonzales (Area della Pace e della Solidarietà di IU), il rappresentante della comunità palestinese di Barcellona. Hanno altresì relazionato Wajdi Yaeesh, palestinese di Nablus, direttore dell’ass. sociale Human Supportes, che ha sottolineato l’importanza di andare sui territori per rendersi conto delle condizioni di vita, e gli ambasciatori del Venezuela e del Nicaragua, il rappresentante del Fronte Polisario e la coordinatrice di RESCOP.
Unadikum è associazione internazionale anti-imperialista che monitora, assiste e compie attività di scudo umano rispetto a contadini e pescatori palestinesi, assiste i prigionieri politici e le vittime delle violenze israeliane e loro famiglie, supporta la lotta contro l’occupazione, sostiene il diritto al ritorno dei rifugiati e svolge opera di denuncia attraverso qualsiasi mezzo possibile, informando sulla situazione di vita a Gaza e le complicità internazionali.
Manu Pineda, presidente dell’associazione, durante la sua conferenza, spiega i motivi per i quali si sceglie di entrare in relazione con le istituzioni europee.
Pineda dichiara: «Siamo all’interno dell’istituzione europea per:
– offrire appoggio incondizionato al popolo palestinese, alla sua lotta, alla sua resistenza, senza riserva e senza limiti;
– denunciare i crimini dello stato israeliano;
– denunciare le complicità dell’UE con Israele;
– pretendere che l’UE interrompa le relazioni commerciali e diplomatiche con Israele – così come hanno fatto molti Paesi latinoamericani, a cominciare dal Venezuela di Chávez – intraprendendo politiche sanzionatorie allo scopo di porre fine all’occupazione e rendere possibile il diritto di ritorno dei rifugiati (come sancito da risoluzioni dell’ONU).»
Pineda afferma: «L’UE riconosce il diritto della potenza occupante di difendersi da una popolazione che non possiede un esercito, che è disarmata, ma non riconosce il diritto di un popolo occupante di difendersi.»
Aggiunge che «le risoluzioni Onu riconoscono il diritto delle popolazioni che vivono su territori occupati di difendersi con ogni mezzo, finanche quello armato. Si comprende in questo modo che qualificare “terrorista” la resistenza è unicamente operazione di propaganda volta a dare legittimità ad un’opera di colonialismo dalle conseguenze nefaste».
Sei milioni di rifugiati palestinesi in tutto il mondo, detenuti in regime amministrativo messi in carcere senza accuse formali per tempo indefinito, fatti oggetto di inaudite violenze e cui viene negato ogni diritto, bambini rapiti al più per il simbolico gesto di lancio di pietre.
Continua il presidente di Unadikum: «La sede istituzionale nella quale ci troviamo è luogo che dovrebbe rappresentare la volontà dei popoli europei, eppure pare ci sia un divorzio assoluto con questi. Conosciamo tutti la solidarietà manifestata al popolo palestinese; durante l’ultima offensiva in Europa si è manifestato così come in tutto il mondo per chiedere la cessazione dei bombardamenti su Gaza e le azioni di forza in Cisgiordania. La pressione popolare sui propri governi – oltre che rappresentare una forza per la resistenza palestinese e far accrescere consapevolezza circa la situazione – è fondamentale per spingerli a cambiare le proprie politiche. Io mi trovavo a Gaza durante l’ultima operazione israeliana, quella che in 51 giorni ha fatto più di circa 2200 vittime, e forte arrivava la voce della sollevazione popolare contro il massacro che si stava compiendo».
Inoltre ricorda che «il nostro governo, il governo spagnolo, ha recentemente annunciato e pubblicato nel Bollettino Ufficiale una moratoria sulla vendita di armi ad Israele; questa è un vero e proprio patto di omertà, un silenzio mafioso tra il governo Rahoy e l’entità sionista dato che lo scambio di informazioni militari è tenuto segreto.»
In Catalogna, dove pure la solidarietà popolare si è fatta sentire, la deputata Sara Vilà, ha presentato una mozione per obbligare il governo ad interrompere gli accordi con Israele e non stipularne ulteriori e a riconoscere il diritto di autodeterminazione dei popoli palestinese, sahari e curdo. Ma pare che l’unico interesse del presidente Artur Mas sia quello di incrementare con Israele le relazioni commerciali.
Di tanto in tanto l’UE interviene a condannare gli atti israeliani chiamandoli “ostacoli” per una fantomatica pace, ma mai gli si da’ il nome proprio di crimini, atti illegali, violazioni di diritti umani; e così ha fatto la Mogherini, rappresentante per le relazioni estere con l’UE in risposta alla dichiarazione di Netanhjau che vede Gerusalemme come la Capitale di Israele, uno Stato che prima del 1967 non esisteva. Dal ’67 l’Onu ha approvato più di 500 risoluzioni contro Israele, ma nessuna istituzione internazionale ha approvato alcuna sanzione, rendendosi complice dei crimini organizzati.
«Noi vogliamo la creazione di uno Stato palestinese laico e democratico, in cui le persone delle diverse confessioni religiose godano degli stessi diritti; non si tratta di un conflitto religioso, è la propaganda del regime sionista a volerlo far passare per tale. E questa deve essere una rivendicazione di tutte le sinistre.», sottolinea Manu.
Inoltre precisa che «Israele non è il primo regime della storia e disgraziatamente non sarà l’ultimo. Questa UE deve occupare il ruolo che occuparono gli Alleati contro il nazi-fascismo, la lotta deve essere come quella contro l’apartheid sud-africana.»
Pineda si trovava a Gaza durante i bombardamenti dell’operazione israeliana “Margine di Protezione” e svolgeva, con altri 6 internazionali e la compagna venezuelana Valeria Cortés, azione di “scudo umano” presso il Wafa Hospital di Gaza. Furono chiamati in difesa dello stesso nel momento in cui la maggiore clinica riabilitativa della regione ricevette avviso di imminente bombardamento. Gli appelli del direttore dell’ospedale furono molti, ma diversi missili colpirono il tetto dell’ospedale, fino a quando esso fu completamente distrutto.
Pineda riconosce che il loro tentativo fu vano, e ricorda come aiutò ad evacuare gli ultimi feriti in stato comatoso accatastandoli nelle ambulanze e sotto le bombe, mentre, nonostante solleciti, neppure la Croce Rossa accorse in loro aiuto.
Manu e Valeria scortarono anche le ambulanze in quei giorni, nel tentativo di sfruttare la loro posizione di internazionali e dissuadere i bombardamenti sulle stesse, ma a nulla valse il loro sacrificio, giacché 45 ambulanze furono bombardate e medici e paramedici morirono o rimasero feriti. Assistettero al recupero dei corpi dei civili martoriati, altro che operazioni chirurgiche sui così detti terroristi: «Sono forse terroristi i centinaia di bimbi morti?» chiede Manu, «Era terrorista il bimbo di un mese che prendemmo con la massa encefalica fuori dal cranio?»
Alla conferenza avrebbe dovuto prendere parte il direttore esecutivo del Wafa Hospital, ma Gaza, la maggiore prigione a cielo aperto del mondo, anche in questi giorni resta isolata dal mondo, non è concesso entrare ed uscire, e così, il Dr. Basman Alishi interviene attraverso collegamento skype. Ricorda quei momenti, denuncia il silenzio delle istituzioni internazionali e chiede una Commissione di inchiesta sul bombardamento che distrusse il suo ospedale (nel momento successivo al bombardamento non fu concesso neppure di recuperare gli strumenti ancora utilizzabili, e dopo un paio di giorni fu ridotto in macerie).
L’ambasciatore venezuelano presso la UE interviene ad esprimere tutta la solidarietà della Repubblica venezuelana del Presidente Maduro che ha seguito la linea del Presidente eterno Hugo Chávez, naturalmente anche per quanto concerne la questione palestinese.
Egli afferma la necessità di unire le forze, di creare un’alleanza trasversale che condanni e denunci le violazioni dei diritti umani perpetuate da Israele e che ponga fine ad esse.
Via imprescindibile a fronte di una popolazione costretta a condizioni di vita terribili, impossibilitata a spostarsi anche quando sotto bombardamento, è quella umanitaria. E altresì è necessario creare una massa critica, una dinamica sociale di boicottaggio e sanzioni rispetto allo Stato sionista, così come fu contro il nazi-fascismo e l’apartheid sudafricano.
Parte attiva e significativa delle giornate di discussione è la coordinatrice di RESCOP (Rete di Solidarietà contro l’occupazione della Palestina), struttura di lavoro che riunisce associazioni spagnole che lavorano con la Palestina. L’associazione è a sua volta inserita nella Coordinazione europea di Comitati e Associazioni per la Palestina (eccpalestine.net), cui appartengono realtà di tutti gli Stati membri.
La coordinatrice sottolinea che l’UE non può mettere in atto azioni punitive ma può muoversi con azioni restrittive e preventive, così come è stato per Russia e Sry Lanka, evidenziando che «nel giugno del 2013 sono state introdotte linee guida che proibiscono il riconoscimento della sovranità israeliana sui territori occupati e che i fondi europei siano assegnati a progetti negli insediamenti. Ma le relazioni economiche sono forti, e questo rende inefficace qualsiasi dichiarazione, tanto che nessuna misura sostanziale è stabilita per impedire la partecipazione di imprese europee negli insediamenti israeliani e continua l’esportazione di prodotti interamente o parzialmente prodotti negli stessi.»
La coordinatrice sostiene la necessità che l’Accordo che regola i rapporti con Israele dell’UE debba essere sospeso per porre fine al colonialismo, al razzismo etnico e al regime di apartheid.
Le forme di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni sono strategiche, sono quelle attraverso le quali passerà la liberazione della Palestina. Bisogna insistere sul BDS in modo martellante, ma naturalmente non è l’unico strumento; tutte le forme di denuncia, isolamento e rivendicazioni sono valide, e tra le organizzazioni che si occupano della lotta palestinese deve esserci cooperazione (Flottiglia, Brigada, Associazioni di solidarietà, istituzioni, partiti, reti sociali).
La causa palestinese è una causa dell’intera umanità che non si limita al livello umanitario: è un tema politico. Ciò che si rivendica è l’autodeterminazione del popolo palestinese a fronte di una brutale occupazione, e si sostiene la resistenza che è continua, eroica, tragica. La popolazione resiste e non è disposta a cedere i propri diritti, non è neppure disposta a considerare i confini del ‘67, che renderebbero legale l’occupazione.
I gruppi politici europei, e in special modo le sinistre, devono unirsi ed esprimere la loro posizione, pretendere che l’ONU ottenga il rispetto delle risoluzioni, isolare Israele e costringerla a ratificare il Trattato di Roma.
Manu Pineda, promotore degli incontri, in una conferenza stampa al Parlamento europeo, ha annunciato che una delegazione di parlamentari europei, il prossimo mese di marzo visiterà Gaza con Unadikum. Prima della partenza si incontrerà con i rappresentanti del governo egiziano, al quale sarà richiesta la riapertura del valico di Rafah, per il libero transito di persone e aiuti umanitari.
La visita della delegazione avrà come priorità la verifica dei disastri prodotti dall’operazione “Margine di Protezione”, che ha ucciso quasi 2.200 palestinesi (più di 500 di loro, bambini) e ne ha feriti circa 11.000. La delegazione si porrà come Osservatore Internazionale e, al fine di renderla più plurale e geograficamente allargata possibile, utilizzerà gli strumenti formali a disposizione per coinvolgere i vari partiti politici di tutti i Paesi.